Veneto regione a 5 stelle: alla Camera
6 province su 7 si risvegliano grilline

Martedì 26 Febbraio 2013 di Alda Vanzan
Lo spoglio delle schede (foto archivio)
VENEZIA - Se la Balena Bianca della Prima Repubblica appartiene al Paleozoico, anche la prateria verde padana della Lega fa parte del passato. Oggi il Veneto una regione stellata. S, il centrodestra ha ancora la maggioranza relativa (32%). E il centrosinistra, soprattutto il Pd, che ambiva al sorpasso, si ferma complessivamente al 25% al Senato (ma alla Camera scivola ancora più giù, 23,2%) e deve mettersela via: «Il Veneto resta di centrodestra anche perché non c’è una convincente proposta di centrosinistra», commentava nei corridoi di Palazzo Ferro Fini, Pietrangelo Pettenò, ieri Rifondazione comunista, oggi alleato con Ingroia, per la seconda volta in cinque anni non rappresentato in Parlamento.



Chissà cosa ha influito per far diventare convincente un programma in una terra di partite Iva, artigiani e piccoli imprenditori, ma anche capannoni che chiudono e non rialzano la saracinesca. Forse la promessa di restituire l’Imu appena pagata, come aveva detto Silvio Berlusconi? O magari l’impegno urlato nelle piazze, quell’apriremo Montecitorio «come una scatola di tonno» di Beppe Grillo? Se a convincere è stata la protesta di chi si è stufato del malcostume dei politici di professione o la proposta di un comico diventato leader politico, si vedrà. Di certo, oggi in Veneto c’è una nuova forza.



Il Movimento 5 Stelle è il primo partito. 25% al Senato. Più del Pd che è al 23%. Più del Pdl che è al 18,7%. Più della Lega che crolla all’11%. Per non dire dei risultati della Camera: Cinque Stelle al 26,3%. L’exploit a Marghera, in quella che una volta era la roccaforte rossa e, per un po’, anche un buon serbatoio di voti leghisti: oggi le ciminiere delle fabbriche non fumano più, il Pd di Bersani è al 30,86% e Beppe Grillo lo batte: 32,65%. È l’unica forza a crescere, come se si fosse scolata un flacone di vitamine: nel 2008 i grillini neanche esistevano, sono passati dallo zero a rappresentare più di un veneto su quattro, trionfanti in sei province su sette, da Belluno a Treviso e poi Padova, Vicenza e Verona. Il top a Venezia: 29,2% alla Camera. Solo Rovigo si è "salvata": primo partito il Pd ma con il 26,7%, grillini al 26,3. Laura Puppato, neo senatrice Pd: «Lo stupore e il dolore sono negli animi di tutti noi».



Tolto Grillo, gli altri son tutti calati. E non si dica che è stata colpa del gelo e della neve, perché qui l’affluenza è stata buona: 81,6%, 3 punti in meno rispetto al 2008, ma comunque un buon dato. Non per i partiti tradizionali, però. Il Pdl dalle ultime Politiche perde dieci punti (dal 27,3 al 18,7%). Però sorpassa gli alleati del Carroccio. Per la Lega, una bastonata: dal 27,1% al 10,7%. E senza voler ricordare il 35% delle Regionali 2010. Fa impressione l’ecatombe trevigiana: dal 30,9% del 2008 al 13,3. E a Verona dal 33 al 13,7. «Paghiamo l’alleanza col Pdl», dice Federico Caner, il vice del segretario Bobo Maroni, interessato più che altro alla macroregione e quindi allo scrutinio di oggi in Lombardia. Il Pdl gongola e avvisa il governatore Luca Zaia. Il capogruppo in consiglio regionale Dario Bond: «Un rimpasto di giunta ci sta, in alcune aree la Lega non è più presente». E Clodovaldo Ruffato, presidente al Ferro Fini: «Li abbiamo risorpassati, vedremo il da farsi». Per non dire dell’ex governatore, oggi deputato, Giancarlo Galan: «Io mi aspetto che domani i miei del Pdl veneto vadano da Zaia e gli dicano che non esiste che, in un rapporto che ci vede 2 a 1 rispetto alla Lega, il presidente della giunta e l'assessore alla sanità siano di chi ha 1».



Come dice il politologo Paolo Feltrin, i veneti hanno premiato pochi, grandi partiti. A Palazzo Madama grazie al premio di maggioranza ci saranno 9 senatori veneti del Pdl e 5 della Lega, 4 Pd, 4 Grillo, 2 Monti. La coalizione dell’ex premier in Veneto supera le soglie di sbarramento (11% Senato, 11,9% Camera), ma è un risultato modesto. «Il vero bocciato è Mario Monti», dice Luca Zaia.



Quanto ai piccoli, tutti fuori. Fratelli d’Italia alla Camera non va oltre l’1,5%. Sel di Nichi Vendola è all’1,8. Il Centro democratico dell’ex dipietrista Massimo Donadi è da prefisso telefonico. L’Udc è all’1,5% (il segretario regionale Antonio De Poli è rieletto senatore, era nella lista unica con Monti). Il magistrato Antonio Ingroia che metteva assieme Idv, Rifondazione, Pdci, Verdi è all’1,3. Tra i piccoli il miglior risultato, per quanto ininfluente, lo porta a casa Oscar Giannino: 2,3%. E, visto il contesto, non vanno malissimo i venetisti: Indipendenza Veneta di Lodovico Pizzati e Alessio Morosin 1,1%, Liga Veneta Repubblica di Fabrizio Comencini 0,5%, Veneto Stato di Antonio Guadagnini 0,4: una galassia che, messa assieme, non sarebbe calata a Montecitorio, ma avrebbe preso quanto se non più di tanti ex grandi partiti.
Ultimo aggiornamento: 27 Febbraio, 09:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA