Campi di “filtrazione” russi e agenti della Sobr, le voci dei sopravvissuti: «Torturati con le scosse elettriche»

Non episodi isolati, ma un'azione sistematica messa a punto dai russi nei territori occupati per ottenere informazioni

Sabato 30 Aprile 2022
Campi di “filtrazione” russi e agenti della Sobr, le voci dei sopravvissuti: «Torturato con le scosse elettriche»

La voce di Viktor sembra venire da un altro mondo. La sua vita è andata in frantumi la mattina del 21 marzo. Quel giorno a Nova Zburivka, piccolo villaggio nell'Oblast di Kherson, occupato fin dai primi giorni dell'invasione, hanno fatto irruzione gli agenti russi della Sobr, Squadra Speciale di reazione rapida, per prelevare quattro uomini.

Uno di loro era lui, starosta di Nova Zburivka. I russi volevano estorcere informazioni, militari soprattutto. Viktor, eletto capo del villaggio per tre volte, era il bersaglio perfetto. «Erano convinti - racconta - che avessi informazioni sui depositi di armi, sui movimenti delle nostre truppe».

È così che è iniziata l'agonia di Viktor, sequestrato, interrogato e torturato per giorni secondo una pratica che passa sotto il nome di «filtrazione». Non episodi isolati, ma un'azione sistematica messa a punto dai russi nei territori occupati per ottenere informazioni e, secondo l'intelligence ucraina, rimpinguare il bottino dei prigionieri di guerra da scambiare con gli ucraini. Viktor ha passato tre giorni in un capannone dismesso e freddo. Un tempo infinito fatto di violenze, minacce, umiliazioni.

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La testimonianza

«Mi hanno picchiato di continuo, puntato la pistola alla tempia. Hanno detto che avrebbero fatto del male a mia moglie e ai miei figli se non avessi collaborato. Ad un certo punto mi hanno fatto spogliare, vedevo il piacere nei loro occhi ubriachi mentre mi costringevano a farlo». È sopravvissuto a stento, Viktor, con una scodella di zuppa al giorno, le notti trascorse all'addiaccio, in piedi «solo dopo - dice - mi hanno fatto dormire su una sedia». Il quarto giorno Viktor ha visto con i suoi occhi gli abissi in cui può spingersi l'essere umano. Uno squadrone di Omon lo ha prelevato e lo ha portato in un altro luogo. «Mi hanno colpito ancora, ma hanno deciso che non era abbastanza. Così hanno preso dei cavi elettrici, li hanno messi sulle gambe e sulle mani e mi hanno gettato dell'acqua addosso».

 

Le torture 

Le scariche elettriche gli hanno attraversato un corpo già devastato. Dopo averlo ridotto quasi in fin di vita, un barlume di pietà ha fermato la mano degli Omon. «Da allora hanno continuato ad interrogarmi, ma non mi hanno più picchiato», racconta Viktor che porta ancora su di sé l'orrore di quei giorni: nove costole rotte e ferite su tutto il corpo. Dieci giorni di ricovero, poi la fuga verso Odessa da un Oblast, quello di Kherson, da cui è difficile scappare. Delle persone prelevate con lui, uno solo, insieme a Viktor, è riuscito a salvarsi. Di uno si sono perse le tracce, l'altro, un ragazzo di ventotto anni con passaporto russo, è stato portato in Crimea. Secondo l'Intelligence Directorate ucraino (Gur) i russi avrebbero condotto «misure di filtrazione su larga scala negli Oblast di Kharkiv, Zaporizhia, Kherson, Mykolaiv, Luhansk e Donetsk».

I centri di detenzione 

L'intenzione, è il ragionamento del Gur, sarebbe di presentare i civili ucraini come prigionieri di guerra durante le celebrazioni della giornata della Vittoria il 9 maggio e darli in pasto così alla propaganda. Aleksandr Danilov, attivista e avvocato della Ukrainian Helsinki Human Rights Union a Kherson, dice di conoscere «personalmente almeno 200 casi di uomini sequestrati». Il copione è sempre lo stesso. «I russi - spiega - hanno delle liste con nomi di funzionari, attivisti filo-ucraini, giornalisti, preti, persone che hanno combattuto nella guerra in Donbass del 2014». Il trattamento riservato a queste persone varia, racconta Aleksandr, forse, azzarda un'ipotesi, «a seconda della posizione ricoperta e della resistenza che oppongono a collaborare con l'occupante. Ci sono stati casi, pochi di mia diretta conoscenza, di pestaggi brutali. Se la violenza non è sufficiente, passano alla pressione psicologica», racconta. Di una cosa è certo: esistono «centri di detenzione speciali» dove vengono portati civili e militari: «A Kherson i russi hanno adibito una parte del centro di detenzione per rinchiudere i prigionieri. Un'altra stanza di tortura si trova a Kakhovka, molti sono stato portati in Crimea e nell'Oblast di Zaporizhzhia, nella città di Enerhodar ad esempio. Non sappiamo sulla base di quali criteri vengano trasferiti lì, ma sappiamo che questi luoghi esistono».

Ultimo aggiornamento: 19:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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