Turchia, quei neonati più forti del terremoto: «Non fatemi l'iniezione». I miracoli e le paure dei piccoli sopravvissuti

Yavuz, 3 anni, ritrovato tra le macerie dopo quasi sei giorni: «Ci ha sorriso»

Lunedì 13 Febbraio 2023 di Mauro Evangelisti
Turchia, quei neonati più forti del terremoto: «Non fatemi l'iniezione». I miracoli e le paure dei piccoli sopravvissuti

Yavuz Canbaz non ha ancora compiuto tre anni. Per 159 ore è rimasto prigioniero del buio, delle pietre, della polvere e della solitudine. Sotto le macerie di un palazzo polverizzato dal sisma nel distretto di Onikisubat. La prima potente scossa c'è stata nelle prime ore di lunedì, ieri era domenica e un gruppo di soccorritori lo ha trovato.

Vivo. «Quando l'abbiamo liberato era ricoperto di polvere, ma rideva» raccontano commossi. Il piccolo ha un giacchetto verde e i pantaloni del pigiama blu, in effetti sul viso appare un sorriso e per qualche secondo gioca con la mascherina del soccorritore che lo sta tenendo in braccio. «Gli angeli ci hanno aiutato». Quattordici ore prima, nel diretto di Adiyaman, una ragazzina di 13 anni, Hanim, aveva invece strappato un sorriso a chi per lunghissimo tempo aveva scavato per tirarla fuori. La sua prima frase: «Grazie, però per favore non fatemi delle punture».

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SPERANZA
Ciò che sta vivendo la Turchia, giorno dopo giorno, è uno strano rituale: al di là delle difficoltà e delle incertezze dei soccorsi, i media seguono in diretta decine e decine di operazioni di recupero. Tv e siti fanno una cronaca caratterizzata dal numero di ore - 78, 128, 158 - trascorse da quando c'è stata la scossa a quando viene salvata una persona, molto spesso bambini, anche neonati. Tutto in diretta, se non ci sono le telecamere, ecco gli smartphone: è una sorta di "Vermicino turca" con le tecnologie attuali, ma moltiplicata per mille. Sembra un miracolo che nessuno poteva prevedere: anche ieri a 150-160 ore dalla scossa ci sono stati numerosi salvataggi. A volte tornano alla luce dei neonati o bimbi di pochi mesi. Vivi. C'è una riflessione amara che un soccorritore arrivato dall'estero fa a microfono spento: nelle aree colpite dal sisma ci sono diverse migliaia di palazzi, condomini anche di molti piani, crollati.

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La mobilitazione è massiccia, ma per quanto si scavi senza sosta, su dieci edifici distrutti sono uno o due quelli in cui, statisticamente, si riesce a cercare in modo efficace. Detto ancora in modo più brutale: «Per ogni bambino, ma anche adulto, che vediamo uscire vivo, ce ne sono molti altri che sono morti o che stanno morendo proprio ora sotto le macerie». Secondo gli esperti, scrive The Guardian, la percentuale di sopravvivenza a cinque giorni da un sisma è del 6 per cento. Vero, ma ciò che conta in questo tipo di operazione è salvare più vite possibile. Il ministro della Salute, Fahrettin Koka, ieri ha condiviso il video di una bimba di cinque anni, recuperata dai Vigili del fuoco nella provincia di Hatay dopo 150 ore. Più tardi, 156esima ora, a Gaziantep, le squadre hanno sentito un suono provenire dalle macerie, hanno tirato fuori, ancora vivo, Seminh, 9 anni che ha scherzato quando i suoi salvatori gli hanno chiesto cosa volesse ora: «Voglio comprare un telefono nuovo». 160esima ora: in un edificio di Antakya le squadre dei soccorritori salvano Medha, 50 anni, e la figlia Lena, di 11. E poi i più piccoli: dopo 128 ore recuperato un bimbo di appena due mesi ad Hatay, protagonista di una immagine simbolo grazie ai suoi occhioni azzurri. Ieri il Ministero della Salute ha diffuso un video dall'ospedale: il piccolo mangia come un lupo. A 140 ore dal sisma dalle macerie ecco un bimbo di 7 mesi, in buona salute.

 


RICORDI
Purtroppo, non va sempre bene: l'altro giorno il team di soccorritori ungheresi ha diffuso un toccante messaggio. Per 36 ore hanno combattuto, scavando con tutte le loro forze tra i resti di un palazzo dove avevano individuato una famiglia. Purtroppo c'erano solo morti, ad eccezione di un quindicenne, Alì, che era sì ancora vivo, ma bloccato perché aveva le gambe schiacciate da tonnellate di detriti. Raccontano nella loro pagina Facebook (Pest Megyei Kutató-Ment Szolgálat): «Abbiamo cercato di salvare il ragazzo scavando da quattro direzioni. Abbiamo comunicato con Alì, lo abbiamo calmato. Abbiamo scherzato con lui, tenuto la sua mano, lo abbiamo fatto bere e incoraggiato. Durante l'operazione, l'amputazione delle gambe di Ali sembrava l'ultima possibilità per liberarlo. Abbiamo chiamato i medici dell'equipe olandese, ma lo spazio era troppo stretto, non è stato possibile intervenire neppure in quel modo. Ali alla fine si è addormentato per sempre. Non siamo riusciti a salvarlo. Alì, non ti dimenticheremo mai».
 

Ultimo aggiornamento: 17:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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