Cina, schiaffo al Vaticano: il nuovo vescovo di Shanghai nominato dal partito senza l'ok di Papa Francesco

L'investitura del vescovo sarebbe stata determinata solo dal Partito comunista a cui fa riferimento l'Associazione Patriottica

Martedì 4 Aprile 2023 di Franca Giansoldati
cardinale Pietro Parolin

La Cina avrebbe assestato un altro colpo basso al Vaticano.

La scelta del nuovo vescovo di Shangai, monsignor Shen Bin, non sarebbe stata concordata con la Santa Sede. Secondo Asianews, solitamente molto bene informata sulla situazione cinese, l'investitura del vescovo sarebbe stata determinata solo dal Partito comunista a cui fa riferimento l'Associazione Patriottica, vale a dire la struttura della Chiesa cattolica cinese autorizzata e riconosciuta dal governo.

Rappresentante Usa mette in guardia il Vaticano: «La libertà religiosa dei cattolici in Cina è a rischio»

La designazione quindi ha avuto carattere unilaterale ed è andata avanti anche se alla base non era priva dell’approvazione papale. Un particolare non secondario poiché questo passaggio disattende l'accordo appena rinnovato tra i due stati, generando grande turbamento alla intera comunità cattolica di Shanghai.

In base all’accordo sino-vaticano del 2018, rinnovato nell’ottobre 2020 e nel 2022, la scelta dei nuovi vescovi cinesi dovrebbe essere sempre condivisa e certificata sia dalla Santa Sede che dalle autorità di Pechino. Ma non è la prima volta che continuano ad esserci violazioni all'intesa. A novembre il Vaticano aveva denunciato la violazione da parte delle autorità cinesi nella nomina del vescovo ausiliare della diocesi di Jiangxi. 

Il nuovo vescovo di Shangai Shen, secondo alcune dichiarazioni, avrebbe ribadito che è sua intenzione portare avanti la tradizione di “patriottismo e amore”, che aderirà al principio di indipendenza e auto-amministrazione e che si impegnerà al processo di “sinicizzazione” del cattolicesimo in Cina, secondo le direttive stabilite dal partito.

Arrestato (e rilasciato) il cardinale di Hong Kong: «È colluso con le forze estere», un pessimo segnale per il Vaticano

La scelta della Cina

Sempre  AsiaNews fa sapere che il nuovo vescovo di Shangai è chiacchierato per avere chiesto, in passato, una grossa donazione in denaro quando ha ordinato dei sacerdoti nella diocesi. La sede episcopale di Shanghai era vacante da 10 anni. Da quando il vescovo (riconosciuto dal Vaticano e dal governo, monsignor Ma Daqin), è finito agli arresti domiciliari nel seminario di Sheshan per aver osato contrastare l’Associazione patriottica subito dopo la sua ordinazione episcopale.

Il Vaticano continua a ripetere che l'Accordo bilaterale firmato quattro anni fa e rinnovato l'anno scorso ha fermato la persecuzione nei confronti degli esponenti cattolici che non fanno parte e non vogliono aderire alla Associazione Patriottica. 

Il cardinale Pietro Parolin, artefice dell'Accordo, ha sempre difeso il processo di normalizzazione in corso. Alcuni mesi fa, in una intervista a Vatican News, aveva ripetuto che «la storia insegna che la Santa Sede è spesso pervenuta, nella delicata e importante questione della nomina dei vescovi, a concordare procedure che tenessero in considerazione le condizioni particolari di un Paese, senza però mai venir meno a ciò che per la Chiesa è essenziale e fondamentale, vale a dire la nomina di pastori buoni e valenti. Il procedimento previsto dall’Accordo è stato attentamente ponderato, tenendo conto delle caratteristiche particolari della storia e della società cinese e dei conseguenti sviluppi della Chiesa in Cina. A tale riguardo, non posso non ricordare anche le tante situazioni di travaglio e, a volte, di lacerazione in cui si sono trovate le comunità cattoliche negli ultimi decenni. Pertanto, è parso prudente e saggio tenere conto sia delle esigenze espresse dalle autorità del Paese sia dei bisogni delle comunità cattoliche».

Il Vaticano ha confermato di avere appreso «pochi giorni fa della decisione delle autorità cinesi di trasferire» il vescovo e di aver «appreso dai media dell'avvenuto insediamento questa mattina. Per il momento non abbiamo nulla da dire riguardo alla valutazione della Santa Sede in merito».

 

Cattolici cinesi di nuovo nel mirino di Pechino, in alcune zone devono sostituire Gesù con Mao

Secondo padre Gianni Criveller, missionario del Pime e illustre sinologo, l’intesa sulla nomina dei vescovi resta complicata e sfavorevole per la Chiesa. «L’Accordo viene utilizzato come mezzo di pressione sui sacerdoti. Le meraviglie di quanto avviene nelle comunità cattoliche in Cina non avvengono grazie alla politica religiosa, ma nonostante essa» ha scritto di recente. «Se la Santa Sede rigetta l’accordo, espone i cattolici cinesi a difficoltà e ritorsioni ancora maggiori. Dunque l’accordo costituisce un male minore, atto ad evitare mali maggiori. Purtroppo temo che sia così. Se questo fosse vero, mostrerebbe però che non si tratta di un accordo in buona fede tra due parti diverse, distanti, avversarie persino, ma desiderose di trovare un punto comune. Si tratterebbe di un'intesa in cui una parte si impone e l’altra subisce. Se così fosse, l’accordo avrebbe un esito paradossale, ovvero di rendere la Chiesa non più, ma meno libera».

Ultimo aggiornamento: 21 Aprile, 17:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci