I loro nomi in codice in seno alla Nation of Islam erano Norman 3X Butler e Thomas 15X Johnson.
La revisione dei fatti
Si apre così la strada ad una revisione dei fatti avvenuti quel maledetto 21 febbraio del 1965, quando tre uomini, tutti afroamericani, aprirono il fuoco contro Malcolm X che aveva appena preso la parola nella Adubon Ballroom di Harlem. Il leader di quel movimento antirazzista al cui interno si erano aperte delle faide spirò davanti a sua moglie incinta e a tre delle sue figlie. Aveva 39 anni. I fatti come ricostruiti nel processo non hanno mai convinto, e nel corso degli anni sono stati contestati da diversi storici. Mille i dubbi e le perplessità che hanno sempre avvolto la vicenda. L'unico a dichiararsi colpevole fu Thomas Hagan, l'afroamericano che sparò i colpi mortali e scarcerato nel 2010. Lo stesso Hagan, non creduto, al processo sostenne come Norman 3X e Thomas 15X, che avevano già dei buoni alibi, non facevano parte della spedizione di morte. Tra le rilevazioni dell'indagine del procuratore di Manhattan quella della presenza nella sala in cui Malcolm X fu assassinato di alcuni agenti sotto copertura. Sono spuntati poi documenti che dimostrano come gli investigatori quel giorno fossero al corrente dei concreti rischi corsi dal leader dei diritti civili, con una telefonata giunta ore prima ad un giornale in cui si diceva che il leader dei diritti civili quel giorno sarebbe stato assassinato.
Il mistero resta
Dunque, resta il mistero su come andarono davvero le cose e sul perché Malcolm X non fu adeguatamente protetto. Intanto delle due persone scagionate solo una può finalmente festeggiare: Norman 3X, uscito di prigione nel 1985, oggi ha 83 anni. Mentre Thomas 15X, dopo essere stato rilasciato nel 1987, è deceduto nel 2009.