In concomitanza con una Biennale che, con Rem Koolaas, si confronta con i "Fundamentals" dell’architettura, la Fondazione Querini Stampalia propone una riflessione su un grande architetto che tra i "fondamentali" della sua opera aveva posto l’acqua. La mostra sarà allestita dal 5 giugno al 29 settembre negli spazi della stessa Fondazione che il grande architetto ridisegnò genialmente nei primi anni '60.
Giuseppe Mazzariol, direttore dell’ente, rievocando la genesi di quei nuovi spazi, fertili, fin dall'inizio, di contaminazioni luminose, raccontava che «una mattina del '61, quando gli chiedevo che l'acqua alta restasse fuori dal palazzo, Scarpa, guardandomi negli occhi dopo una pausa di attesa: "dentro - disse - dentro l'acqua alta, dentro come in tutta la città. Solo si tratta di contenerla, di governarla, di usarla come materiale luminoso e riflettente. Vedrai i giochi della luce sugli stucchi gialli e viola dei soffitti, una meraviglia"».
Il segno di Scarpa, antico e moderno insieme, era talmente carico di energia precorritrice, che la spinta propulsiva non si è affatto esaurita. E come per gemmazione ha generato tutt'intorno gli interventi architettonici di Valeriano Pastor, di Mario Botta e hanno ispirato nel tempo un confronto avvincente con altri, diversissimi linguaggi: fotografia, video, musica, danza.
La mostra “Nel segno di Carlo Scarpa" illustra appunto la relazione e contaminazione fra il maestro veneziano e architetti e artisti contemporanei che nel tempo ne hanno interpretato lo spazio in Fondazione: Margarita Andreu, Ivana Franke, Candida Hofer, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Remo Salvadori e, da ultima Haris Epaminonda. Ma anche la coreografa Sasha Waltz, il compositore Atsuhiko Gondai con il violoncellista Mario Brunello, la fotografa Alessandra Chemollo e il regista Riccardo De Cal. L'esposizione ne raduna simbolicamente le testimonianze, accanto al nucleo di schizzi e disegni appartenenti all'Archivio della Fondazione, che documentano la fase di concepimento di quegli stessi ambienti da parte del grande architetto: la fecondità del segno di Scarpa e il lavorio creativo nel segno della sua lezione.
Un modo originale e creativo di interpretare dunque il tema della Biennale, che quest'anno riflette sulla possibilità di delineare in maniera innovatica e creativa un repertorio universale appreso attraverso il passato, come utile strumento su cui orientare il presente e il futuro: l'intervento compiuto dall'architetto veneziano nel palazzo cinquecentesco e quelli da esso successivamente scaturiti, dimostrano che questa armonia è sempre possibile, anzi auspicabile.
R.C.
Ultimo aggiornamento: 19:25
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Giuseppe Mazzariol, direttore dell’ente, rievocando la genesi di quei nuovi spazi, fertili, fin dall'inizio, di contaminazioni luminose, raccontava che «una mattina del '61, quando gli chiedevo che l'acqua alta restasse fuori dal palazzo, Scarpa, guardandomi negli occhi dopo una pausa di attesa: "dentro - disse - dentro l'acqua alta, dentro come in tutta la città. Solo si tratta di contenerla, di governarla, di usarla come materiale luminoso e riflettente. Vedrai i giochi della luce sugli stucchi gialli e viola dei soffitti, una meraviglia"».
Il segno di Scarpa, antico e moderno insieme, era talmente carico di energia precorritrice, che la spinta propulsiva non si è affatto esaurita. E come per gemmazione ha generato tutt'intorno gli interventi architettonici di Valeriano Pastor, di Mario Botta e hanno ispirato nel tempo un confronto avvincente con altri, diversissimi linguaggi: fotografia, video, musica, danza.
La mostra “Nel segno di Carlo Scarpa" illustra appunto la relazione e contaminazione fra il maestro veneziano e architetti e artisti contemporanei che nel tempo ne hanno interpretato lo spazio in Fondazione: Margarita Andreu, Ivana Franke, Candida Hofer, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Remo Salvadori e, da ultima Haris Epaminonda. Ma anche la coreografa Sasha Waltz, il compositore Atsuhiko Gondai con il violoncellista Mario Brunello, la fotografa Alessandra Chemollo e il regista Riccardo De Cal. L'esposizione ne raduna simbolicamente le testimonianze, accanto al nucleo di schizzi e disegni appartenenti all'Archivio della Fondazione, che documentano la fase di concepimento di quegli stessi ambienti da parte del grande architetto: la fecondità del segno di Scarpa e il lavorio creativo nel segno della sua lezione.
Un modo originale e creativo di interpretare dunque il tema della Biennale, che quest'anno riflette sulla possibilità di delineare in maniera innovatica e creativa un repertorio universale appreso attraverso il passato, come utile strumento su cui orientare il presente e il futuro: l'intervento compiuto dall'architetto veneziano nel palazzo cinquecentesco e quelli da esso successivamente scaturiti, dimostrano che questa armonia è sempre possibile, anzi auspicabile.
R.C.