Ha scelto di scappare, forse aiutato da qualcuno che potrebbe aver favorito la fuga, anche prima che i suoi legali italiani depositassero il ricorso in Cassazione contro il via libera alla sua estradizione negli Usa. È evaso dai domiciliari Artem Uss, imprenditore russo e figlio del governatore di una regione siberiana che era stato bloccato a Malpensa il 17 ottobre, su mandato d'arresto internazionale dell'autorità giudiziaria di New York.
Chi è Artem Uss, l'imprenditore russo evaso nel Milanese
Il 25 novembre scorso, su decisione dei giudici d'appello, per il 40enne era arrivata la scarcerazione, eseguita di fatto il 2 dicembre quando si era potuto applicare il braccialetto elettronico, col quale era stato posto ai domiciliari in una casa nella sua disponibilità a Basiglio, nel Milanese. La Procura generale in udienza aveva insistito sulla necessità della custodia in carcere per evitare una possibile fuga. Ora lo stanno cercando i carabinieri della Compagnia di Corsico e del Nucleo investigativo di Milano, anche analizzando telecamere di sorveglianza per ricostruire i suoi spostamenti. Dopo un'ora dall'ultimo controllo, nel primo pomeriggio di ieri, verso le 14, la centrale operativa ha ricevuto un allarme evasione e quando i militari sono arrivati nell'abitazione non c'era più traccia dell'uomo d'affari, che aveva rotto il braccialetto. Non un caso isolato perché a fine gennaio, rompendo il braccialetto elettronico, era fuggito pure un killer di 'ndrangheta. Uss è finito al centro di un caso delicato che tocca i rapporti tra Usa e Russia e in uno scenario internazionale complesso per la guerra in corso in Ucraina.
L'estradizione negli Stati Uniti
La difesa dell'imprenditore aveva fatto notare in udienza che il suo arresto sarebbe stato finalizzato ad uno «scambio di prigionieri», perché gli Stati Uniti sarebbero stati interessati ad ottenere il rilascio di Paul Whelan, uomo d'affari condannato a Mosca a 16 anni. E il 21 ottobre il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, aveva già tuonato: «le missioni diplomatiche russe faranno del loro meglio per proteggere gli interessi di Uss». Ora ci sarà da capire se ci siano ombre e responsabilità particolari in questa fuga. Solo per due accuse su quattro, contestate dalle autorità americane, la Corte d'Appello aveva dato l'ok all'estradizione negli Usa. Per l'imputazione più delicata, che riguardava «l'esportazione illegale» di «tecnologie militari e sensibili», le cosiddette 'dual usè, per milioni di dollari «dagli Stati Uniti alla Russia», i giudici non hanno trovato prove di un suo «contributo causale». Con la sentenza la quinta penale (giudici Nova-Barbara-Arnaldi) ha dichiarato che «sussistono le condizioni per l'estradizione» solo per la «violazione dell'embargo» nei confronti del Venezuela in una vicenda di contrabbando di petrolio verso Cina e Russia e per una presunta «frode bancaria». E hanno stabilito che «non sussistono con riferimento agli altri due capi d'accusa»: per «mancanza di prova» sul fronte delle tecnologie militari e per «difetto di doppia incriminabilità» su un presunto riciclaggio.
I suoi legali, gli avvocati Vinicio Nardo e Fabio De Matteis, intanto, erano pronti, nel termine dei 15 giorni, a fare ricorso in Cassazione. E sull'imprenditore pendeva persino una richiesta di estradizione di Mosca, arrivata in Italia a novembre, per una non meglio precisata ipotesi di riciclaggio. Tanto per far capire l'interesse della Russia a riportare l'imprenditore nel suo Paese.
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