Il bordello di Mestre, affari d'oro in quarantena: 40 clienti al giorno e prestazioni fino a 500 euro

Mercoledì 27 Maggio 2020 di Davide Tamiello
Il bordello di Mestre, affari d'oro in quarantena: 40 clienti al giorno e prestazioni fino a 500 euro
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Per mesi hanno fatto affari d'oro, anche perché la concorrenza era stata letteralmente spianata dalla quarantena forzata. Rimanendo l'unica (o quasi) casa del sesso pienamente operativa, in barba alle prescrizioni anti coronavirus che hanno costretto nelle loro case i cittadini dal 10 marzo al 4 maggio, il fatturato è salito alle stelle. Il bordello del lockdown, in via Felisati a Mestre, accoglieva quotidianamente una media di 30/40 clienti, per prestazioni che andavano dai 50 ai 500 euro. Stando alle indagini dei carabinieri del nucleo operativo radio mobile di Mestre, la struttura, un appartamento con ingresso indipendente, incassava circa 8mila euro al giorno. Sono finiti nei guai, quindi, i due titolari dell'attività, due cittadini cinesi di 42 e 35 anni, denunciati per sfruttamento della prostituzione.

L'INDAGINE
Stando alla ricostruzione dei militari, la casa per appuntamenti era operativa almeno da novembre. In autunno, infatti, era iniziata l'inchiesta dei carabinieri a partire da alcuni interventi effettuati in zona, anche su segnalazione di residenti. I movimenti sospetti, in effetti, non mancavano, e non poteva essere altrimenti considerando il traffico perpetuo da quella casa. I militari, allora, hanno iniziato a controllare gli annunci online. Tombola: in diverse piattaforme, infatti, venivano sponsorizzate le prestazioni sessuali a pagamento delle ragazze di via Felisati. Bastava chiamare il numero di cellulare e prenotare l'appuntamento, nulla di più semplice. All'interno della casa, 5 donne e neppure giovanissime: tutte irregolari in Italia, hanno dai 30 ai 50 anni. I due aguzzini, le costringevano a prostituirsi con turni massacranti: la casa aveva due stanze da letto e una piccola reception con sala d'aspetto. Insomma, c'era la fila per entrare. Oltre al reato in sé, anche in ottica anti assembramento le condizioni non erano le migliori possibili. 

Il primo contatto tra cliente e azienda era, appunto, telefonico. Era la maitresse, la 35enne cinese, a verificare l'attendibilità del potenziale cliente, per poi concordare la prestazione: prezzo, modalità ed eventuali richieste particolari. Il secondo step era l'attivazione della squillo che di lì a poco il cliente avrebbe incontrato con la conferma dei dettagli e del prezzo concordato. Un tariffario variegato per tutte le tasche, dalla versione base di 50 euro a quella di lusso da 500. 

LA FREQUENZA
Quello che più ha impressionato gli investigatori, però, è il numero di clienti giornalieri: 25, 30 fino a 40 persone nell'arco di 24 ore. Un panorama variegato che andava dal ragazzino all'anziano, dall'impiegato al professionista, dall'operaio al dirigente. Un vero e proprio market del sesso a basso costo ed immediato, basato sullo sfruttamento di donne che avevano difficoltà nell'ottenere permesso di soggiorno e documenti. Le prostitute, infatti, non venivano retribuite per il loro lavoro: gli sfruttatori si limitavano a fornire loro una sistemazione di fortuna e il minimo indispensabile per sopravvivere. I due sfruttatori si tenevano praticamente l'intero incasso: circa 240mila euro al mese. Considerando che l'attività era aperta, appunto, almeno da novembre, si presume che la coppia (e in particolare la donna, ritenuta dagli inquirenti il dominus principale del postribolo) possa aver incassato una cifra vicina al milione di euro. Le indagini proseguiranno anche per capire che fine abbia fatto quel denaro. Altra evoluzione sarà ricostruire se, per esempio, la casa a luci rosse possa aver contribuito a diffondere ulteriormente il virus: i registri dei clienti verranno confrontati con le liste dei contagiati Covid. Dovessero esserci delle corrispondenze, potrebbe subentrare anche il reato di epidemia colposa. 
Ultimo aggiornamento: 17:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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