Ucraina, ultimatum di Mosca: «Soldati in Crimea si arrendano entro le 5». Ma poi arriva la smentita

Lunedì 3 Marzo 2014
Ucraina, ultimatum di Mosca: «Soldati in Crimea si arrendano entro le 5». Ma poi arriva la smentita
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La Flotta del Mar Nero russa ha smentito la notizia dell'ultimatum che la Russia avrebbe imposto alla Crimea. Lo rende noto l'agenzia di stampa Interfax Russia, citando un portavoce, liquidandola come priva di fondamento.

Il presidente della Duma di stato, Sergei Naryshkin, ha inoltre precisato, all'agenzia di stampa Itar-Tass, che «l'autorizzazione del Consiglio della federazione (votata sabato su richiesta del Cremlino, ndr) fornisce solo il diritto all'uso dello strumento militare, diritto che può essere esercitato se necessario. Ma per ora, non c'è tale necessità. Sarà il presidente Vladimir Putin eventualmente a prendere tale decisione», ha precisato. Il ministero degli esteri ha poi spiegato che «le unità della flotta basate in Crimea non interferiscono con gli eventi politici interni ucraini. Tutti i movimenti delle unità della flotta si spiegano solo con la necessità di garantirne la sicurezza e di prevenire attacchi di estremisti contro i nostri connazionali». Gli accordi fra Russia e Ucraina, si ricorda, consentono il dispiegamento di 25mila militari, 388 unità navali, inclusi 14 sottomarini non nucleari, 106 aerei fra cui 22 militari.

I media russi poche ore prima avevano pubblicato note in cui Il comandante della flotta russa del Mar Nero Aleksandr Vitko lanciava un ultimatum ai militari ucraini di arrendersi entro le 05.00 del mattino, minacciando altrimenti un assalto ai reparti dell'esercito ucraino in tutta la Crimea.

La risposta dell'Ucraina. Il premier ucraino Arseni Iatseniuk ha affermato che «alle truppe russe non sarà permesso di fare irruzione nelle regioni orientali» dell'Ucraina, dove i filorussi continuano a manifestare contro il governo di Kiev e hanno occupato alcuni palazzi del potere locale. Lo scrive l'agenzia Interfax. Intanto le guardie di frontiera denunciano che i militari russi continuano a sbarcare in Crimea massicciamente, senza che il governo fosse informato con le 72 ore di anticipo previste dall'accordo bilaterale sulla flotta russa nel Mar Nero.

Nato. «Gli sviluppi all'interno e attorno all'Ucraina sono visti come una minaccia per gli Alleati vicini, con dirette e serie implicazioni per la sicurezza e la stabilità dell'area euro-atlantica». Lo ha dichiarato il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, convocando il Consiglio Atlantico straordinario di domani.

Unione Europea. Il presidente Ue Herman Van Rompuy ha convocato per giovedì un vertice straordinario di capi di Stato e di Governo europei per discutere della situazione ucraina dopo l'occupazione militare da parte della Russia. I 28 leader sono convocati alle 11,30. La conclusione è prevista attorno alle 15.

Merkel. Una Angela Merkel «estremamente irritata» con Vladimir Putin, al telefono con Barack Obama, avrebbe affermato di «non esser sicura» che Putin «abbia ancora contatto con la realtà». Lo scrive la Bild on line, riportando un articolo del New York Times che cita fonti ufficiali Usa. «Vive in un altro mondo», avrebbe detto la cancelliera.

Telefonata tra Biden e Medvedev. Colloquio telefonico tra il premier russo Medvedev e il vicepresidente Usa Joe Biden sull'Ucraina. Nel colloquio, il premier russo «ha sottolineato la necessità di difendere gli interessi di tutti i cittadini ucraini, compresi gli abitanti della Crimea e dei cittadini russi che si trovano nel territorio dell'Ucraina». Biden ha «esortato la Russia a ritirare le sue forze, sostenere il dispiegamento immediato di osservatori internazionali in Ucraina e avviare un dialogo politico significativo con il governo ucraino», riferisce la Casa Bianca.

Dopo la mossa Usa contro Vladimir Putin, che ha ottenuto l'appoggio degli alleati per isolare la Russia ed escluderla dal G8, Mosca replica giudicando inaccettabili le minacce del segretario di Stato Usa John Kerry. Il presidente della commissione Ue Josè Manuel Barroso intanto annuncia un vertice straordinario dell'Unione, mentre da Londra il capo del Foreign Office William Hague definisce la crisi come la peggiore del 21mo secolo. Berlino nel frattempo chiede che si torni agli accordi e il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon esorta Mosca ad astenersi dall'escalation. La crisi intanto affossa le Borse europee, tutte in netto calo.

Usa: Mosca ha il pieno controllo della Crimea. Le forze russe hanno il pieno controllo operativo della Crimea: lo ha reso noto una fonte dell'amministrazione americana aggiungendo che la Russia ha spostato nella penisola di Crimea circa 6.000 militari delle forze aviotrasportate e di terra.

Governatore filorusso Donetsk 'prende il potere'. Dopo l'irruzione di alcune centinaia di filorussi nel palazzo della Regione di Donetsk, il loro 'comandante' Pavel Gubarev, ha annunciato di aver «preso il potere». Gubarev era già stato «eletto» governatore due giorni fa, ma ieri il presidente ucraino ad interim Oleksandr Turcinov ha nominato un governatore non gradito ai filorussi. Il blitz è scaturito mentre alcune migliaia di filorussi stavano manifestando davanti alla sede della Regione di Donetsk per contestare il nuovo governatore Serghii Taruta, un influente oligarca nominato dal presidente ucraino ad interim, Oleksandr Turcinov.

Rinasce il G7 per condannare l'aggressione di Mosca al nuovo governo ucraino. Ieri al termine di una giornata convulsa, segnata da una febbrile attività diplomatica tra le due sponde dell'Atlantico, la Casa Bianca ha diffuso una nota congiunta che sancisce l'isolamento internazionale di Putin.

Il comunicato di Washington. «Noi, i leader di Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti, e il presidente del Consiglio europeo e il presidente della Commissione europea - esordisce il comunicato - ci uniamo per condannare la chiara violazione della Russia della sovranità e integrità territoriale dell'Ucraina».

Barack Obama ottiene così un primo importante successo politico, riuscendo a unire su una piattaforma comune i suoi alleati occidentali e i vertici di Bruxelles a fianco di Kiev, piegando le resistenze europee, soprattutto tedesche, circa il futuro del summit G8, in programma proprio in Russia, a Sochi, a giugno. «Le azioni russe in Ucraina - si legge nella nota del G7 - violano i principi e i valori che animano il G7 e il G8. Quindi abbiamo deciso per il momento di sospendere la nostra partecipazione alle attività connesse alla preparazione del G8 di giugno a Sochi, fino a quando non tornerà il clima in cui il G8 sia in grado di avere una discussione significativa».

«Invitiamo la Russia - propone il G7 - a risolvere eventuali preoccupazioni circa la sicurezza o tutela dei diritti umani nei confronti di Kiev con negoziati diretti, e/o tramite una mediazione internazionale sotto l'egida delle Nazioni unite o l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Siamo pronti a collaborare con questi sforzi. Chiediamo inoltre a tutte le parti interessate a comportarsi con il massimo autocontrollo e senso di responsabilità, pur di diminuire le tensioni». Infine, la netta scelta di campo a favore del governo provvisorio di Kiev, a cui il G7 promette appoggio non solo politico ma anche economico: «Ci impegniamo - afferma il "Gruppo dei 7" - a sostenere l'Ucraina nei suoi sforzi per ristabilire l'unità e la stabilità politica ed economica del Paese. A tal fine, sosterremo il lavoro dell'Ucraina nel negoziato un nuovo programma con il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale, l'Unione europea, e ad attuare le riforme necessarie».

«Sulla situazione in Ucraina, l'Italia è e resta totalmente in linea con gli altri paesi occidentali», è «ancorata» agli alleati transatlantici e si allinea ai partner del G7. Ma «non lascia niente di intentato», sottolinea il premier Matteo Renzi, per continuare la via del dialogo. Roma si è associata ai 'Grandì nel condannare «la chiara violazione della Russia della sovranità e integrità territoriale dell'Ucraina».

