Catalogna, strappo nel caos. Martedì lo sciopero generale

Domenica 1 Ottobre 2017
Catalogna, strappo nel caos. Martedì lo sciopero generale
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dal nostro inviato
BARCELLONA -
Fuochi d'artificio, inno, caroselli, bandiere: una piazza Catalogna piena ascolta, alle 22.30, il presidente Carles Puigdemont proclamare l'indipendenza, la secessione dalla Spagna.

Più correttamente, sulla base dell'esito di un referendum di fatto svoltosi senza garanzie e con una buona parte di urne sequestrate dalla polizia spagnola, Puigdemont, insieme a tutti i rappresentanti del suo governo, spiega parlando dal palazzo della Generalitat, ma con il video rilanciato sul maxi schermo della piazza: «La Catalogna ha guadagnato il diritto di essere uno stato indipendente. 
 
 

Non siamo più un problema interno, l'Europa non può guardare dall'altra parte. Nei prossimi giorni porterò al parlamento della Catalogna i risultati di oggi (i primi dati davano il sì all'87% con tre milioni di cittadini mobilitati, ma sono dati che non si possono verificare) per attuare quanto previsto dalla legge sul referendum».

IL PROCESSO
Significa avvio del processo che deve portare all'indipendenza, tenendo conto che per domani è prevista una grande giornata di mobilitazione e uno sciopero generale. Ora si aprono scenari imprevedibili: il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy, parlando due ore prima per difendere le azioni molto dure della polizia ai seggi, si era detto ancora pronto al dialogo. Ma Puigdemont tira dritto e ora potrebbe succedere di tutto, una reazione molto forte del governo centrale, con l'intervento dell'esercito e l'arresto del leader catalano. Ipotesi più praticabile: il parlamento spagnolo vota la destituzione di Puidgemont, di fatto commissaria la Catalogna. Tutto era cominciato nella notte tra sabato e domenica, prima del referendum. «Paura? Io non ho paura, che potrà succedere, ci picchieranno? Lo facciano, ma a Madrid non capiscono alla fine l'indipendenza arriverà» spiegava Lluís, un pensionato che all'alba stava occupando una delle scuole di Eixample per consentire il referendum per l'indipendenza della Catalogna che il tribunale supremo spagnolo ha giudicato illegale. L'immagine della festa delle scuole occupate da decine di migliaia di persone, molte in fila sotto la pioggia fin dalle 4 del mattino, si trasforma in qualcosa di molto più cruento e inquietante poche ore dopo: Barcellona, la città della libertà, offre davvero scene da paese occupato come sostengono i più radicali degli indipendentisti. sedute per terra per difendere il seggio, fra cui molti anziani, usando anche i lacrimogeni.



LA DIFESA PASSIVA
Elicottero in cielo, viene percorsa da decine di camionette della polizia nacional e della guardia civil mandate da Madrid, accompagnate dalle urla e dagli insulti della gente; gli agenti in tenuta anti sommossa, scudi, manganelli, perfino martelli, affrontano centinaia di persone normali che fanno difesa passiva di fronte ai seggi per evitare che gli agenti portino via le urne. Cantano l'inno catalano con le mani alzate, cantano La Estaca di Lluís Llach, sembra un film di Ken Loach, mentre polizia e guardia civil colpiscono donne e anziani, in alcuni casi le fanno cadere dalle scale, in altri li scalciano, arrivano perfino a caricare i vigili del fuoco in un piccolo paese, a sparare proiettili di gomma, mentre i cittadini di Barcellona con le mani in alto urlano «voteremo», «non abbiamo paura, siamo gente di pace». 

LA PROVA VIDEO
Finisce con almeno 844 feriti, due gravi (uno è stato operato a un occhio perché colpito da un proiettile di gomma, l'altro ha avuto un infarto dopo la carica della polizia). Per il governo spagnolo è un disastro mediatico internazionale, perché forse chi ha mandato gli agenti a cercare le urne non aveva calcolato che usare la forza contro persone inermi, contro cittadini normali non estremisti in un'epoca in cui qualsiasi smartphone può fare riprese, è un suicidio comunicativo. In poche ore decine di video sugli eccessi di polizia nazionale e guardia civil fanno il giro della rete, rimbalzano in tutto il mondo: dal sindaco di settant'anni di un piccolo paese scaraventato a terra all'anziana ferita alla donna buttata giù per le scale, dalle manganellate inutili contro gli studenti ai gas lacrimogeni. Visi insanguinati, braccia spezzate, urla e paura. Il portavoce della Comunitat catalana, Jordi Turull, alle 18 può parlare di «scandalo internazionale»; il presidente catalano Puigdemont: «Oggi lo stato spagnolo ha perso molto più di quanto già aveva perso. Oggi in Catalogna abbiamo vinto molto più di quello che avevano già vinto». Ora l'attenzione è proprio sulla prossima mossa di Puigdemont, che forzerà la mano per proclamare l'indipendenza, avviando un conflitto pericolosissimo con Madrid. Netta la dichiarazione di Rajoy a fine serata: «Lo Stato di diritto resta forte».

LE REAZIONI
Come si è arrivati alla giornata di follia che per molti ha rappresentato la grande sconfitta del governo spagnolo? Prima immagine: centinaia di scuole, a Barcellona e nei paesi vicini, sono circondate fin dalla notte, malgrado la pioggia intensa, da migliaia di cittadini comuni. Alle 9 ci sono file chilometriche di persone che vogliono votare, ma vista la linea non violenta dei Mossos, intervengono i reparti mobili di policia nacional e guardia civil. L'ordine è portare via le urne. Le persone si schierano davanti alle scuole per evitarlo: a carrer Diputaciò ci riescono, di fronte a mille cittadini con le mani in alto, che cantano l'inno catalano, i reparti mobili, che restano a lungo a fronteggiarsi con la gente per strada, se ne vanno. Da altre parti va diversamente: manganellate, cariche, lacrimogeni e proiettili di gomma. E l'unico risultato è che si ingrossano le fila dei catalani che vogliono votare.

 

Ultimo aggiornamento: 3 Ottobre, 08:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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