Serena Mollicone, incontro tra procura e parti civili per l'appello

Dal giorno del deposito delle motivazioni, avvenuto il 6 febbraio scorso, procura e parti civili hanno 45 giorni per depositare l'appello, poi verrà fissata l'udienza di discussione davanti alla corte d'assise d'appello di Roma

Venerdì 17 Febbraio 2023 di Vincenzo Caramadre
Serena Mollicone, incontro tra procura e parti civili per l'appello

Individuare i "buchi neri" nella ricostruzione fatta dalla corte d'assise per attribuire una diversa interpretazione al delitto. La procura di Cassino e le parti civili lavorano per presentare appello alla sentenza con la quale, lo scorso 15 luglio, sono stati assolti gli imputati per l'omicidio di Serena Mollicone. Una lettura attenta e una disamina dei fatti che in questi giorni sta portando ad un confronto, tra il pm Beatrice Siravo (applicata al caso in via esclusiva al caso dal procuratore Luciano d'Emmanuele) e le parti civili.
Ieri mattina al palazzo di giustizia di Cassino sono arrivati alcuni difensori, tra cui Federica Nardoni per conto della zia di Serena e Fabrizio Greco dell'avvocatura dello Stato in rappresentanza dell'Arma dei carabinieri, e la criminologa Roberta Bruzzone. Nessun commento, nessuna considerazione, ma la loro presenza in tribunale non è passata inosservata. Stesso lavoro stanno facendo gli altri legali di parte civile, tra cui l'avvocato Dario De Santis (legale storico di Guglielmo Mollicone prima e di Antonio Mollicone ora), e gli avvocati Sandro Salera, Antony Iafrate ed Elisa Castellucci.
I TERMINI
Dal giorno del deposito delle motivazioni, avvenuto il 6 febbraio scorso, procura e parti civili hanno 45 giorni per depositare l'appello, poi verrà fissata l'udienza di discussione davanti alla corte d'assise d'appello di Roma. I giudici di primo grado hanno scattato l'istantanea processuale fissando alcuni importanti paletti sui capisaldi dell'indagine che ha portato al processo gli ex imputati (Franco Mottola, ex comandante della stazione di Arce, suo figlio Marco, sua moglie Annamaria, ma anche due carabinieri Francesco Suprano e Vincenzo Quatrale). Il "la" alle indagini era stato fornito, come noto, dalla dichiarazione di Santino Tuzi - brigadiere in servizio ad Arce nel 2001 e suicidatosi nel 2008 - sull'ingresso della ragazza in caserma la mattina del primo giugno. In linea generale la corte d'assise di Cassino ha ritenuto che «i numerosi indizi raccolti dalla procura non sono sorretti da prove sufficienti». Poi, in particolare, sulla dichiarazione duplice di Tuzi (verbalizzate il 28 marzo e il 9 aprile 2008) hanno scritto: «Le versioni offerte da Tuzi sono apparse, anche alla luce delle registrazioni, contraddittorie, incerte, confuse, frutto di suggestioni e ricostruzioni del medesimo effettuate al momento, alla luce degli elementi che gli venivano forniti». C'è poi l'importante aspetto dell'arma del delitto, la procura ha sostenuto che Serena sia stata sbattuta contro la porta che si trovava in un alloggio sfitto della caserma, ma la corte ha ritenuto che quella non è l'arma del delitto: «L'ipotesi dell'impatto con la porta non si ritiene dimostrata dalle consulenze merceologiche e genetiche». Dunque è tutto da rifare anche perché i giudici ritengono che «dai consistenti e gravi elementi indiziari necessariamente si desume l'implicazione nella commissione del delitto di soggetti terzi che sono rimasti ignoti».
Ora procura e parti civili sono a lavoro.
 

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