E - dopo gli annunci di ieri di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti - nel «sospendere» la partecipazione alla preparazione del G8 di giugno a Sochi, come certifica una nota congiunta firmata dai sette leader e diffusa nella notte dalla Casa Bianca. Una nota «unanime» e frutto di un lavoro «condiviso» che, ha sottolineato il ministro degli Esteri Federica Mogherini, non parla di «boicottaggio» del G8 russo. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano - dopo un lungo colloquio con Renzi sulla crisi - ha spiegato che il governo ha «assunto una posizione molto attenta a tutti gli aspetti e ai rischi della situazione», trovando «importanti convergenze» soprattutto con la Germania.

Di fronte alla linea dura dei "falchi" anche in Europa, Roma non intende infatti rinunciare ai tentativi diplomatici in campo, in primo luogo quello della cancelliera Angela Merkel che ha ottenuto dal presidente russo Vladimir Putin il sì a un gruppo di contatto di Ue-Onu-Osce per iniziare un dialogo. Arrivando al Consiglio Esteri straordinario a Bruxelles, anche Mogherini ha ribadito che l'Italia sta «provando a tenere aperta la via del dialogo» e a «garantire una soluzione politica». E che solo giovedì, al vertice dei leader dei 28 dedicato alla crisi ucraina, si decideranno «possibili misure mirate».

«La forza del messaggio non è nell'alzare i toni, ma nel parlare tutti con una voce sola», anche «in ambito G7 e Nato», ha poi aggiunto. A metà pomeriggio, Palazzo Chigi si è però trovato costretto a ribadire in una nota che «l'Italia è e resta totalmente in linea con gli altri paesi occidentali. Al riguardo - prosegue il comunicato - fanno fede le posizioni espresse dal Presidente del Consiglio e dal ministro degli Esteri con note e comunicati ufficiali». Fonti diplomatiche avevano infatti messo in dubbio la volontà dell'Italia di sospendere i lavori preparatori di Sochi, sottolineando che il ricorso al blocco dovrebbe essere «l'ultima risorsa possibile, da valutare in base agli sviluppi sul terreno».

Una notizia subito rimbalzata anche su twitter e che ha trovato l'immediata risposta di Renzi: «Ma seguire i comunicati stampa ufficiali del Governo, no? Quella è la posizione dell'Italia», ha cinguettato il presidente del Consiglio, facendo poi seguire la nota di Palazzo Chigi. In serata Mogherini ha precisato che il comunicato notturno del G7 non prevede «il boicottaggio» del G8 di Sochi a giugno, ma «la sospensione degli incontri preparatori previsti in questi giorni». Una nota «unanime», ha sottolineato, frutto di un «lavoro fatto insieme e condiviso da tutti e sette» i partner. Italia compresa.

Kiev apre nuova inchiesta su Yanukovich. La procura generale ucraina ha aperto una nuova inchiesta sul deposto presidente ucraino Yanukovich dopo la sua conferenza stampa in Russia, a Rostov sul Don. La decisione, ha spiegato il viceprocuratore Oleg Makhgnitski, è stata presa per il tentativo di rovesciare l'ordine costituzionale nel Paese. Ianukovich è già indagato per omicidi di massa, un'accusa legata alla repressione della protesta del Maidan.

Medvedev: Yanukovich resta legittimo presidente, impeachment se colpevole. «Yanukovich resta il presidente dell'Ucraina in base alla Costituzione, nonostante la sua autorità sia praticamente insignificante - scrive su Facebook il premier russo Medvedev - Se Yanukovich è colpevole dovrebbe essere sottoposto a impeachment e processato, altrimenti si tratta di un'azione arbitraria, una presa del potere. E in questo caso il regime sarà estremamente instabile. E finirà con un nuovo colpo di Stato. Nuovo spargimento di sangue».

