Ucraina, Kiev accusa: la Russia ci invade. Londra: G7 da noi senza Mosca

Sabato 15 Marzo 2014
Soldato filorusso a Perevalne, in Uraina (foto Vadim Ghirda - Ap)

La tensione alle stelle in Ucraina: Kiev denuncia l'invasione dei soldati di Mosca nel sud-est e si dice pronta a reagire con tutti i mezzi», mentre la Russia ha ribadito oggi con forza di essere pronta a difendere i cittadini pacifici nelle regioni orientali filorusse. Alla vigilia del voto in Crimea sulla secessione da Kiev, Mosca ribadisce: pronti a esaminare richieste di aiuto.

E a poche ore dall'apertura dei seggi per il referendum secessionista della Crimea, bollato come «illegale» da Francois Hollande e Matteo Renzi a Parigi, salta la risoluzione Onu contro la consultazione, con il prevedibile veto russo in Consiglio di sicurezza e l'astensione della Cina. Washington parla di isolamento russo - Mosca ha incassato "solo" l'astensione di Pechino - e avverte a brutto muso: la Russia risponderà delle sue azioni. Le sanzioni di America e Europa sono pronte già per lunedì, mentre Londra - anticipa lo Spiegel - si sarebbe già candidata ad ospitare la riunione del G7, se Mosca dovesse essere espulsa dal G8 con conseguente cancellazione dell'appuntamento di Sochi.

La giornata si è aperta con la conferma dei violenti scontri a Kharkiv (Kharkov in russo), la seconda città più popolosa dell'Ucraina, a due passi dalla frontiera con la Russia: nella notte si sono affrontati i militanti filorussi e quelli di estrema destra lasciando per terra due morti. Poi Kiev ha annunciato che sarà firmata il 21 marzo la parte politica dell'accordo di associazione e libero scambio tra Ucraina e Ue.

La risposta di Mosca a queste due notizie non si è fatta attendere. La Russia riceve «numerosi appelli con la richiesta di difendere i cittadini pacifici» e «li esaminerà», ha tuonato il ministero degli Esteri. Si tratta della stessa linea seguita qualche tempo fa sulla Crimea all'inizio della crisi ucraina, «difenderemo i nostri interessi e i russi nella regione». Il tam tam di allerta, a metà strada tra la propaganda e il terrore dell'altro, è risuonato in tutte le regioni filorusse oggi.

Proprio da Kharkhiv sarebbero in arrivo a Donetsk e Lugansk - altre due regioni orientali - temibili militanti

armati di "Settore di destra", l'organizzazione parafascista ucraina protagonista della rivolta di Maidan. In questo clima arroventato, poco dopo le 17, Kiev ha denunciato l'invasione di truppe russe nelle regione di Kherson, che si staglia a nord, poco oltre la frontiera di Armiansk. Kiev ha minacciato di rispondere con «tutti i mezzi» e ha chiesto «il ritiro immediato».

Mosca tace: è chiaro che se i tank dell'Armata rossa dovessero realmente marciare dalla Crimea verso nord sarebbe complicato per i militari ucraini fermare l'avanzata. Un foto nitida è quella del comando della Marina ucraina a Simferopoli: la base è circondata da militari. La bandiera celeste e gialla di Kiev sventola ancora, un centinaio di soldati fedeli a Kiev rifiuta di ammainarla e consegnare le armi.

Poco distante lo stemma della Crimea, un grifone, campeggia sul palazzo del Parlamento: le insegne di Kiev «sono state abbattute dal vento», dice ridendo un ufficiale cosacco a guardia dell'edificio, dove sventola una gigantesca bandiera russa. In città è andata in scena anche una manifestazione di filo-Kiev, quasi tutte donne, una delle tante di questi giorni. Ma è durata giusto un paio d'ore.

Lungo le arterie che collegano la capitale della Crimea con Sebastopoli, dove ha sede la Flotta russa del Mar Nero, sfrecciano auto e camion: una colonna, almeno dieci mezzi, trasporta enormi gruppi elettrogeni. Ai checkpoint i militari russi, anche senza insegne sono chiaramente riconoscibili, controllano i passaporti. È la prima volta. Sorridono, e con la loro presa d'acciaio stringono le mani per salutare i cronisti stranieri. A Sebastopoli sono nelle strade, davanti agli hotel. La luna illumina la città bianca e neoclassica. La guerra sembra lontana.

