di Ivo Iannozzi
La maglia azzurra della Nazionale di rugby poggiata sulla bara ricoperta da un cuscino di fiori. E poi una foto, braccia conserte e sguardo fiero su un rettangolo di gioco. In tanti ieri pomeriggio hanno voluto dare l’ultimo saluto a Massimo Cuttitta, “Maus” come era soprannominato, 54 anni, l’ex giocatore della nazionale italiana di rugby morto lunedì scorso all’ospedale di Albano per complicazioni respiratorie legate all’infezione da Covid-19; tre giorni prima aveva perso la madre Nunzia ricoverata della stessa struttura.
Non sono mancati tanti ex compagni della nazionale degli anni ‘90, con alcuni dei quali Maus aveva giocato anche nell’Amatori Milano durante gli undici anni con la casacca rossonera. Sono arrivati da tutta Italia per stare vicino ai due fratelli, il gemello Marcello, anche lui ex nazionale, e Michele, il più grande, appassionato di rugby tanto da rilevare insieme a Massimo la squadra locale chiamata non a caso si chiama Cuttitta Brothers Rugby Anzio. In tanti sono rimasti sul piazzale della chiesa di San Francesco a Lavinio, il quartiere che Maus aveva scelto per vivere e soprattutto per stare accanto alla madre Nunzia. Da lei non si staccava mai.
Se ne sono andati a tre giorni l’uno dall’altra. “Mamma ha dato tanto a noi - racconta commosso il gemello Marcello - ed era il momento di dare qualcuno a lei”. E quel “qualcuno” è stato proprio Massimo, il pilone, un gigante dal cuore tenero. “Massimo lo possiamo identificare con un solo aggettivo - ha detto il celebrante - era un uomo buono, che ad un certo punto ha deciso di stare vicino alla madre sacrificando la professione, un esempio di come abbia onorato il quarto comandamento”. Stabilitosi a Lavinio, dove il papà ingegnere aveva iniziato l’attività nell’edilizia, aveva allenato la mischia di Scozia, Canada, Romania e Portogallo e con il nuovo corso della Federazione sperava di poter rientrare nel giro degli allenatori della Nazionale.
Foto di Luciano Sciurba