Il numero di divorzi registrati in Cina è diminuito di oltre il 70% dall'introduzione del periodo di «ripensamento», obbligatorio da inizio anno.
La legge, già in vigore in diverse parti del Paese, secondo i critici ostacolerebbe le libertà personali ed intrappolerebbe le persone in matrimoni infelici o addirittura violenti. Ma i media statali l'hanno difesa affermando che «assicura la stabilità familiare e l'ordine sociale». In Cina, i divorzi sono costantemente aumentati negli ultimi anni, un pò per la riduzione dello stigma sociale, un pò per la maggiore autonomia delle donne. Secondo la Federazione delle donne cinesi, oltre il 70% dei divorzi è richiesto dalle mogli. Questa situazione è stata un campanello d'allarme per alcuni esponenti politici che temono problemi demografici.
«Il matrimonio e la riproduzione sono strettamente correlati - ha dichiarato Yang Zongtao, funzionario del ministero degli Affari civili - Il calo di matrimoni influenzerà il tasso di natalità, che a sua volta influirà sugli sviluppi economici e sociali. Questo problema dovrebbe essere portato in primo piano», ha aggiunto, assicurando che il ministero «migliorerà le politiche sociali pertinenti e intensificherà gli sforzi di propaganda per guidare il pubblico a stabilire valori positivi su amore, matrimonio e famiglia».