Pedofilia, la battaglia della Chiesa in Francia, in pericolo il segreto della confessione

Venerdì 8 Ottobre 2021 di Franca Giansoldati
Pedofilia, la battaglia della Chiesa in Francia, in pericolo il segreto della confessione

Città del Vaticano – La pubblicazione del raccapricciante rapporto sulla pedofilia in Francia che ha portato a conoscenza dell'opinione pubblica di come nell'arco di 70 anni ci siano state quasi 300 mila vittime e un numero oscillante di preti seriali tra i 2900 e i 3000, fa riaffiorare l'esplosiva questione – ormai inevitabile – del segreto della confessione.

Un tema tabù sul quale avanza in diverse nazioni la spinta politica a non ammetterlo più, a non tollerarlo né a comprenderlo, davanti alla conoscenza di reati gravi. Eppure il segreto della confessione resta per la Chiesa fondamentale: infrangere il sigillo sacramentale è un atto talmente grave da dover incorrere nella scomunica latae sententiae.

In questi giorni il presidente della conferenza episcopale francese, Eric de Moulins-Beaufort ha accettato di incontrarsi con il Ministro dell’Interno, Gerald Darmanin, dopo che quest’ultimo lo aveva convocato per avere spiegazioni plausibili sulla posizione espressa alla stampa a proposito del segreto della confessione. 

All’indomani della pubblicazione del rapporto Sauvé sulla criminalità pedofila all’interno della Chiesa cattolica, l'arcivescovo aveva ripetuto che «il segreto della confessione ci viene richiesto dalla Chiesa e in questo senso è più forte delle leggi della Repubblica».  

L'arcivescovo ha anche aggiunto che il segreto della confessione, imposto ai sacerdoti dal diritto canonico, non è del tutto contrario al diritto penale francese, come sottolinea una circolare statale dell’11 agosto 2004. «La confessione è anche un momento durante il quale una vittima, per esempio un bambino, può parlare di ciò che ha sofferto, ed essere rassicurata sulla sua innocenza… perché la certezza del segreto gli permette di consegnare ciò che per lui è più difficile. Questo tempo poi può essere, per incoraggiamento del sacerdote che riceve questa confessione, un primo passo per la liberazione della Parola, fuori dal sacramento. Il segreto della confessione è sempre stato rispettato dalla Repubblica francese. È compito della Repubblica francese rispettare in questo modo la dignità della coscienza di ogni persona» ha aggiunto l'arcivescovo.

Di fatto sul tavolo resta la grande questione: può un ministro di culto rompere il sigillo sacramentale se viene a conoscenza di un prete che ha abusato di un bambino per denunciarlo alla polizia o alle autorità ecclesiastiche?

L’abolizione del segreto confessionale è una ipotesi che avanza implacabilmente, in diversi Paesi, nonostante la forte opposizione degli episcopati. Secondo una sempre più nutrita schiera di giuristi, questa misura aiuterebbe a combattere la piaga della pedofilia nella Chiesa.  La prima nazione che ha aperto il dibattito a livello nazionale è stata l’Australia dopo la pubblicazione di uno sconvolgente report – alcuni anni fa - dal quale ra emerso che il 7% dei preti sono stati accusati di molestie. Per questo la Royal Commission aveva chiesto di riformare il sistema penale per tutelare meglio le vittime, specie quelle minorenni. I vescovi australiani si erano opposti all’ipotesi di abolire il sigillo sacramentale per denunciare eventuali casi di abusi appresi in confessionale. 

La battaglia contro la pedofilia rischia, dunque, di modificare per sempre l’obbligo di conservazione del segreto assoluto delle verità apprese in confessionale. I vescovi australiani si erano difesi dicendo che si tratterebbe di imporre una pratica totalmente «contraria» alla fede cattolica, come pure alla «libertà religiosa». Principio, questo, riconosciuto dalla legge del Paese. L’arcivescovo di Brisbane Mark Coleridge, aveva parlato di una «intrusione dello Stato nel dominio del sacro».

Il secondo Paese nel quale si era aperto lo scontro è il Belgio. Anche in questo caso i i vescovi belgi, in un comunicato, erano intervenuti sul caso di un prete condannato dal Tribunale di Bruges ad un mese di prigione con sospensione della pena per mancata assistenza a una persona in pericolo. La Corte penale lo aveva ritenuto colpevole per non aver chiesto soccorsi subito dopo aver raccolto al telefono la confidenza di un uomo che voleva suicidarsi. Per il Tribunale, la segretezza della confessione può essere paragonata al segreto professionale, in quanto «è dovere di tutti dare assistenza agli altri». La Conferenza episcopale belga aveva reagito precisando quali erano le sostanziali differenze tra il segreto professionale e la segretezza della confessione, intesa come sacramento di riconciliazione, a cui sono tenuti soltanto sacerdoti e vescovi. Il segreto professionale è invece più ampio e comprende preti, diaconi, religiosi e laici qualora, nel loro ruolo pastorale, possano incorrere in conversazioni private in cui le persone parlano di questioni esistenziali.

«Secondo il Codice di Diritto canonico -avevano spiegato i vescovi del Belgio - il segreto della confessione è inviolabile. Il Codice di Diritto Canonico non prevede eccezioni all’inviolabilità della segretezza della confessione. Ciò significa che un prete non può in alcun modo rivelare informazioni su un penitente e sulla sua confessione». E ciò si applica anche in rapporto alle autorità civili e a quelle dei magistrati. Ciò non impedisce naturalmente che la segretezza della confessione possa diventare «un pretesto per prendere misure preventive. Un prete può sempre esortare un autore di abusi sessuali a comparire davanti ad un tribunale ma senza rompere il sigillo del sacramento e andare a denunciare direttamente il fatto alla polizia.

Nel 2012 anche la Cei aveva presentato un documento intitolato «Linee guida per i casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici». In questo documento i vescovi  affermavano di essere esonerati dall'obbligo di deporre in un tribunale italiano o di esibire agli inquirenti italiani documenti in merito a quanto conosciuto o detenuto per ragioni del proprio ministero, e  di non avere l'obbligo giuridico di denunciare all'autorità giudiziaria le notizie ottenute in confessionale  in merito ad abusi sessuali da parte del clero. La questione da un punto strettamente giuridico si basa  sul quarto comma dell'articolo 4 del Concordato del 1984, sia degli articoli 200 e 256 del Codice di Procedura Penale italiano, che dice che ogni vescovo può rifiutarsi di testimoniare in un processo penale così come ogni sacerdote può farlo appellandosi al segreto derivante dal proprio ministero.

In Italia il deputato grillino Mantero quattro anni fa aveva presentato in Parlamento una interrogazione per sapere quali fossero gli elementi statistici di cui dispone il Governo «sui procedimenti, definiti e ancora pendenti, nelle procure della Repubblica per reati sessuali contro minori, che vedono indagati o imputati ministri di culto». Inoltre chiedeva quali iniziative intendesse assumere il Governo «nell’ambito dei rapporti bilaterali con la Santa Sede, per promuovere il rafforzamento dello scambio di informazioni ovvero per introdurre strumenti di cooperazione finalizzati alla prevenzione e repressione dei reati di molestie e abusi sessuali perpetrati da ministri di culto in Italia».

 

Ultimo aggiornamento: 9 Ottobre, 09:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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