La Cina si corregge: più morti. E ora l'Africa rischia di esplodere

Sabato 18 Aprile 2020 di Anna Guaita
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NEW YORK Ci sono rischi drammatici e immediati per l'Africa: «Nell'ultima settimana i casi confermati di coronavirus sono aumentati del 51% e il numero delle morti accertate del 60%», ha detto il direttore generale dell'Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, che prevede che il continente possa quest'anno contare fino a 300 mila vittime. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità l'Africa potrebbe diventare il prossimo epicentro della pandemia. Si tratta di numeri spaventosi, che vengono mentre la Cina corregge al rialzo il numero dei morti da covid-19. Il governo di Pechino ammette che almeno 1290 persone le cui cause di morte erano state indicate come «polmonite» vanno aggiunte al totale delle vittime del coronavirus. A livello nazionale i morti sono stati 4.632, a Wuhan il 50% in più.

In Gran Bretagna 861 morti in 24 ore. Stati Uniti, oltre 650 mila casi

LA DIFFIDENZA
Nonostante l'annuncio, la diffidenza verso le comunicazioni cinesi si diffonde. Proprio ieri, il presidente francese Emmanuel Macron e il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas hanno espresso sfiducia nei confronti di Pechino: «È chiaro che (in Cina) sono successe cose che non conosciamo. Sta a loro chiarircele» ha detto Macron. L'ipotesi che il virus sia sfuggito a un laboratorio a 12 chilometri dal mercato di Wuhan ha ripreso forza negli ultimi giorni, e gli Usa hanno aperto ieri un'inchiesta formale. La teoria non parla di una manipolazione militare del virus, ma di un semplice banale incidente di incuria da parte dei ricercatori. Fra i sostenitori di questa teoria non ci sono solo Donald Trump e i suoi sostenitori negli Usa, ma anche scienziati del calibro del premio Nobel Luc Montagnier, che nel 1983 scoprì il virus dell'Aids, in contemporanea con l'americano Robert Gallo. La Cina ribatte ancora che nulla di ciò è vero. Peraltro ci sono anche nuove teorie sulla origine del virus, come suggerisce il professor Peter Forster, dei laboratori di genetica di Oxford, secondo il quale l'epidemia sarebbe cominciata altrove in Cina, nel mese di settembre. E negli Usa, l'epidemiologo Anthony Fauci continua a ricordare che c'è «ancora molto che non si conosce».

Intanto però Donald Trump ha una gran fretta di «liberare» gli Stati sotto lockdown. Lo incalza la paura che l'economia Usa possa tracollare come sta succedendo a quella cinese. Ieri la Cina ha confermato gli effetti della crisi rivelando che nel primo trimestre del 2020, il Pil ha registrato un collasso del 9,8% rispetto al trimestre precedente. Era dal 1976 che la Cina non comunicava una contrazione del prodotto interno lordo. Negli Usa però gli scienziati suggeriscono di non rimettere in moto il Paese senza prima aver raggiunto un livello molto più alto di test e di tracciamento dei positivi. Allo stato attuale solo l'1 per cento della popolazione ha ricevuto un test. Se ne fanno 140 mila al giorno, mentre secondo gli esperti ce ne vorrebbero 1 milione al giorno. Trump ha comunque presentato un generico piano per la «liberazione» degli Stati.

I LABORATORI
Un mese fa il presidente aveva promesso l'apertura di migliaia di laboratori per il test gratuito. Ne sono stati approntati solo 8 in tutto il Paese. Gli Stati dunque fanno da soli, e creano alleanze regionali: sei Stati sulla costa est, tre sulla costa ovest e sette nel cuore degli Usa. Intanto, per alleggerire il rischio di contagio nelle carceri, vari Stati hanno liberato i detenuti non pericolosi. Tra questi c'è anche l'avvocato di Trump, Michael Cohen, in prigione con l'accusa di aver violato le leggi del finanziamento elettorale per aver comprato il silenzio di due donne con cui Trump aveva avuto relazioni.
 

Ultimo aggiornamento: 12:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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