La promessa di Galan in parlamento:
«Sul Mose trasparenza e vigilanza»

Martedì 17 Giugno 2014 di Giuseppe Pietrobelli
L'inaugurazione dei lavori del Mose con Berlusconi e l'allora sindaco di Venezia Paolo Costa
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«Trasparenza, efficienza, sorveglianza». Sono le tre paroline magiche, riferite alla Regione Veneto e agli appalti, che il governatore Giancarlo Galan, quando i sospetti di tangenti ricevute per agevolare il sistema degli appalti erano molto lontani dal suo capo, pronunciò in una sede solenne e riservata. Era il pomeriggio del 7 aprile 2003, a Venezia nevicava, e venne interrogato, in seduta segreta, dalla Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare. Tenne una relazione su riciclaggio, infiltrazioni mafiose, contrasto alla criminalità da parte delle Forze dell’Ordine in Veneto. Assicurando che la regione era un’isola felice, ma la vigilanza ugualmente alta, soprattutto sugli appalti.

Quei verbali, chiusi finora negli archivi della Commissione, appaiono oggi un epitaffio irridente, proprio alla viglia dell’avvio della procedura alal Camera che dovrà decidere se autorizzarne l’arresto. «Il Veneto si appresta, dopo circa 30 anni, a dotarsi di quelle infrastrutture necessarie, adeguate, che finora sono mancate, a causa di uno sviluppo economico tumultuoso, assolutamente non sospettabile 30 anni fa, al quale è stato difficile accompagnare un eguale sviluppo delle infrastrutture. Oggi ci apprestiamo a porre rimedio a tale carenza». Così disse Galan. Iniziava la stagione del "fare", del Passante di Mestre, dei cantieri autostradali, della prosecuzione a Sud della Valdastico.

Galan ebbe un sussulto. «Sono già state poste in essere alcune grandi opere, che porteranno qui investimenti il cui ammontare mi fa rabbrividire, per la responsabilità che ci assegna nello svolgimento di tutte le operazioni collegate con la massima efficienza e trasparenza». Citava i 12.000 miliardi di vecchie lire per il Mose, i 2.000 miliardi per il Passante, i 2.500 miliardi per la Pedemontana, la Romea, il settore ferroviario. «Investimenti di questo tipo rappresentano un appeal non indifferente, per leggi più antiche dell’uomo, quindi ci vorrà il massimo della trasparenza, dell’efficienza e della sorveglianza».

Sembrava un appello morale. «Non voglio suonare un campanello d’allarme. - diceva - Questa è e resta un’isola felice, ma voglio che le coscienze di ognuno di noi siano a posto: dobbiamo essere consapevoli del fatto che ci apprestiamo a vivere un periodo potenzialmente difficile». Un discorsetto edificante che ora contrasta con i capi di accusa che motivano la richiesta d’arresto per l’ex governatore. Il quale, nel 2003, rassicurava i commissari antimafia sulla non esistenza di «offerte anomale», spia di tangenti. «No. Oltre l’80 per cento degli appalti aggiudicati è stato vinto da imprese locali, fortemente soggetto ad ogni tipo di controllo».

E parlando del Mose: «L’intesa con l’Europa ha fatto sì che il 60 per cento sia in amministrazione diretta dallo Stato tramite il concessionario, mentre il 40 per cento sia oggetto di gare europee. Si tratta però di interventi così rilevanti, sotto l’attenzione di tutto il mondo, che il nome stesso delle aziende concorrenti dovrebbe offrire una garanzia». E infine: «Abbiamo sempre cercato di operare con appalti di entità cospicua, laddove è possibile, in modo che la tipologia delle ditte partecipanti desse di per sè un margine, almeno teorico ma consistente di sicurezza».

Imprese venete. Concessione dello Stato. Grandi aziende. Un cocktail perfetto, brindando agli incassi.

Ultimo aggiornamento: 18 Giugno, 11:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA