Erdogan, il profilo del "sultano" che riconquista la Turchia

Domenica 10 Agosto 2014
Erdogan, il profilo del "sultano" che riconquista la Turchia
Recep Tayyp Erdogan da 12 anni domina incontrastato la politica turca e oggi vola verso la vittoria alle elezioni presidenziali. A 60 anni, l'ex-ragazzino di Kasinpasa - il quartiere popolare di Istanbul dove è cresciuto e di cui spesso si rivendica originario per ricordare ai suoi elettori di essere uno di loro e non uno di ''quellì della elite europea" - l'ex-venditore ambulante poi calciatore riconvertito alla politica ha realizzato il sogno di una vita: entrare nella storia accanto al ''padre della patria'' Mustafa Kemal Ataturk, diventando il primo capo dello stato eletto a suffragio universale, con una concentrazione di poteri degna dei sultani ottomani di cui è grande ammiratore.



Per molti turchi è il ''Sultano'', per i suoi fans ''Il Grande Uomo'', per gli oppositori ''Il Dittatore''. Fino all'anno scorso la sua cavalcata politica è stata perfetta. Nel 1994 Recep Tayyip Erdogan diventa sindaco di Istanbul. È un Erdogan dalla retorica già muscolare. «La democrazia è come un tram - spiega - quando si è arrivati dove si vuole si scende». Nel 2001 fonda il partito islamico Akp, trionfa alle politiche del 2002, diventa primo ministro. Abilmente vara riforme economiche europee, si converte in sostenitore di una adesione all'Ue. Incassa l'appoggio di Bruxelles nello scontro di potere con i generali garanti della laicità dello stato (a decine finiscono in prigione) e vince. Dà il via a una ambiziosa politica estera ''neo-ottomana''.



L'Akp trionfa alle politiche del 2007 e del 2011. L'economia viaggia a ritmi di crescita ''cinesi'', la Turchia è la 17ma potenza economica del mondo, il reddito procapite triplica. Il ''sultano'' Erdogan proclama la nuova grandeur del Paese, prevede di restare al potere almeno fino al 2023, quando si festeggeranno i 100 anni della Repubblica di Mustafa Kemal Ataturk, il solo politico turco che ormai gli fa ombra. Sposa la causa delle primavere arabe, rompe con Israele, flirta con Hamas e i Fratelli Musulmani, entra nell'asse sunnita con Qatar, Egitto e Arabia Saudita, si vede ''grande leader'' del Medio Oriente.



Ma nella primavera 2013 inizia il suo ''annus horribilis''. La sua politica siriana si rivela un boomerang. L'ex amico Bashar al Assad non cade. I gruppi jihadisti aiutati da Ankara dilagano. Finiranno per occupare anche il nord Iraq. Si incrinano i rapporti con Iran, Iraq, Russia e Egitto. Esplode la rivolta di Gezi Park. Milioni di giovani contestano la svolta autoritaria e l'islamizzazione del paese imposte dal premier, rivendicano più democrazia e libertà. E Erdogan ordina una feroce repressione: muoiono otto ragazzi, migliaia i feriti. Il mondo lo condanna. L'immagine del ''sultano'' si offusca.



Il 17 dicembre esplode la tangentopoli turca.
Decine di nomi eccellenti del regime sono coinvolti, con lo stesso Erdogan. Il premier accusa di complotto l'ex-alleato Fetullah Gulen, defenestra centinaia di magistrati e migliaia di poliziotti, insabbia le inchieste. Rafforza il controllo dei media, promuove leggi liberticide per controllare la giustizia, imbavagliare internet. Dà più poteri ai servizi segreti. E arriva il 2014: il 30 marzo Erdogan a sorpresa vince le amministrative. E oggi diventa il nuovo presidente: la scalata a Palazzo Cankaya, quello costruito per il primo presidente Ataturk, è conclusa.
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