I soldi dei Casalesi investiti a Pontecorvo, confisca per 200 mila euro al figlio di Sandokan

Il provvedimento dopo la condanna di Nicola Schiavone coinvolto nell'operazione "Giada" della Guardia di Finanza

Venerdì 22 Ottobre 2021 di Vincenzo Caramadre
Nicola Schiavone

I soldi del clan dei Casalesi investiti dal rampollo della famiglia Schiavone a Pontecorvo: la Guardia di Finanza sequestra quote societarie, polizze e auto.

A dare esecuzione alla confisca è stata la Guardia di Finanza, dopo la sentenza di condanna emessa lo scorso anno dai giudici del Tribunale di Cassino nei confronti di Nicola Schiavone, detto la Tigre (classe 1979), primogenito del noto Francesco Schiavone, meglio conosciuto Sandokan, capo dell’omonima famiglia camorristica e reggente del clan dei Casalesi.

La condanna del figlio di Sandokan e il conseguente atto di confisca costituisce l’anello conclusivo dell’operazione Giada (condotta dal Gruppo della Guardia di Finanza di Cassino e diretta dal dottor Giovanni Conzo, allora magistrato assegnato alla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli ed oggi procuratore aggiunto di Roma), che nel 2015 portò all’arresto dell’uomo. Il valore dei beni finiti nella disponibilità dello Stato ammonta a 200 mila euro, vale a dire quanto avrebbe investito in un autosalone di un imprenditore di Pontecorvo. Nel processo erano stati ipotizzati investimenti per un milione e mezzo di euro, ma sono stati tracciati e ritenuti di provenienza illecita 200 mila euro: la somma oggetto della confisca.

La condanna di Schiavone, in relazione al reato di trasferimento fraudolento di valori, aggravato dall’aver agevolato l’organizzazione camorristica, attualmente collaboratore di giustizia, è stata a tre anni di reclusione e all'interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Gli uomini della Guardia di Finanza di Cassino, diretti dal colonnello Tripoli e dal tenente colonnello Rapuano hanno ricostruito, in oltre due anni di indagini, il puzzle degli interessi dell’organizzazione camorristica nel Cassinate, con particolare riferimento ai rapporti intrattenuti con l’imprenditore di Pontecorvo, attivo nel settore del commercio di automobili di lusso.

Una sentenza storica 

«La sentenza, passata in giudicato - è stato spiegato dagli investigatori -  cristallizza definitivamente il radicamento e l’operatività nel territorio cassinate del clan dei Casalesi, che, tramite prestanome ed imprese colluse, ha reinvestito nel tessuto economico locale i proventi derivanti dalle attività illecite perpetrate». Rimane alta l’attenzione della Procura di Cassino in tutto il territorio del sud Lazio, la contiguità territoriale, infatti, rappresenta la prima finestra per gli investimenti illeciti nel tessuto economico.

La relazione dell'Antimafia 

Infiltrazioni ben note all’Antimafia, non a caso anche nell’ultima relazione presentata al Parlamento, l’attenzione è stata concentrata proprio sui territori di confine. «Il clan dei Casalesi composto dai gruppi Schiavone, Zagaria, Bidognetti e Iovine, resta egemone nell'intera area della provincia di Caserta anche attraverso legami con altri sodalizi campani co  influenze nei territori confinanti», era stato spiegato nell’ultima relazione della Dia.

«Conserva il controllo del territorio grazie alla coesione interna fondata su solidi vincoli familiari, alla costante ricerca del consenso di una consistente parte del tessuto sociale e alla complicità di 'colletti bianchì espressione del cartello criminale nell'imprenditoria e nei circuiti politico- amministrativi».

Ultimo aggiornamento: 08:54 © RIPRODUZIONE RISERVATA