Elezioni Spagna, l'ultradestra blocca Sanchez: il futuro dipende da catalani e popolari

Lunedì 11 Novembre 2019 di Elena Marisol Brandolini
Elezioni Spagna, l'ultradestra blocca Sanchez: il futuro dipende da catalani e popolari
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I risultati delle urne hanno confermato il vantaggio in seggi del blocco progressista formato dal Psoe, Unidas Podemos e Más País rispetto a quello conservatore composto dal PP, Ciudadanos e Vox. Entrambi gli schieramenti, però, totalizzano un numero di seggi inferiore alla maggioranza assoluta e ciò esclude la possibilità di accordi di governo autosufficienti all'interno di ciascuno di essi.

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DUE IPOTESI
In questo quadro, dunque, le uniche possibilità per un governo guidato da Pedro Sánchez si riducono sostanzialmente a due. La prima è la ripetizione dell'alleanza tra Psoe, Podemos e i partiti indipendentisti e nazionalisti catalani e baschi, che il 1 giugno del 2018 vinse la mozione di sfiducia contro Mariano Rajoy, portando Pedro Sánchez alla Moncloa. Questa maggioranza però è ora più difficile da ricomporre rispetto ad allora per varie ragioni. In primo luogo, perché Unidas Podemos non sembrerebbe accontentarsi di sostenere il governo socialista dall'esterno e, a meno che nel Psoe non si riapra la possibilità di una coalizione di governo con tutte le sinistre, la situazione di blocco potrebbe ripetersi come nella scorsa estate. Questa ipotesi, dunque, dipende essenzialmente dalla volontà di Sánchez o di Pablo Iglesias, leader di Podemos, di accettare ora quello che era sembrato impossibile nei mesi precedenti. Ieri sera, a questo proposito, Iglesias riproponeva il governo di coalizione «come unica ricetta per mettere freno all'ascesa dell'estrema destra». Mentre Sánchez, davanti alla sede madrilena del partito in Calle Ferraz, rivendicava la terza vittoria elettorale in sei mesi e assicurava che «il nostro obiettivo è fare un governo progressista guidato dal Psoe».

DOPO LA SENTENZA
L'ipotesi di riproporre la maggioranza della mozione di sfiducia appare complicata anche dal cambiamento che hanno subito nel frattempo i rapporti tra Sánchez e i partiti indipendentisti rispetto ad allora. La sentenza del Tribunal Supremo che condanna a pene altissime i leader dell'autunno catalano del 2017, ha scatenato in Catalogna una mobilitazione permanente del movimento indipendentista, e più in generale del movimento democratico. La risposta del governo Sánchez è stata quella d'inviare migliaia di effettivi delle polizie spagnole a presidiare il territorio catalano, dichiarare la condivisione del verdetto della giustizia spagnola, escludere possibili indulti in prospettiva e annunciare il ripristino all'interno del codice penale del referendum illegale. In questo momento, perciò, nonostante Esquerra Republicana mostri una maggiore disponibilità di Junts per Catalunya e della Candidatura d'Unitat Popular a non ostacolare una eventuale candidatura di Sánchez a presidente, l'ipotesi anche solo di un'astensione dei partiti indipendentisti con un governo guidato dal leader socialista, in cambio di nulla, come fu un anno e mezzo fa, non sembra molto probabile.

L'ALTRO SCENARIO
Il secondo scenario, che potrebbe acquistare consistenza alla luce dei risultati e della campagna elettorale socialista che ha lanciato più di un messaggio in questa direzione, è quella di un qualche patto tra i due principali partiti, Psoe e PP, in una riedizione del bipartitismo, in nome dell'unità della patria di fronte alla sfida catalana e della tenuta dell'economia spagnola davanti alle nuove avvisaglie di recessione.

D'altronde è già successo qualcosa del genere nel 2016, a parti inverse, dopo la prima ripetizione elettorale, quando il Psoe si astenne sul governo Rajoy. Ma il leader popolare Pablo Casado ha già mostrato di non essere disponibile a questa soluzione, con l'ascesa di Vox così imponente alla sua destra.

Ultimo aggiornamento: 15:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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