Catalogna: vincono gli indipendentisti
ma per la secessione i voti non bastano

Lunedì 28 Settembre 2015 di Paola Del Vecchio
Catalogna: vincono gli indipendentisti ma per la secessione i voti non bastano
51
MADRID - La Catalogna è andata in massa alle urne, con una partecipazione storica del 77% e in un clima da “sangre e arena”, che lascia la società catalana spaccata in due. Il voto per il Parlamento regionale, trasformato da Artur Mas e dal blocco secessionista in un referendum sull'indipendenza, ha consegnato la vittoria con 62 seggi alla lista “Junts pel si”; seguita con 25 scranni da Ciudadanos, il partito anti-catalanista doc di Albert Rivera, che ha raddoppiato il numero di deputati; e dal Partito socialista, che è riuscito a frenare la caduta annunciata, conservando 16 dei 20 scranni ottenuti alle elezioni del 2012.



La candidatura di Podemos e degli eco-socialisti di Icv, “Catalunya Si es Pot”, si ferma a 11 deputati, meno dei 13 ottenuti tre anni fa dalla sola Icv, pagando l'indeterminatezza di una posizione anti-indipendentista ma a favore del “diritto a decidere” in un referendum legale. A pari merito, con soli 11 dei 19 seggi che aveva nel precedente Parlamento catalano, il Partido Popular, che paga invece la politica del muro contro muro con la Catalogna del premier Mariano Rajoy. Con gli “indignados”, il Pp passa a essere l'ultima forza politica. Unió, il partito catalanista moderato di Duran Lleida, che si era scisso da Ciu perché contrario alla deriva secessionista, resta fuori dalla Camera.



VITTORIA A METÀ

Vittoria in seggi ma non in suffragi, fermi al 48%, per il fronte secessionista, a fronte di una maggioranza sociale rappresentata dal frammentato fronte dei partiti unionisti e quelli che propongono altre strade – riformista o di negoziati – per risolvere la questione catalana. Barcellona e Tarragona hanno fatto la differenza, con un no chiaro e forte alla “disconnessione” dalla Spagna. Ma questo non ha impedito ad Artur Mas di celebrare in toni trionfalistici il risultato. Al Born, fra le grida di «president» e «independencia» del popolo secessionista in festa, il presidente uscente ha dichiarato che il nuovo quadro gli dà «la forza e la legittimità per andare avanti». «Non ci fermeremo. Abbiamo vinto contro tutti contro e questo ci dà un'enorme forza ad andare avanti con questo progetto» indipendentista. Accanto, l'euforico leader di Esquerra Republicana, Oriol Junquera: «Abbiamo una maggioranza più che sufficiente per andare avanti», ha ripetuto.



LA ROAD MAP

La road map prevede una dichiarazione unilaterale di indipendenza in 18 mesi, con la creazione delle “nuove strutture” di Stato per un futuro governo costituente. Chiave sarà l'appoggio della Cup, che pure in campagna ha ripetuto che non voterà l'investitura di Artur Mas alla presidenza, ammettendo che una maggioranza di voti inferiore al 50% sarebbe insufficiente per una dichiarazione unilaterale di indipendenza. Le sue condizioni, con la possibile imposizione di un altro presidente, misureranno la tenuta della coalizione elettorale fra Ciu ed Erc. «La vecchia politica è morta. Noi catalani vogliamo continuare ad essere quello che siamo: spagnoli», ha celebrato il leader di Ciudadanos, Rivera. Come principale partito di opposizione, sarebbe il referente per l'eventuale dialogo con Madrid, che potrebbe essere un eventuale cambio di governo alle elezioni politiche di dicembre. Il tracollo del Pp indica che il premier Mariano Rajoy, arrivato nel 2011 al governo con la maggioranza assoluta, a tre mesi dal rinnovo del suo mandato, ha un grave problema di immagine.



COME LE PRIMARIE

Le elezioni catalane sono lette anche in chiave di primarie, e le manovre per evitare l'investitura di Rajoy a gennaio sono già cominciate in Catalogna. Il leader dei socialisti di Pedro Sanchez, nel sottolineare che il fronte nazionalista «ha perduto il plebiscito, perché c'è una maggioranza di catalani che non vuole l'indipendenza», ha rilevato la necessita di «aprire un tempo di convivenza, dialogo e di riforme nell'intero paese». Un dialogo che, per i socialisti, passerebbe per la Terza Via, per una riforma costituzionale o anche una riedizione dello Statuto di autonomia della Catalogna, sostanzialmente «cassato» nel 2010 dalla Corte Costituzionale, Ma anche un nuovo patto fiscale, che darebbe alla regione la stessa dignità delle autonomie forali dei Paesi Baschi e della Navarra.
Ultimo aggiornamento: 09:21

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci