Ucraina, infiltrati dietro le lineea Kharkiv: «Noi scoviamo i russi, poi ci pensa l’artiglieria»

Ex combattenti del Donbass e volontari in missione per individuare i bersagli. Tra loro anche paramilitari lituani. «Fratelli contro l’aggressore di Mosca»

Domenica 27 Marzo 2022 di Cristiano Tinazzi
Ucraina, infiltrati dietro le lineea Kharkiv: «Noi scoviamo i russi, poi ci pensa l’artiglieria»
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Al confine con la Russia, nei pressi della città di Kharkiv un gruppo di persone sta operando dietro le linee nemiche.

Il loro compito è quello di fare da osservatori, indicare le posizioni dei russi e far aprire il fuoco contro di loro dall’artiglieria ucraina. La loro ultima missione è durata cinque giorni. Quando rientrano, uno degli uomini porta con sé un sacchetto nero. Dentro, un trofeo di guerra: un copricapo di un soldato russo ucciso in combattimento. «Vuoi sentire il suo odore? È ancora forte, glielo abbiamo preso ventiquattro ore dopo che è morto, quando siamo andati sul posto dopo che l’artiglieria li ha spazzati via. Erano due camion. Sei di loro sono completamente bruciati. Di alcuni solo le gambe erano rimaste intatte», racconta.

Uniti contro i russi

Sono ucraini, alcuni ex combattenti nella guerra del Donbass. Altri sono invece sono stranieri: lituani venuti a combattere per sostenere i loro fratelli contro l’aggressore russo. Mantas e Rojus, poco più di trent’anni, vogliono spiegare perché hanno deciso di rischiare la loro vita qui in Ucraina. «Vengo da Kaunas ma ultimamente ho vissuto più di un anno in Danimarca. Sono appena stato nella riserva militare lituana per addestrarmi. Mi ricordo che parlavamo tra di noi su come aiutare la popolazione ucraina, e quando ho finito il mio periodo di addestramento ho pensato che forse era il caso di fare qualcosa di concreto».
Rojus, ha servito nell’esercito lituano per sette anni. «Ero tornato da poco alla vita civile ed è scoppiata la guerra. Ho pensato che venire qui fosse una buona opportunità perché siamo fratelli contro i russi, Non è una questione superficiale, oggi sta toccando a loro ma domani potrebbe essere il nostro turno». Rojus è un gigante di oltre due metri. Mantas è più piccolo rispetto a lui, solo un metro e ottanta. Capire perché hanno rischiato la loro vita in Ucraina non è difficile. Per loro questa guerra è una lotta per la libertà e per la democrazia e per non finire più sotto il giogo dei russi. «Ero veramente preoccupato. Ho poi incontrato altre persone e abbiamo formato un gruppo», dice Rojas, che ha lasciato a casa una fidanzata. 

 

Volontari stranieri

Insieme a Mantas e agli altri, hanno comprato elmetti, giubbotti antiproiettile e raccolto soldi per portare aiuti come kit medici di primo soccorso di tipo militare. Poi hanno fatto tutta la documentazione per entrare regolarmente nel paese, e raggiunto i militari ucraini per arruolarsi come volontari stranieri. Non hanno con sé le armi, sanno che gliele daranno quando avranno varcato il confine e che dovranno riconsegnarle quando avranno finito la loro missione. «Quando siamo entrati nel paese per raggiungere Dnipro abbiamo attraversato decine di checkpoint e non eravamo ancora armati ed è stato preoccupante muoversi. C’era tensione, soprattutto perché eravamo stranieri e c’erano situazioni nelle quali qualcuno di diceva di passare e altri invece ci puntavano le armi addosso. Poi siamo arrivati qui e tramite un nostro contatto».
«Ho due figlie piccole - racconta Rojus - Quando sono partito ho detto loro che andavo ad aiutare altri bambini. È stata una decisione difficile per me perché sapevo che potevo morire. Non l’ho fatto per soldi ma per difendere gente innocente da questa invasione senza senso dovuta all’ambizione di Mosca».

Spiare i nemici

Un compito rischioso il loro, quello di operare dietro le linee nemiche russe e raccogliere quante più informazioni possibili. «Siamo arrivati fino al confine, dall’altra parte vedevamo e luci delle loro città. Ci siamo mossi tra villaggi completamente distrutti e cadaveri ovunque. Sono dei criminali di guerra i russi. Sparavano ad alzo zero con i carri armati su abitazioni civili. Abbiamo visto un contadino spazzato via da un colpo di cannone insieme alla sua casa. Completamente spappolato. Da ex soldato non riesco neanche a immaginare come si possa essere degli animali del genere, senza nessun rispetto per le convenzioni internazionali. E’ una lotta del bene contro il male questa e noi siamo venuti qui per difendere non soltanto loro, ma le nostre famiglie, le nostre donne e le nostre case».

Una birra e un po' di riposo

Il gruppo è riunito intorno a un tavolo, è il momento di riposarsi e di bere una birra. Hanno operato con un drone e sono riusciti anche a dirigere l’artiglieria da 120 contro una base russa. «Carne da cannone. Non mi interessa se sono ragazzi o adulti. Dall’altra parte del confine lo sono, ma quando passano in Ucraina per ucciderci, allora non c’è età. Devono essere tutti eliminati», dice un ucraino. 
Mantas e Rojus a breve torneranno a casa. Sono quasi morti durante la loro missione, un Grad è esploso a pochi metri da loro mentre erano in macchina. C’era un avvallamento e le schegge sono passate sopra di loro. «Dio ci ha protetto, ma sapevamo che poteva succedere. Ora dobbiamo tornare a casa e raccontare agli altri cosa abbiamo visto». Mantas non tornerà più qui, ha capito che la guerra è una cosa tremenda e non fa per lui ma allo stesso tempo gli ha permesso di capire quali cose sono le priorità nella sua vita. 

«Russi senza umanità»

Rojus invece deve occuparsi della moglie e delle sue bambine, non possono sopravvivere economicamente senza di lui. «Quello che abbiamo, la violenza dei soldati di Mosca e la loro mancanza di umanità la racconteremo a tutti: molti ancora non credono a quello che sta avvenendo in Ucraina, sono vittime della propaganda russa. Stiamo già organizzando insieme a molte altre persone una catena di aiuti per i nostri fratelli ucraini. «Siamo tutti fratelli europei e ci difenderemo fino alla fine dagli orchi russi».

Ultimo aggiornamento: 14:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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