Serata con gli inediti di Rigoni Stern
al Millepini con Mercalli e la Piccolo

Giovedì 4 Giugno 2015 di Sergio Frigo
Mario Rigoni Stern in divisa negli anni di guerra e il teatro Millepini
1

ASIAGO - Una scuola a lui dedicata, un libro con le sue lettere agli amici, il premio letterario a lui intitolato: nel mese che ricorda la sua morte, avvenuta il 16 giugno del 2008, la memoria dello scrittore Mario Rigoni Stern è più viva che mai. Nella sua Asiago gli è stato intitolato l’istituto superiore che riunisce il liceo scientifico e gli indirizzi tecnico-economico e professionale, nel corso di una cerimonia che ha visto - accanto alle autorità e a centinaia di ragazzi - l’intervento dei familiari (la moglie Anna, la sorella Maria, i figli), il ricordo dell’amico Bepi De Marzi e la lettura di alcuni suoi brani ad opera di Elda Olivieri e Nicola Stefani.

Per quanto riguarda il premio, dedicato alla saggistica e alla narrativa delle Alpi, sarà consegnato il 20 giugno al Teatro Millepini, con le letture di Ottavia Piccolo e la lectio di Luca Mercalli.

Ma la novità più significativa e sorprendente per la ricostruzione della biografia e del profilo umano di Rigoni Stern arriva in libreria, con la pubblicazione del volume di Pierantonio Gios (curato da Giuseppe Mendicino) "Lettere dal fronte - La corrispondenza di Mario Rigoni Stern e di altri ragazzi dell’Altipiano", Edizione Tipografia Moderna. Pierantonio Gios era un sacerdote e storico di Asiago piuttosto noto, scomparso nel giugno del 2014 a 74 anni, dopo essere stato a lungo bibliotecario e archivista rispettivamente nel Seminario e nella Biblioteca Capitolare della Curia padovana. A monsignor Gios, che ad Asiago qualche anno fa aveva attivato una celebrazione in ricordo dei caduti in Russia, furono consegnate dai familiari dei soldati numerose lettere scritte a casa dai propri congiunti: fra queste il corpus più significativo era quello scambiato dal futuro scrittore con l’amico del cuore Rino Rigoni, con cui ebbe la sorpresa e il piacere di riabbracciarsi prima della battaglia di Nikolajewka, nella ritirata di Russia, dove i loro destini si sarebbero separati per sempre.

Mendicino sottolinea nell’introduzione «la serietà, il senso del dovere e della responsabilità, anche e soprattutto verso i compagni, che traspaiono dalle lettere dal fronte (...) quelle doti morali e di carattere che contribuiranno, nel momento della disfatta del nostro esercito, a indicare a quei giovani la scelta giusta: dopo l’8 settembre, quando Mario Rigoni Stern, Ennio Tessari, Renzo Bonomo, saranno chiamati a scegliere tra l’adesione alla Repubblica Sociale di Mussolini e la prigionia dei lager tedeschi, preferiranno restare uomini liberi dietro il filo spinato piuttosto che servire la dittatura del duce e i nazisti».

Ma dalle lettere emergono anche - assieme alle doti (ancora in embrione) di narratore del futuro scrittore - alcuni elementi sorprendenti: come la forte religiosità del giovane Mario, che al momento dell’arruolamento, non ancora diciottenne, nella Scuola Militare di Alpinismo di Aosta, era presidente dei giovani cattolici di Asiago, carica nella quale gli succedette proprio l’amico Rino. Rigoni Stern è attirato dall’avventura e anche imbottito, come tutti i suoi coetanei, della retorica di regime, entusiasta della «santa crociata contro la Russia Sovietica», come scrive in una lettera alla rivista della parrocchia "Squilla alpina"; ma al tempo stesso continua ad interessarsi delle vicende dell’associazione, a dare consigli all’amico, a condividere con lui sogni, speranze, nostalgie, e anche i turbamenti sentimentali per una giovane veneziana (Clary, ancora viva e vegeta), che gli ha stregato il cuore.

L’altra novità è scoprire nel giovane alpino una baldanza, una spensieratezza, un umorismo scanzonato (nonostante le fatiche e i pericoli che sta vivendo) che mal si concilia con la "gravitas", seppure serena, che lo caratterizzava nella maturità: il segno più evidente di come la durezza della guerra ne avesse modificato in profondità, oltre alle idee, persino il carattere.

Alcuni brani delle lettere di Rigoni Stern

“Carissimi amici, come va la vitaccia? Bene! Io pure. Aspettavo in questi giorni un vostro cenno di vita, una cartolina con molte firme o qualche cosa di simile”.

5 marzo 1939 da Aosta

“Caro Rino, in questi giorni non fo altro che camminare, scavalcare montagne, passare ghiacciai e colli (ma non quelli ove viene l’uva, intendiamoci). Alla sera, dopo aver portato lo zaino per ore, si arriva giù in un paesino, in una valle profonda coronata di ghiacciai. Vi sono tre case con un coperto di pietra, una osteria ove vendono anche tabacco, francobolli, fagioli, scarpe con la suola di legno, campani per le vacche, eccetera. Fra queste tre case vi è una chiesetta con un campanilino esile, esile».

11 luglio 1939 da Valgrisanche.

“Ho partecipato alla “battaglia delle Alpi”. Ho provato tutte le emozioni della guerra, e le pallottole e le bombe francesi non hanno trovata la strada per giungere a bucare la mia “ghirba”. Ti dico solo che il vino francese era ottimo e genuino e, se era avvelenato, a quest’ora sarei morto»

6 luglio 1940 dalla Francia

“Accade una cosa incredibile: vi sono quattro, dico quattro, ragazze che mi scrivono! A Mario Stern! Donne italiane che sono entusiasmate degli alpini (soldato gallina, dicono i greci).

28 gennaio 1941 dall’Albania

Ultimo aggiornamento: 9 Giugno, 10:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA