Letta: «Mattarella bis? Sarebbe il massimo». Sbarramento anti-Berlusconi

Il segretario Pd non ha perso le speranze: «Serve un Presidente al di sopra delle parti»

Martedì 11 Gennaio 2022 di Alberto Gentili
Letta: «Mattarella bis? Sarebbe il massimo». Sbarramento anti-Berlusconi

«Finché c’è Berlusconi in campo, inutile fare nomi. È tutto bloccato...». Enrico Letta sceglie una linea attendista di fronte alla prova muscolare del Cavaliere che, a caccia di voti, «ha perfino contattato nostri parlamentari». Del resto, «anche se nessun partito ha il boccino», mai come in questa occasione il Pd arriva alla prova del Colle in una posizione di debolezza: «In Parlamento siamo al 12%, non la maggioranza...», allarga le braccia il segretario dem che domani in Direzione affronterà in dossier-Quirinale.

Visto lo stallo, impossibilitato a suggerire un “metodo” e un “tavolo” di confronto con il centrodestra a causa della candidatura di Silvio Berlusconi che Letta giudica «divisiva», il leader del Pd comincia a studiare le contromosse.

La prima, se il Cavaliere non dovesse fare l’auspicato passo indietro, sarà quella di uscire dall’aula alla quarta votazione. Non da soli, ma assieme ai 5Stelle: Giuseppe Conte, incontrato da Letta lunedì per rilanciare il patto di consultazione, sarebbe d’accordo.

Dal quarto voto, infatti, basterà la maggioranza assoluta. E il leader di FI potrebbe spuntarla - questo è il terrore che comincia a serpeggiare al Nazareno - grazie al sostegno a scrutinio segreto di peones vari, centristi di diversa origine, renziani e di alcuni 5Stelle terrorizzati dall’idea di andare a elezioni anticipate. Così, nella speranza che Berlusconi venga impallinato da suoi (gli occhi sono puntati su Salvini e Meloni), i grandi elettori dem e grillini (se il patto reggerà) sceglieranno l’Aventino. Usciranno dall’aula per scongiurare “aiutini” nel voto segreto al Cavaliere.

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La strategia

«Questa però sarebbe una mossa disperata», dice un alto dirigente del Nazareno. La prima scelta del Pd, per sare la parole di Letta «è quella di mettersi intorno a un tavolo e convergere tutti assieme su un nome che non consenta a nessuno di vincere». Traduzione: replicare il patto di unità nazionale sia per il Quirinale, sia per palazzo Chigi. E prima dell’inizio della partita che avverrà il 24 gennaio.

L’altro imperativo di Letta è non bruciare Mario Draghi: la carta più autorevole che l’Italia può giocare sui tavoli internazionali, sui mercati finanziari e nell’attuazione del Pnrr. Per evitare «il disastro», vale a dire l’uscita di scena dell’ex capo della Bce, la soluzione «migliore» sarebbe la conferma di Sergio Mattarella sul Colle e di Draghi a palazzo Chigi. Magari con la “complicità” dell’impennata della pandemia. Non a caso tra i dem cresce l’invocazione del bis, nonostante i ripetuti “no” scanditi dal capo dello Stato. Lo stesso Letta ieri sera ha messo a verbale a “DiMartedì”: «Il Parlamento deve eleggere una personalità super partes. Mattarella? Sarebbe il massimo, ovviamente». Salvo aggiungere: «Però bisogna avere rispetto per la sua volontà».

L’altra opzione del segretario dem sarebbe portare Draghi al Quirinale. Ma anche qui c’è in mezzo l’ostacolo-Berlusconi. E in più, oltre a Lega e FI, una parte del Pd è contraria a questa soluzione. Il motivo: se il premier traslocasse sul Colle si dà per certo l’addio della Lega al governo e molti democrat non ne vogliono sapere di sostenere un esecutivo tecnico alla Mario Monti. «Non è tempo per una maggioranza Ursula con noi e FI», scandisce Letta.

Così, ecco che si arriva alla terza opzione o speranza: valutato il rischio di perdere la faccia in caso di bocciatura, Berlusconi potrebbe proporre Giuliano Amato. Il Dottor Sottile era il candidato del Cavaliere nel 2015 e piace a tanti nel Pd, a partire da Andrea Orlando e Peppe Provenzano. Inoltre la sua elezione potrebbe garantire la «continuità» dell’unità nazionale. Da vedere se Salvini e la Meloni diranno di sì e se l’eventuale elezione di Amato (o di un «nome di alto profilo non divisivo di centrodestra», evocato dal leader leghista) porterà alla permanenza di Draghi a palazzo Chigi: il premier non ha alcuna intenzione di restare se non gli verrà permesso di governare «in uno spirito di unità». Cosa tutt’altro che facile nell’anno che precederà le elezioni del 2023. Non a caso lo stesso Letta propone «un nuovo patto di governo» dopo l’elezione bipartisan del capo dello Stato: «Chiederò a Salvini un’intesa su Quirinale ed esecutivo».
 

Ultimo aggiornamento: 18 Gennaio, 14:16 © RIPRODUZIONE RISERVATA