Me Too, è il magnate di Topshop l'uomo dello scandalo britannico

Venerdì 26 Ottobre 2018
Me Too, è il magnate Topshop l'uomo dello scandalo britannico: ora rischia il titolo di "sir"

Ha finalmente un nome il misterioso imprenditore al centro di quello che è stato subito definito «lo scandalo #MeToo britannico». Si tratta di sir Philip Green, magnate della catena di negozi di moda Topshop, un gruppo da 20mila dipendenti, accusato da cinque dipendenti di molestie sessuali ripetute e comportamenti vessatori. A lanciare la storia era stato il Daily Telegraph. Il quotidiano conservatore però non aveva potuto fare il nome di Green, descritto solo come «imprenditore di successo», perché i giudici avevano accolto il ricorso dello stesso Green che chiedeva di mantenere l'anonimato, poiché le dipendenti che lo accusano avevano in precedenza firmato accordi di riservatezza.

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Facendo leva su un antico privilegio parlamentare, l'ex ministro laburista e ora membro della Camera dei Lord, Peter Hain, ha invece rivelato il nome di Green. A spingerlo, ha spiegato Hain in un intervento ai Lords, la richiesta che gli era giunta «da qualcuno intimamente coinvolto nella vicenda di un potente uomo d'affari che sta usando accordi di riservatezza e sostanziose somme di denaro per nascondere la verità su una serie di gravi e ripetute molestie sessuali, insulti razzisti e vessazioni che stanno compulsivamente continuando». La storia è quindi di «interesse pubblico».

Green ha «categoricamente e totalmente negato» qualsiasi notizia che faccia riferimento a suoi eventuali comportamenti fuori dalla legge. Ma la bufera nel Regno Unito imperversa, con media ed esponenti politici che invocano gli venga ora revocato il titolo di sir concesso a suo tempo dalla regina con il cavalierato d'onore. Il tycoon della moda ha quindi rifiutato di commentare i procedimenti in corso o l'intervento di Hain, che ha reso di dominio pubblico il suo nome, con potenziali ripercussioni sugli affari di Topshop.

L'ex ministro laburista ha fatto ricorso all'antico istituto del privilegio parlamentare, che consente ai membri delle due Camere di poter dire all'interno delle mura parlamentari ciò che vogliono, senza essere querelati.

Il dibattito sui media sembra ora essersi spostato non tanto sulla vicenda delle presunte molestie, quanto sull'opportunità o meno di mantenere in vita il privilegio usato da Hain, perché questo metterebbe i parlamentari al di sopra della legge. Come hanno commentato alcuni osservatori, si tratta del classico caso in cui, quando il dito punta alla Luna, c'è chi si mette a fissare il dito.

Ultimo aggiornamento: 13:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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