Da Brescia a Bangkok, la verità nei video

Martedì 18 Agosto 2015
Il fermo immagine del terrorista che ha fatto esplodere l’ordigno ad alto potenziale accanto al santuario di Erawan, nel centro di Bangkok, trascinando la capitale thailandese nel panico totale (per ora 22 morti e più di cento feriti) servirà a identificare l’attentatore, filmato mentre deposita lo zainetto con il suo carico di morte e distruzione. Sono ormai innumerevoli i fatti di sangue nei quali le telecamere di sorveglianza hanno giocato e giocano un ruolo determinante, se non nel prevenire i fatti, certamente nel ricostruirne i dettagli.





Fotogramma per fotogramma, fino alla identificazione dei responsabili. La tecnologia, la più sofisticata ma anche quella di base, comunissima e alla portata di tutti, come sono appunto gli occhi elettronici collegati a registratori lenti, si dimostra fondamentale come deterrente, dissuasore acceso in permanenza. E come elemento risolutivo in molte indagini. Gli investigatori sono risaliti agli assassini dei coniugi Seramondi di Brescia, ammazzati nella loro pizzeria da “rivali” a colpi di fucile a canne mozze isolando i fotogrammi custoditi nella memoria della telecamera che le stesse vittime avevano collocato dentro e fuori “Da Frank”, l'esercizio alla origine del delitto. Immagini nitide o meno nitide, dalle quali sono stati estratti dettagli decisivi (la targa della moto usata per fuggire dal luogo dell’agguato) e a nulla è valso ai due improvvisati killer il travisamento con caschi integrali. L’intera sequenza della scena del crimine è stata dunque fissata, anzi scolpita nella sequenza delle altre prove raccolte, fino alla confessione piena dei responsabili con l’abbietto movente della concorrenza mal digerita.



Il ministro dell’Interno Angelino Alfano, generoso con l’uso del twitter, si è complimentato con gli inquirenti per la rapidità con la quale hanno chiuso il cerchio intorno ai responsabili di un delitto che ha profondamente scosso una intera comunità e riacceso l’infinita polemica sulla sicurezza. A questo proposito, proprio davanti alle telecamere, uno dei due colpevoli, faccia di bronzo, si era lamentato: qui è uno schifo, la polizia non ci ascolta!

Sono davvero molte le circostanze in cui la presenza di telecamere ha fornito alle indagini elementi immediati e decisivi. Il rapinatore del gioielliere Giancarlo Nocchi, di Prati a Roma, poche settimane fa, è stato ripreso mentre si aggirava davanti al negozio della vittima. Lo aspettava dopo la chiusura del pomeriggio con un coltello e poi tutto è degenerato in una lotta furibonda per la vita da parte dell’anziano gioielliere, finito con il cranio fracassato. Stesse riprese, stessi fotogrammi per la tragica rapina alla tabaccaia di Asti, la cinquantenne Maria Luisa Fassi, con il killer immortalato davanti all’esercizio pochi istanti prima di entrare in azione. E tantissime altre scene filmano l’assalto a negozi, farmacie, supermercati. Quasi sempre ci si imbatte, si dovrebbe dire per fortuna, in personaggi accecati dalla violenza, temerari oltre l’oltraggio alla elementare ragione, sciocchi e stupidi nel loro furore e nella banalità del male che li guida. Ma sono pur sempre delinquenti, assassini, stupratori, gente ad altissima pericolosità sociale che sfida e perde la sfida con questa nuova e fitta rete di occhi e memorie.

La diffusione di queste macchine, ormai davvero accessibili nei prezzi, va incoraggiata. La adottano sempre più di frequente anche nei condomini, per proteggersi dalle incursioni ladresche e come vigilanza permanente e di controllo. I negozianti hanno capito che questi occhi, se non producono un filtro impenetrabile, se spesso come si è detto vengono sfidati dalla avventatezza e dalla stupidità dei criminali, rappresentano tuttavia un aiuto indispensabile per quella “vigilanza di prossimità” che per lo meno rende le zone interessate sotto una costante visione che resta nella memoria elettronica. Non è un caso se nelle indagini, anche le più complesse, gli inquirenti, richiedono la mappa delle telecamere stradali, nei pressi delle banche, degli uffici considerati sensibili e, appunto, sopra e dentro gli esercizi commerciali. È da quelle memorie, il più delle volte, che si rintraccia l’elemento di svolta. Quell’occhio ha visto bene e tenuto nella memoria ciò che nessun testimone potrebbe con la stessa efficacia. Sono, quei fotogrammi, frammenti di verità (e di verità processuale) che valgono come prova regina. È il caso in cui la privacy fa un passo indietro perché la sicurezza vale di più.

Ultimo aggiornamento: 19 Agosto, 00:10

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