Serena Mollicone, la sorella appella la sentenza: «Ora vogliamo la verità»

Giovedì 16 Marzo 2023 di Vincenzo Caramadre
Serena Mollicone, la sorella appella la sentenza: «Ora vogliamo la verità»

«Andremo avanti e faremo appello, lo faremo per mia sorella, ma anche per mio padre che si è battuto fino all'ultimo momento della sua vita nel chiedere giustizia e verità». Erano state queste le parole pronunciate da Consuelo Mollicone, sorella di Serena, la 18enne assassinata il primo giugno 2001 ad Arce, all'indomani della sentenza di primo grado con la quale sono stati assolti tutti gli imputati. Sarà proprio lei, Consuelo, a depositare, lunedì prossimo, tramite i suoi legali (gli avvocati Sandro Salera e Anthony Iafrate), l'appello alla sentenza di primo grado. Dopo il deposito della sentenza con le motivazioni dell'assoluzione, il 6 febbraio scorso, c'è stato un fitto lavoro di valutazione per trovare gli spunti giusti per chiedere alla corte d'assise d'appello di Roma il ribaltamento del pronunciamento e, dunque, la colpevolezza degli imputati. A lavoro anche la procura e le altre parti civili: termine ultimo di appello è il 23 marzo. «Abbiamo atteso oltre vent'anni e attendiamo ancora di conoscere la verità sulla morte di Serena», ha detto Consuelo Mollicone. «La nostra speranza è che, nel processo d'appello, le cose vadano diversamente. Mio padre non c'è più ha aggiunto ma insieme a mio zio e a mia zia siamo più determinati che mai. Il dolore e la ricerca della verità non si cancellano con il passare del tempo. In queste settimane siamo rimasti in silenzio, abbiamo lasciato lavorare i nostri legali e la procura, ma ora vogliamo chiarezza».
LE MOTIVAZIONI
La corte d'assise di Cassino con una sentenza di 230 pagine ha smantellato l'impianto accusatorio della procura nei confronti di Franco, Marco, Anna Maria Mottola, Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano. Un omicidio che, per la procura, sarebbe stato commesso all'interno della caserma dei carabinieri di Arce dopo un litigio tra Marco Mottola, figlio dell'allora comandante Franco, e la studentessa di 18 anni. Tanti indizi che non costituiscono prove che la corte ha cosi tratteggiato: «I numerosi indizi raccolti dalla procura non sono sorretti da prove sufficienti». Ma non è tutto perchè nell'omicidio della studentessa sarebbero implicate anche persone finora rimaste nell'ombra. E' tutto da rifare perché i giudici ritengono che «dai consistenti e gravi elementi indiziari necessariamente si desume l'implicazione nella commissione del delitto di soggetti terzi che sono rimasti ignoti».
 

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