Manifestazione per la pace a Mosca. Si è conclusa con un comizio in corso Sakharov, dopo una 'marcia' partita da piazza Pushkin, la manifestazione pacifista contro l'annessione della Crimea alla Russia. Sul palco, tra gli altri anche le due Pussy Riot Nadia Tolokonnikova e Maria Aliokhina, l'ex premier Boris Nemtsov e il deputato Dmitri Gudkov. Presente anche la rockstar Andrei Makarevich. Secondo le stime della polizia, solo 3000 persone, contro le 15 mila attribuite alla contromanifestazione degli attivisti filo Putin in piazza della rivoluzione. Per gli organizzatori, invece, il raduno dell'opposizione ha raccolto oltre 50 mila partecipanti. Forse erano un po' meno ma, al di là dei numeri - che sono comunque lusinghieri tenendo conto del basso tasso di partecipazione della popolazione russa alle manifestazioni e del fatto che l'opposizione è stata decapitata dei suoi leader (Navalni e Udaltsov sono agli arresti domiciliari - il corteo ha fatto rivivere l'atmosfera delle protesta di piazza anti Putin del 2011, facendo tornare a sfilare persone di tutte le età ed estrazioni: anziani, giovani, professionisti, famiglie con bambini studenti.

Rapito e liberato un sacerdote Un sacerdote cattolico di rito orientale è stato prelevato dalla sua chiesa in Crimea da milizie filorusse. Per alcune ore è stato rapito senza poter dare notizie ma alla fine è stato liberato dalla polizia. È il sacerdote greco-cattolico padre Mykola Kvych, parroco della chiesa della Dormizione della Vergine a Sebastopoli e cappellano della Marina.

A dare la notizia, che è emblematica del clima di tensione che si respira in queste ore in Crimea, era stato un sito di informazione religiosa ucraino ma la conferma era arrivata anche ai microfoni di Radio Vaticana dal vescovo Gudziak Borys, l'eparca della chiesa greco-cattolica ucraina, che aveva espresso «profonda preoccupazione» per quanto accaduto e in generale per il clima che si è creato nella regione.

A informare della liberazione di padre Kvych è stata la polizia di Sebastopoli, riferendo di aver trovato, nel corso della perquisizione dell'appartamento del presule, alcuni giubbotti anti-proiettile. La chiesa locale fin dai primi giorni delle proteste di piazza Maidan a Kiev è sempre stata vicino ai manifestanti e ha espresso in varie occasioni la propria contrarietà ad una annessione della Crimea alla Russia.

Durante i giorni della protesta le chiese cristiane, cattoliche e ortodosse, erano rimaste abbastanza unite. Ma a fronte della nuova situazione che si sta creando nella regione sul Mar Nero ora i rapporti sembrano più complicati. Almeno a giudicare dalle parole usate dal vescovo Borys che, rivolgendosi alle autorità della Chiesa ortodossa russa, aveva rimarcato come «direttamente o indirettamente» appoggiassero l'occupazione della Crimea. «Ora facciano tutto il possibile - aveva aggiunto - perchè padre Kvych venga rilasciato e per fermare la persecuzione dei sacerdoti cattolici e dei fedeli cattolici su questa penisola».

Negli scorsi giorni sacerdoti ucraini greco-cattolici, tra i quali proprio padre Kvych, hanno ricevuto minacce - riferisce Radio Vaticana - e pressioni per lasciare la Crimea. Molti di loro però hanno scelto di rimanere. «I nostri sacerdoti e vescovi sono stati molto vicini alla gente», afferma il vescovo Borys, ispirati anche dalle parole di Papa Francesco «che ha detto che il pastore deve avere l'odore delle sue pecore. E i nostri pastori sono stati con la gente e continuano a stare con loro anche durante questa occupazione in Crimea».

Ultimo aggiornamento: 16 Marzo, 10:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci