Zelensky e l'asse Macron-Scholz, l'azzardo franco-tedesco che rischia di danneggiare l'Europa

Il patto tra Parigi e Berlino fa male non solo all'Italia e alla Spagna ma anche all'est Europa

Giovedì 9 Febbraio 2023 di Marco Ventura
Zelensky e l'asse Macron-Scholz, l'azzardo franco-tedesco che rischia di danneggiare l'Europa

La storia si ripete e purtroppo la guerra non insegna nulla all'Europa. Ancora una volta, nel momento che dovrebbe essere quello dell'unità massima, le capitali europee si presentano all'appuntamento col capo dell'Ucraina in armi, Zelensky, nel consueto ordine sparso. L'asse franco-tedesco, ciclico cliché della leadership comunitaria, si impone e ripropone nei momenti topici o più mediaticamente attrattivi, quando c'è da lustrare l'immagine dei leader nazionali. Ed ecco allora che dopo la puntata nel Regno Unito, che dall'inizio ha assunto con Kiev la posizione di maggiore e più concreto sostegno (forniture di armi sempre più potenti ed efficaci e un'assistenza dichiarata senza timidezze nella guerra guerreggiata, specie nel supporto d'intelligence), Zelensky non vola a Bruxelles a incontrare i 27, ma fa tappa a Parigi da Emmanuel Macron. Per l'occasione, raggiunge la capitale francese anche il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, per quanto sia stato tra i capi di governo europei il più riluttante ad alzare il livello dell'assistenza militare, facendo pesare la decisione di autorizzare l'invio dei carri armati Leopard 2.

Con Zelensky, Macron e Scholz voleranno poi a Bruxelles. A rimarcare che l'Europa continua ad avere il suo centro di gravità nell'asse Parigi-Berlino, a scapito non solo dei membri UE meridionali e mediterranei come Italia e Spagna, ma anche di quell'Est Europa che nella Polonia e nei Baltici ha la punta di diamante di una Unione inflessibile nell'aiuto a 360 gradi a Kiev e nella contrapposizione armata alle mire imperialiste di Putin.

LA CENA A PARIGI

Sui media anglosassoni erano apparse analisi sull'asse Washington-Varsavia-Baltici, quasi che gli equilibri di potere europei si fossero spostati a Oriente grazie all'interventismo americano. La cena a tre di Parigi, ieri sera, è servita ad ammonire le altre capitali continentali che il timone continua a essere nelle mani di tedeschi e francesi. Un'illusione, visto che sui dossier economici anche di recente Berlino si è trovata in minoranza. Per l'Italia, fondatore dell'Unione, si tratta del solito affronto che fa male, più che a noi, alla UE e all'idea di una Europa che parli finalmente con una sola voce.

 

E come in passato in occasioni analoghe, la nostra diplomazia si è messa in moto per rivendicare a Roma la sua rilevanza. Oggi il premier Giorgia Meloni avrà un incontro bilaterale con Zelensky, assaggio della visita annunciata entro il 24 febbraio (a un anno dall'invasione) a Kiev. Del resto, l'attenzione di Zelensky è rivolta a Parigi e Berlino proprio perché sono le capitali che si sono dimostrate più "tiepide" verso l'Ucraina e la lotta contro l'aggressore. C'è stata una fase della guerra di Putin, in cui Macron ha telefonato quasi quotidianamente allo Zar illudendosi di svolgere una possibile mediazione, senza alcun successo. E Scholz recentemente ha mostrato un'imbarazzante titubanza nel decidere l'invio dei tank all'Ucraina, incalzato dalla Polonia e dai Baltici fino al grande annuncio (con retromarcia). Un'asse fragile, quello tra Parigi e Berlino, ma ostinato. Succube dell'iniziativa americana. E tutt'altro che "europeista".

Ultimo aggiornamento: 11 Febbraio, 08:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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