Breivik, 10 anni fa la strage in Norvegia: la vita (comoda) del neonazista in carcere tra tv e videogiochi

Mercoledì 21 Luglio 2021 di Gabriele Rosana
Breivik, 10 anni fa la strage in Norvegia: ora il neonazista fa la vita comoda in un trilocale con videogiochi e tv
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22 juli in Norvegia è sinonimo di 11 settembre: il giorno che sconvolse uno dei Paesi in cima alla classifica globale per la qualità della vita, chiamato a fare i conti con i propri demoni. E con la più grande tragedia del secondo dopoguerra. È il primo pomeriggio del 22 luglio di 10 anni fa quando il fanatico di estrema destra Anders Behring Breivik, travestito da poliziotto, mette in atto una strage. Prima fa esplodere un'autobomba artigianale di 950 chili davanti al palazzo del governo, uccidendo otto persone e colpendo le facciate di vari ministeri e anche la redazione del principale quotidiano del Paese. Poi, mentre Oslo è ancora incredula per l'accaduto, si dirige a 40 chilometri a nord-ovest della capitale, verso il lago Tyrifjorden. 

Breivik, la strage sull'isola di Utoya

 

E' qui, sulla piccola isola di Utøya - dov'è come di consueto in corso il campo estivo della gioventù laburista - che completa il disegno criminale, due ore dopo l'inizio: apre il fuoco contro le centinaia di adolescenti presenti, ammazzandone 69, più o meno uno al minuto, prima di essere arrestato in flagranza dalla polizia.

Durante il processo svelerà il movente di odio islamofobo: dirà di aver agito per punire i laburisti - all'epoca al potere con Jens Stoltenberg, oggi segretario generale della Nato -, responsabili di sostenere il multiculturalismo e di aver «aiutato i musulmani prendere il sopravvento».

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Il bilancio totale della giornata del terrore fu di 77 vittime: domani la Norvegia si fermerà per onorarne la memoria e per riprendere in mano una drammatica pagina della sua storia recente. Molti sopravvissuti sono rimasti segnati dalle pesanti conseguenze dell'attacco - dalle ferite da arma da fuoco alla successiva mutilazioni degli arti - e da importanti traumi. C'è chi, ad esempio, ha ancora oggi paura di nuotare perché ricorda la disperata fuga dalla furia omicida nelle acque del lago.


IL CAMBIO DI NOME
Breivik nel frattempo ha compiuto 42 anni, ha cambiato nome in Fjotolf Hansen, ma per tanti fra i sopravvissuti resta un innominato. È il terrorista. Tredici mesi dopo l'eccidio è stato condannato a 21 anni di carcere: la pena massima prevista dalla legge norvegese, suscettibile però di estensioni ulteriori. Nella prigione di massima sicurezza di Skien, Breivik vive in regime di rigido isolamento: finora ha ricevuto solo la visita del cappellano e, prima che morisse, della madre. Ma il sistema penitenziario del Paese scandinavo non è tra i più duri al mondo, e lo stragista di Utøya trascorre le sue giornate un trilocale di oltre 30 metri quadrati con vista sull'esterno e accesso alla televisione, alla PlayStation, ma anche a palestra e computer, pur se senza connessione a Internet.

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IL RICORSO
Ciò non è bastato per evitare che Breivik facesse ricorso alla Corte europea dei diritti umani contro una detenzione «inumana e degradante»; azione prontamente rigettata dai giudici di Strasburgo.
Tutt'altro che pentito, Breivik continua a far parlare di sé: dopo aver esibito il saluto romano in tribunale, più di recente l'estremista avrebbe scritto di proprio pugno a decine di editori e produttori cinematografici proponendo loro i diritti di un libro o di un film sulla sua vita, dallo stesso stimati secondo ricostruzioni di stampa - per un valore attorno agli 8 milioni di euro.
FERITE APERTE
«Breivik è uno di noi», ricorda la reporter di guerra Åsne Seierstad, autrice di un bestseller sulla strage di Utøya, da cui Netflix ha tratto il film 22 luglio: in Norvegia, il processo collettivo per fare i conti con un atto terroristico alimentato dall'odio è ancora in corso.

 


A ricordarlo ci sono le cicatrici tuttora visibili nei luoghi in cui si svolse l'attacco: il quartiere governativo che porta ancora i segni della detonazione e, soprattutto, i fori di pallottola nei muri della caffetteria in legno all'interno della quale Breivik freddò molte delle sue vittime.
Il ricordo e i simboli, però, rischiano di dividere la comunità. Gli abitanti delle zone attorno al lago si sono infatti rivolti alla giustizia: non vogliono davanti alle loro case un monumento che rievochi la sofferenza di quel giorni di 10 anni fa. Il progetto prevede 77 colonne di bronzo alte tre metri, ma - dopo lo stop al cantiere - non sarà inaugurato in occasione del decennale.

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Ultimo aggiornamento: 18:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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