Madri che uccidono i figli per stare con i compagni, il caso di Donatella Di Bona

Lunedì 25 Luglio 2022 di Pierfederico Pernarella
Donatella Di Bona e Alessia Pifferi

Lasciare morire di stenti la propria figlia per stare con il compagno. Alessia Pifferi si è giustificata così quando il magistrato gli ha chiesto perché aveva lasciato sola Diana, la figlia 18 mesi.

Orrore che si aggiunge ad orrore perché racconta di un delitto compiuto con lucidità o quanto meno nella piena consapevolezza delle proprie azioni.

Una storia inconcepibile, che interroga senza dare risposte. Eppure non è la prima volta che la cronaca mette di fronte a queste inquietanti domande. Davanti agli stessi interrogativi ci si è trovati nel caso di Donatella Di Bona, la ragazza di Piedimonte San Germano che ha strangolato il figlio, il piccolo Gabriel, che aveva poco più di due anni. Anche in questo caso il movente, se così si può definirlo, rimanda al rapporto con il compagno Nicola Feroleto, nonché padre del bambino, anche se i due vivevano separati. I due quel giorno, era il 17 aprile del 2019, si erano appartati per consumare un rapporto sessuale. Donatella, però, ci ripensa anche perché con loro c'era il figlio che  ha cominciato a piangere. A quel punto Nicola Feroleto perde le staffe colpisce al volto il bambino e insulta la donna. Nella mente di Donatella scatta l'irreparabile. Una furia assassina. Con le mani copre naso e bocca del figlio e non le toglie fino a quando non smette di respirare. Minuti interminabili, durante i quali il padre è rimasto impassibile, senza muovere un dito.

Colpevoli entrambi, come sancito dalla giustizia in via definitiva. Donatella, dopo la conferma in appello della condanna 16 anni (con l'abbreviato), ha deciso di rinunciare al ricorso in Cassazione. Nicola Feroleto invece  in primo grado era stato condannato all'ergastolo e in appello a 24 anni, pena confermata in Cassazione. Una storia di rapporti malati , borderline, in cui spesso, purtroppo, a farne le spese sono i bambini, i più deboli e indifesi. Scrive il giudice nelle motivazioni della sentenza di primo grado: «Palese che la Di Bona e il correo (Nicola, ndr), covassero risentimento nei confronti del bambino o comunque nutrissero nei suoi confronti scarsa considerazione»
 

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