Serena Mollicone e il brigadiere suicida, il pm: «Depistaggi e atti falsi per coprire l'omicidio»

Mercoledì 1 Maggio 2019 di Pierfederico Pernarella
Serena Mollicone e il brigadiere suicida, il pm: «Depistaggi e atti falsi per coprire l'omicidio»
L'ordine di servizio sarebbe stato modificato per depistare le indagini e provare che loro, quella mattina, non si trovavano nella caserma di Arce. E quindi non avrebbero potuto vedere Serena Mollicone entrare per raggiungere l'alloggio dei Mottola. Così come, a sette anni dall'omicidio, aveva ammesso agli investigatori il brigadiere Santino Tuzi, suicidatosi pochi giorni dopo aver testimoniato una seconda volta in Procura a Cassino. Gesto estremo che, secondo gli atti di accusa notificati nei giorni scorsi agli indagati, sarebbe stato indotto dalle pressioni che il maresciallo Vincenzo Quatrale fece su Tuzi.
Oltre all'istigazione al suicidio, a Quatrale la Procura contesta il favoreggiamento nell'omicidio, attuato insieme a Tuzi. Accuse che si fondano, tra gli altri indizi, su un'intercettazione ambientale carpita da una cimice che lo stesso Quatrale si fece piazzare sulla propria auto.
Secondo il sostituto procuratore Beatrice Siravo, che ha coordinato le indagini dei carabinieri, il quadro è chiaro.

«LA MISSIONE INVENTATA»
La mattina del 1 giugno 2001 Quatrale e Tuzi sarebbero in caserma quando la ragazza vi entra alle ore 11. Entrambi sentirebbero i rumori di una colluttazione, che avrà un esito mortale per Serena, provenire dall'alloggio dei Mottola. L'ufficio di Quatrale si trova proprio sotto l'alloggio dei Mottola.
I due carabinieri, secondo il pm, invece di impedire o quantomeno denunciare quanto era accaduto, avrebbero redatto un falso ordine di servizio per far figurare che, al momento dell'omicidio, dalle 11 alle 13.30, erano usciti per una missione.
Sette anni dopo, nel 2008, c'è un altro morto: il brigadiere Tuzi si uccide. Secondo la Procura Quatrale avrebbe istigato il collega al suicidio. Tutto succede in quattordici giorni.
Il brigadiere viene ascoltato per la prima volta in Procura il 28 marzo del 2008. È in quella circostanza che racconta di aver visto entrare Serena in caserma alle ore 11 e da lì non sarebbe uscita fino alle 13.30 quando stacca dal servizio.

L'INTERCETTAZIONE
A quel punto succede una cosa che, alla luce delle accuse, appare quantomeno singolare. Quatrale, dopo le dichiarazioni rese dal brigadiere Tuzi, si rende disponibile a far installare sulla propria auto, una Lancia Lybra, una cimice. Questo allo scopo, scrive la Procura, «di carpire le conversazioni che avrebbe tenuto con Tuzi». È una trappola, un cavallo di Troia per smascherare entrambi? Non è dato saperlo. Fatto sta che proprio le conversazioni intercettate nella sua auto oggi supportano l'accusa a Quatrale di aver indotto il collega a togliersi la vita.
L'8 aprile del 2008 il maresciallo è in auto con Tuzi e gli parla della mattina del 1 giungo, quando Serena sarebbe stata uccisa in caserma: «Dice che siamo andati a fare il controllo a Colfelice... che poi mi ricordo che noi ci siamo andati però non ci stava nessuno... poi siamo andati a fare la notifica a Renzi, poi l'altra notifica... però tutti mi dicono che qui è tutto falso... per me quel giorno mi risulta che abbiamo fatto quello... non riesco a farmi capace per quale motivo di punto in bianco 25 anni di servizio pare che nessuno mi crede... Santino, tu puoi dire questo qua però rifletti pure che comunque chi stava con te metti in mezzo ai pasticci nel momento in cui dici non ricordo...».
Quatrale sa ovviamente di essere intercettato e secondo la Procura non parla in buona fede: quelle dichiarazioni sarebbero una messa in scena e un tentativo di indurre Tuzi a ritrattare la prima testimonianza. Non è noto se e cosa Tuzi risponda al collega in auto.

« PRESSIONE PSICHICA»
Il giorno dopo però, il 9 aprile, il brigadiere Tuzi viene sentito di nuovo in Procura. In un primo momento ritratta, poi incalzato dal Pm conferma quanto aveva detto: aveva visto Serena entrare in caserma.
Tuzi, tre giorni dopo, l'11 aprile, si uccide. Quatrale, scrive la Procura, avrebbe esercitato sul collega «una pressione psichica diretta a fargli sorgere il proposito del suicidio o comunque rendendo definitivo il proposito in lui già sorto». Tuzi, prosegue il Pm, alla luce anche del comportamento omertoso che entrambi (lui e Quatrale) avrebbero avuto sui depistaggi che portarono all'ingiusto arresto del carrozziere Carmine Belli e mai denunciati nel corso del processo, «temeva di essere indagato per l'omicidio di Serena». Quatrale, conclude il pm nel capo d'accusa, era consapevole «delle condizioni psichiche di Tuzi» in quanto nell'intercettazione carpita nell'auto, aveva detto al collega di vederlo stonato e Tuzi stesso «gli diceva che forse non si sarebbero rivisti».

LA DIFESA
La difesa di Quatrale respinge le accuse. «Stiamo raccogliendo tutti gli atti - afferma l'avvocato Francesco Candido che assiste il maresciallo insieme al collega Paolo D'Arpino - Non possiamo ora soffermarci sulle singole contestazioni vista la complessità della vicenda, ma respingiamo in toto tutti i capi di accusa: non ci fu alcuna manipolazione dell'ordine di servizio».
Ultimo aggiornamento: 3 Maggio, 18:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA