Procura indagava sulla banca fin da
marzo e ha già in mano gli impegni
firmati di riacquisto delle azioni

Mercoledì 23 Settembre 2015
Il procuratore capo di Vicenza, Antonino Cappelleri
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VICENZA - L'indagine sulla Banca Popolare di

Vicenza non è iniziata con il blitz di martedì scorso. Il nucleo della tributaria della Gdf di Vicenza era all'opera fin da marzo scorso e aveva già in mano i documenti di riacquisto delle azioni rilasciati ad alcuni soci prima ancora di far partire le perquisizioni.


Lo si apprende in ambienti investigativi. Per mesi i


finanzieri del nucleo di polizia tributaria hanno lavorato


sottotraccia, raccogliendo elementi, classificando gli esposti e trovando riscontri. Gli uomini del colonnello Fabio Dametto e di Livio De Luca stanno scavando almeno dallo scorso marzo. Non è un caso che il pm Luigi Salvadori nel decreto citasse l'esistenza di documenti sottoscritti da esponenti della banca e


contenenti l'impegno verso i soci al riacquisto di azioni per un importo pari a circa 300 milioni di euro, a fronte di crediti concessi pari a 974 milioni per comprare titoli della banca.


Nel fascicolo quei documenti ci sarebbero già, e ciò sarebbe frutto anche della collaborazione fra Guardia di Finanza e ispettori della Banca d'Italia che, a loro volta da mesi, hanno avviato una ispezione negli uffici di via battaglione Framarin.


Non serviva trovarli nelle perquisizioni: Procura e inquirenti li avevano già visti. L'indagine ora è destinata a proseguire nel riserbo degli


uffici per il tempo necessario a digerire l'imponente mole di carte sequestrate. La ricerca sarebbe ora indirizzata verso chi, anche fuori dalla banca, avrebbe dovuto controllare ma non lo avrebbe fatto.

Intanto, come si è saputo ieri, si attende la possibile iscrizione di nuovi indagati, alla luce dei risultati degli accertamenti in corso, tra i membri del Cda della banca Popolare di Vicenza, oltre al presidente Gianni Zonin, agli ex consiglieri Giuseppe Zigliotto, presidente degli Industriali vicentini, e Giovanna Dossena. Altri nomi che si fanno sono quelli dri due ex vicedirettori generali Emanuele Giustini e Andrea Piazzetta. Nell'inchiesta risulta indagato anche l'ex dg Samuele Sorato e due suoi dirigenti (anch'essi hanno lasciato l'istituto) tutti con l'accusa di aggiotaggio.

Il Procuratore di Vicenza Antonino Cappelleri, che ha coordinato l'indagine del pm Luigi Salvadori, ha fatto capire che altri potranno finire sul registro degli indagati. Secondo Cappelleri, bisognerà attendere l'esito delle indagini sulla documentazione sequestrata ieri, fase conclusa quest'ultima, per accertare se alti dirigenti della Popolare di Vicenza si siano fatti prestare dall'istituto denaro per comprare azioni della stessa.

Per velocizzare l'inchiesta, Cappelleri sta valutando l'ipotesi di dare il compito non solo ad un unico pm ma ad un pool di sostituti della Procura berica. «Ora attendiamo se contro i sequestri - ha detto Cappelleri - ci sia un ricorso al Tribunale del riesame di Vicenza da parte dei legali degli indagati». «Se ciò avverrà - ha rilevato - dovremo scoprire alcune delle nostre carte ma siamo pronti a farlo».

Per questo il Procuratore conta su una indagine veloce che entro un mese stabilirà le eventuali responsabilità delle persone coinvolte nelle indagini. «Non è escluso - ha concluso il procuratore - che qualche altro appartenente del Cda venga indagato se dovessimo individuare qualcun altro che si è fatto finanziare dalla Popolare per acquistare azioni della banca».

Nuove iniziative annunciate dai consumatori. Adusbef e Federconsumatori si chiedono «quale vigilanza vi sia stata da parte degli organismi preposti». E annunciano un «esposto alla magistratura affinché accerti le responsabilità anche di Consob e Banca d'Italia», oltre alla tutela «degli azionisti con le azioni più opportune nei confronti della Banca» con «un'assemblea il 3 ottobre a Vicenza e una il 12 ottobre a Udine».

E Antonio Patuelli, presidente dell'Abi, sollecitato dai giornalisti, ha spiegato in merito alla mancanza vigilanza: «Non siamo noi i vigilanti. Queste domande andrebbero poste in altri paesi d'Europa. Perché le sanzioni internazionali sono arrivate a banche di altri Paesi continentali per miliardi di euro e a nessuna banca italiana. Il problema è che se qualcuno fa qualcosa di male oltralpe fa poca notizia. C'è voluto lo scandalo della Volkswagen per far vedere che l'azienda non ha sede in Italia. Penso che quello che sta valutando la magistratura prevenga gli eventi. In uno stato di diritto in qualsiasi ambito merceologico vi sono delle verifiche da fare». Secondo Patuelli, inoltre, «i problemi che coinvolgono le banche fanno notizia perché sono pochi rispetto a quelli che tutti i giorni coinvolgono altri settori come quello industriale o artigianale».

Ultimo aggiornamento: 24 Settembre, 20:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA