Giocattoli dei bambini trasformati in trappole mortali, con mine antiuomo ed esplosivi nascosti. È l'ultima frontiera della crudeltà dei russi denunciata da Kiev, rivolta a colpire i più piccoli e i più indifesi. La denuncia arriva da Anton Gerashchenko, consigliere del ministero dell'Interno di Kiev che su Telegram ha condiviso le foto dell'orrore: un pallone tagliato con all'interno un'esplosivo, una bambola col vestitino rosa in cui la pila è stata sostituia con una mina, un pupazzetto colorato all'interno dei quali si scorrgono le tracce di una bomba.
Nel suo messaggio Gerashchenko denuncia "Il cinismo è sorprendente: gli occupanti sono ben consapevoli che il bambino, al suo ritorno a casa, raccoglierà prima di tutto il suo giocattolo". E avverte di alcuni comportamenti da tenere per garantire un ritorno a casa in sicurezza per tutte le famiglie: allontanarsi e avvisare tutti del pericolo, avvertire le autorità, e non usare telefoni cellulari nelle vicinanze, che potrebbero innescare l'esplosivo.
Mine nascoste anche nei cadaveri
Non è la prima volta che le autorità ucraine denunciano episodi simili: in tutti i territori occupati e ora liberati le autorità dell'Ucraina sono occupate in attività di ricerca per cercare di rimuovere gli esplosivi nascosti e le mine antiuomo lasciate dal nemico.
Dai "pappagalli verdi" in Afghanistan all'Ucraina: la crudeltà non ha confini
La pratica infame dei giocattoli bomba non è una novità, come per anni ha denunciato Gino Strada, chirurgo fondatore di Emergency. I primi ad utilizzarla furono i sovietici in Afghanistan inventando i "pappagalli verdi": due ali di plastica verde con al centro un piccolo cilindro pieno di esplosivo. I "finti giocattoli" cadevano dal cielo, lanciati da elicotteri militari e una volta raccolti dai bambini, esplodevano causando gravi mutilazioni o la morte. Da allora è una pratica diffusa, utilizzata in tanti teatri di guerra nel mondo e da tante parti in campo: in Bosnia, in Somalia, in Etiopia, a Gibuti, nel Kurdistan iracheno, da Pol Pot in Cambogia, in Vietnam, nelle guerriglie del centro America.