«Spalla a spalla contro l’egemonia occidentale». In un articolo firmato da Vladimir Putin per il Quotidiano del Popolo cinese, alla vigilia della storica visita di Xi Jinping a Mosca in piena guerra con l’Ucraina e all’indomani del mandato di arresto per lo Zar come criminale di guerra, è compendiata la strategia del nuovo ordine mondiale a guida russo-cinese, anzi sino-russa, con tentacoli nei vari continenti che comprendono alleati come la Siria e l’Iran in Medio Oriente (appena rappacificato con l’Arabia Saudita grazie alla mediazione di Pechino), l’Africa subsahariana e possibilmente il Sudafrica, Venezuela e auspicabilmente Brasile in America latina.
VOTO ALL’ONU
Un assaggio della condiscendenza sulla quale Putin può ancora contare, grazie al patto di ferro con la Cina di Xi, si è avuto nei due voti alle Nazioni Unite sulle risoluzioni di condanna dell’invasione russa in Ucraina. Nella seconda tornata, Paesi che prima si erano astenuti hanno votato contro. E dopo la stretta di mano tra iraniani e sauditi che ha segnato un vero trionfo per la diplomazia cinese, domenica ha creato agitazione nelle cancellerie occidentali anche la visita di Stato del presidente siriano, Bashar al-Assad, negli Emirati Arabi Uniti, salutato da 21 salve di fucili a dimostrazione della fine di un isolamento che durava da dieci anni. La parola d’ordine è il ritorno di Damasco nel mondo arabo a pieno titolo. Senza contare che negli Emirati ancora risiedono militari americani e francesi. Nell’articolo sul principale foglio cinese, le parole di Putin sono musica per le orecchie di Xi.
L’intero Occidente, secondo lo Zar, starebbe scommettendo con il destino di interi Stati e popoli. «La politica americana che si contrappone contemporaneamente a Cina e Russia così come - prosegue Putin - a tutti coloro che non accettano la dittatura degli Stati Uniti, è sempre più arrogante e aggressiva». Una retorica, quella russa, che attraversa i continenti e si fa forte dell’alleanza «senza limiti, fraterna», con Pechino. I media internazionali sottolineano in questi giorni come gli Stati Uniti stiano cercando di recuperare terreno in Africa, continente che avevano abbandonato, a partire dal Ciad, mentre i mercenari russi di Wagner sono già riusciti a estromettere i francesi dalla Repubblica centrafricana e dal Mali. Nell’Africa del Nord, pesa l’arma dei flussi migratori che ripartono e premono sull’altra costa del Mediterraneo, mentre cova sotto la cenere l’anti-occidentalismo degli eredi di Isis e Al-Qaeda. E i tentennamenti del Sudafrica non aiutano la causa americana ed europea. In Medio Oriente, mentre Russia e Cina ridisegnano la mappa del potere mondiale e puntano a una stabilità in salsa anti-yankee, il baluardo occidentale rappresentato da Israele soffre internamente le proteste contro l’annunciata riforma della giustizia di Benjamin Netanyahu.
MEDIAZIONE
Non a caso, il presidente Joe Biden ha telefonato al premier israeliano esprimendogli inquietudine e proponendo di fare da mediatore. «Resta da vedere – è il commento del New York Times – se il confronto tra blocchi si riscalderà ulteriormente, spingendo le tre potenze nucleari sull’orlo della Terza guerra mondiale o semplicemente dando inizio a una Guerra Fredda 2.0». Alexey Maslov, direttore dell’Istituto universitario di Stato di Mosca, prevede un mondo «meno agevole per commerci, cultura e ogni genere di negoziato, per i prossimi 20 o 25 anni».
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