«Kiev non sia parente povero che elemosina». «La Russia ha bisogno di una Ucraina forte e stabile - scrive Medvedev - di un partner prevedibile ed economicamente potente, non di un parente povero che sta costantemente con il cappello in mano. Questo è stato detto ieri ai nuovi governanti ucraini. La Russia è pronta a sviluppare varie relazioni di rispetto verso la fraterna Ucraina. Reciprocamente vantaggiose ed efficaci. Ma non vogliamo vedere l'Ucraina come un gruppo di persone che versa sangue sul Maidan e prende il potere violando la Costituzione e altre leggi dello Stato. Questo è un Paese nel suo insieme. Gente diversa. Ucraini, russi, tatari, ebrei. E altre nazionalità che vivono una vita di concordia».

La rivolta filo russa fa breccia anche nel sud est dell'Ucraina, Paese storicamente sospeso tra l'Occidente e l'orbita di Mosca, diviso tra filo europei e russofoni. Dopo la nomina di due nuovi governatori fedeli a Kiev, manifestazioni anti Maidan si susseguono a Dnipropetrovsk e a Donetsk, il feudo del deposto presidente Ianukovich dove oggi alcune centinaia di filo russi si sono impadroniti della sede del governo regionale mentre il parlamento locale convocava un referendum seguendo l'esempio della Crimea. Alcune centinaia di filorussi hanno fatto irruzione anche nella sede del governo della storica città di Odessa, quella della corazzata Potiomkin, ma qui il parlamento regionale si è rifiutato di organizzare un analogo referendum.

La tensione però era palpabile, con la contromanifestazione di centinaia di filo Maidan che inneggiavano all'Ucraina, e spranghe di metallo da ambo le parti. Basta una scintilla per innescare una guerra civile in questo Paese dove ci sono almeno quattro Ucraine: quella occidentale che guarda all'Europa, a lungo dominata dalla Polonia e dagli asburgo austriaci, culla dei nazionalisti e fortemente anti russa, come Leopoli (Lviv); quella centrale, che ruota intorno a Kiev, più moderata ma con lo sguardo orientato a ovest; la Crimea, regalata da Krushov all'Ucraina nel 1954, che fa storia a sè, come repubblica autonoma con una maggioranza etnicamente russa (quasi il 70%) e dove si parla quasi esclusivamente russo; infine le regioni 'ribellì del sud-est industriale e minerario, dove i russofoni non sono maggioranza nei numeri ma nella lingua e nella cultura.

A Dnipropetrovsk, per esempio, secondo l'ultimo censimento (2001) sono 'solò il 23,5%, ma a Donestsk salgono al 48,8%, anche se nell'omonima regione scendono al 38,2%. Una percentuale analoga quella della regione di Lugansk (39%), ma nella regione di Kharkov sono solo un quarto della popolazione. Odessa invece è proprio una città russa, anche se i russofoni non raggiungono la metà (42,8%). Sono maggioranza solo in Crimea, in particolare a Sebastopoli (71,7%). Con i loro 8,3 milioni, i russofoni non rappresentano neppure un quinto della popolazione ucraina (45,5 mln) ma in 13 delle 27 regioni ucraine il russo era stato adottato come lingua ufficiale prima che la legge venisse cancellata sull'onda delle proteste a Kiev. Ed è stata proprio questa una delle cause della reazione di Mosca, preoccupata per i diritti della sua minoranza e per il timore di vendette da parte dell'ala ultranazionalista del Maidan.

Una minoranza che peraltro è indignata per la corruzione dell'elite al potere, per la disoccupazione e per le disuguaglianze sociali al pari di quanti vivono nell'Ucraina occidentale, ma che si sente assediata e provocata, con una eredità culturale sotto minaccia: spetta solo a Kiev, non a Washington, a Bruxelles o a Mosca, la responsabilità di eliminare queste preoccupazioni. Nel frattempo l'occupazione russa della Crimea, e la minaccia di una presenza militare anche nel sud-est del Paese, rischiano di alimentare ulteriormente le tensioni etniche o religiose di un Paese dove vivono anche altre minoranze, come i tatari (in Crimea) e gli ebrei (di cui resta una importante comunità a Odessa).

Ultimo aggiornamento: 4 Marzo, 08:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA