Marianna Vyscemyrskaora, rapita dopo il parto la donna simbolo dell'ospedale di Mariupol

Riappare in un video la donna della foto simbolo dell’attacco all’ospedale pediatrico di Mariupol. L’intervista sospetta: «I reparti trasformati in una caserma con soldati ucraini affamati»

Sabato 2 Aprile 2022 di Valentina Errante
Sulla pelle di Marianna: rapita dopo il parto per la propaganda russa
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Lo scatto della sua fuga disperata con il pigiama a pois e il pancione del nono mese di gravidanza, durante i bombardamenti sull’ospedale di Mariupol, era diventato il simbolo dell’atroce aggressione russa. Mosca aveva sostenuto che l’immagine fosse falsa e che la donna, un’attrice, avesse un cuscino sotto la maglia per sostenere la campagna di disinformazione ucraina, ma adesso Marianna Vyscemyrskaora, che ha partorito una bambina dopo l’attacco, è diventata strumento della propaganda di Putin.

Secondo il giornale online ucraino Obozrevatel, la donna sarebbe stata rapita dai soldati di Mosca, portata nella Repubblica popolare di Donetsk e costretta a girare un video, in cui nega anche il raid aereo, facendo riferimento solo esplosioni di natura non precisata.

Non ci sono conferme che la ragazza sia stata costretta a parlare dai propagandisti russi, ma la sua storia Telegram, dove racconta cosa è accaduto a Mariupol, nella quale non nomina mai i russi ma dice «loro» e dice che i militari ucraini erano affamati, è stata condivisa, con sottotitoli in inglese, da numerosi account che sostengono l’”operazione speciale”. Sei minuti degli oltre 24 girati, diffusi invece su Youtube. Nell’integrale è un uomo a intervistarla e la donna, in lacrime fa un appello al presidente dell'Ucraina, Zelensky, dicendo che aveva assicurato che avrebbe protetto il suo popolo. 

 


I volontari hanno riferito che inizialmente i parenti di Marianna avevano chiesto di portarla sul territorio controllato dall’Ucraina perché i russi l’avrebbero utilizzata per i loro scopi propagandistici. E la previsione sembra essere stata confermata. 


I MILITARI AFFAMATI

Marianna esordisce dicendo nome e cognome, racconta gli ultimi anni, viveva nel Donetsk, dove ha conosciuto il marito, quindi il trasferimento, prima della pandemia. Poi si definisce apolitica e dice che non era d’accordo con la foto, che ha suscitato così tanto entusiasmo. «Il 9 marzo si è verificata un’esplosione nell’ospedale di maternità - ricorda Marianna - i militari hanno preso il cibo che i mariti preparavano per le loro compagne in attesa di partorire, dicevano che non mangiavano nulla per cinque giorni». Poi aggiunge di non aver autorizzato il fotografo dell’Associated press a scattare le foto diventata un simbolo. Marianne era ancora incinta, il suo reparto era al secondo piano: «È successo il 9 marzo nell’ospedale di Mariupol. Eravamo sdraiati nei reparti, abbiamo visto volare finestre e telai. Non sappiamo come sia successo. Eravamo seduti nei nostri reparti. Alcuni sono riusciti a coprirsi e alcuni no. Dopo l’evento - ricorda - siamo stati portati nel seminterrato, prima i feriti, poi le donne in travaglio con i bambini». Dopo cinque minuti siamo stati portati tutti via. «Sono stata una delle ultime non ho riportato ferite gravi, solo qualche taglio». Allo stesso tempo, Marianne assicura di non aver sentito il suono degli aerei, quindi crede che il bombardamento dell’ospedale di maternità non potesse provenire dal cielo. 


LA FOTO

«Sono venuti l’11 marzo - racconta riferendosi alla foto - e hanno chiesto di rilasciare un’intervista, a cui ho risposto che ero apolitica e non volevo rilasciare interviste. Mi è stato detto che erano anche apolitici, ma hanno pubblicato la mia foto su Internet e ora è iniziato una guerra notizie», ha detto. Parlando ancora di quell’immagine, Mariana ha ribadito di aver chiesto più volte di non essere fotografata e di non aver dato il permesso di pubblicare lo scatto. Tuttavia, un video dell’Associated Press, diffuso poco dopo l’attentato a Mariupol, la donna non protestava apertamente contro le riprese.

Ultimo aggiornamento: 3 Aprile, 09:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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