Il governo Renzi passa la prima prova, il Senato vota la fiducia: 169 sì, 139 no. Domani tocca alla Camera. Il premier: «Se falliamo rimarranno macerie»

Lunedì 24 Febbraio 2014
Il governo Renzi passa la prima prova, il Senato vota la fiducia: 169 sì, 139 no. Domani tocca alla Camera. Il premier: «Se falliamo rimarranno macerie»
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Il governo di Matteo Renzi passa la prima prova al Senato: l'Aula di Palazzo Madama ha votato la fiducia con 169 voti favorevoli e 139 contrari. La soglia era di 155 voti.

A Matteo Renzi le sfide sono sempre piaciute. E così la prima volta che mette piede a Palazzo Madama, per di più per chiedere il voto di fiducia da premier, non viene meno alla regola: irrituale nelle parole e anche nel linguaggio verbale, con la mano che più volte indugia nella tasca, il leader Pd mette alta l'asticella delle ambizioni del suo esecutivo.

«Dobbiamo provare a fare sogni più grandi e scelte radicali, avere il coraggio di andare controcorrente, se falliamo sarà colpa mia», si impegna il leader Pd, elencando le sue priorità, dalla scuola al lavoro, dalle riforme alla lotta all'inamovibilità dei dirigenti pubblici.

Nel giorno del via libera del Senato al governo che il leader Pd definisce «politico», Renzi incassa l'incoraggiamento del presidente Usa Barack Obama alla sua agenda di riforme. Più tiepida è invece l'aula di Palazzo Madama ma d'altra parte il leader Pd non fa nulla per strappare applausi facili. Si augura che «sia l'ultima fiducia in quest'aula», tirando dritto nel suo progetto di abolire il Senato, non manca occasione per marcare la distanza tra lui «sindaco che parla con gli insegnanti e va nei mercati rionali» e la politica che vive nei Palazzi. E soprattutto ingaggia, non senza sarcasmo, un braccio di ferro verbale con i grillini che rumoreggiano nell'ora e dieci di intervento del premier. «Aiutiamoli, non è facile stare in un partito dove il capo dice che non è democratico. Ma vi vogliamo bene lo stesso», li canzona quando dai banchi M5s lo applaude polemicamente per avere detto che lui avrebbe preferito arrivare a Palazzo Chigi con le elezioni «perchè il Pd non ha paura del voto».

Ai cultori dei discorsi alti, tipici di occasioni solenni come la nascita di un governo, non piace l'intervento di Renzi. Ma, spiegano i suoi, «l'obiettivo era far arrivare il messaggio alla gente», parlando di cose concrete e assicurando che lui sarà il «sindaco d'Italia» restando in mezzo alle persone, come ogni mercoledì che sarà dedicato alla visita in una scuola. In fondo, come esordisce lui stesso citando Gigliola Cinquetti, Renzi ammette di «non avere l'età». Per diventare senatore ma in fondo, lui pensa, per adeguarsi a stanchi riti e liturgie. Il suo obiettivo, quello su cui ha intenzione di misurarsi in un «governo fino al 2018 se attua un cambiamento radicale», è ridare speranza e fiducia «ad un paese arrugginito, impantanato, incatenato da una burocrazia asfissiante». E farlo con «scadenze» precise e tappe concrete. A partire dalla scuola, assicura il premier mentre la moglie Agnese lo ascolta dalla tribuna: «È qui che nasce la credibilità di un paese», è convinto il leader Pd che vuole rivedere il patto di stabilità per un «programma straordinario» di edilizia scolastica, da realizzare nella pausa estiva. Già domani il leader Pd prenderà carta e penna per conoscere dai sindaci e dai presidenti di Provincia la mappa delle scuole da «rammendare», come dice citando Enzo Piano.

In cima alla lista del premier c'è la scuola ma anche il sostegno alle imprese con lo «sblocco totale dei crediti della Pubblica amministrazione» ed il sostegno ai fondi di garanzia per le piccole e medie imprese. Per il cuneo fiscale, che Enrico Letta cominciò a ridurre, Renzi immagina «una riduzione a doppia cifra». Sgravi e sostegni fiscali senza però intaccare i conti o la guerra al debito pubblico perchè «non è la signora Merkel o il governatore Draghi a chiedere di rimettere a posto i conti pubblici ma è il rispetto nei nostri figli». Un riconoscimento del ruolo dell'Europa che Renzi, però, farà a modo suo, non solo per difendere totem. E anche le istituzioni vanno ammodernate, a partire dalla legge elettorale, «subito da approvare alla Camera», fino alla riforma del Titolo V e la revisione delle Province. Altrettanto chiaro arriva l'avviso lanciato alla 'castà inamovibile dei dirigenti pubblici: «È arrivato il momento di dire che non esiste più il tempo indeterminato, con i governi che passano e i dirigenti restano e fanno il bello e cattivo tempo».

La replica Finita la discussione generale nell'Aula del Senato, è intervenuto il presidente del Consiglio Matteo Renzi in sede di replica.

Il dibattito di oggi «è stato istruttivo per me. Ci sono stati molti interventi puntuali sia da parte delle forze politiche che appoggiano il governo che da parte dell'opposizione. Cercherò di trasformare questi suggerimenti in discussioni e confronti per dare risposte concrete», ha esordito Renzi, «Vorrei prendere spunto dalle critiche che mi sono state mosse qui ma anche fuori rispetto al tono del mio intervento. Anche io ho molto da imparare e rifletterò se conservare lo stesso tono».

«Vorrei rivolgere un ringraziamento al senatore Romani del M5S. Non condividiamo molte cose, ne condividiamo poche in particolar modo per quanto riguarda la nostra città. Ma il suo tono, sia pur critico, è stato molto rispettoso dell'Aula». Così il premier ha fatto riferimento a Maurizio Romani, senatore grillino di Firenze. «Non troveremo probabilmente mai un accordo ma sono particolarmente felice della tradizione territoriale cui appartengo».

«Al fatto che paradossalmente la Lega e Gal ci chiede un doppio registro rispondo che questo governo non avrà mai un doppio registro. Saremo gli stessi, trasparenti, non chiedeteci di essere diversi qui e fuori anche perchè a differenza di altri siamo capaci di stare ancora in mezzo a persone», ha detto Renzi, «Noi non faremo discorsi in libertà. Vogliamo essere sfidati sulla lotta alla criminalità organizzata non con frasi e discorsi astratti», ma agire «in concreto».

«L'Expo è tutto ciò che noi vogliamo rappresentare. Abbiamo 31 mld di export di cibo e vino e prodotti che suonano italiano per 60 mld ma non lo sono, come il Parmesan. L'ambiente, l'agroalimentare, l'attenzione all' innovazione tecnologica sono pezzi della nostra sfida. Serve una frase fatta o accelerare il cantiere fisico e mentale perchè Expo sia un grande traino per il paese», ha ricordato Renzi.

«Provo vergogna per il fatto ci sia stata incapacità di individuare successione ad un Presidente della Repubblica che aveva chiesto di non avere secondo mandato, gli fu invece chiesto un reale sacrifico personale e politico e lui chiese ai partiti di farsi carico processo riforme che poi non è partito e si è fermato», ha sottolineato il premier, «È giusto e rispettoso nell'Aula del Senato citare il presidente della Repubblica con parole formali e cerimoniose e non avere poi il coraggio di dire che l'unico modo di rispettare la figura straordinaria che è Giorgio Napolitano è realizzare quelle riforme chieste? Pensate sia possibile - ha scandito ancora Renzi - prendere in giro gli italiani dicendo "faremo, faremo, faremo" con noi che poi "rinvieremo, rinvieremo, rinvieremo"».

Per Renzi «Questa non è un'operazione di lifting o di potere. Se fosse un'operazione di potere, non scommetteremmo tutto noi stessi. Non ci siamo dati una tempistica da calende greche: abbiamo detto che l'obiettivo è il 2018 e lo confermiamo. Avrei sicuramente voluto e forse dovuto impostare un discorso molto più cerimonioso e probabilmente la prossima volta lo scriviamo così non vi facciamo perdere troppo tempo. Ma c'è un passaggio: questa non è un'operazione di lifting o di potere», sottolinea Renzi.

«Difenderemo il bipolarismo e la possibilità di avere un vincitore non perchè pensiamo di vincere, ma perchè garantire un vincitore secco significa garantire che c'è uno a cui poter dare la colpa se non fa quello che ha detto», ha ribadito il premier, «Le elezioni dello scorso anno ci hanno fatto male ma proprio per questo vogliamo che la legge elettorale la prossima settimana sia in discussione alla Camera, così non succederà più quello che è successo lo scorso anno: se ci fosse stato un ballottaggio tra Berlusconi e Bersani il vincitore avrebbe governato 5 anni».

Chiudendo il suo discorso in sede di replica al Senato, il premier ha citato Pertini e lo ha fatto per ricordare il suo primo messaggio alla nazione quando disse che «i giovani non hanno bisogno di prediche, ma di esempi, onestà, coerenza e altruismo». Ecco, ha sottolineato Renzi, «fuori di qui non c'è bisogno di grandi discorsi. Le persone che ci guardano hanno bisogno che si passi dalle parole ai fatti e questo - ha concluso - è l'invito che faccio al governo e al Senato».

Dopo le dichiarazioni di voto, durante la chiama dei senatori, il premier Matteo Renzi ha lasciato l'Aula, prima ancora che venisse reso noto il risultato delle votazioni.

Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 08:12