Quirinale, Letta e la tela per Draghi (con più politici al governo). Confronto con Renzi: patto di legislatura e premier al Colle

Confronto tra il leader del Pd e Renzi: patto di legislatura e premier al Colle. Si tratta su un rimpasto con 4 innesti al posto dei tecnici e sul proporzionale

Venerdì 21 Gennaio 2022 di Alberto Gentili
Quirinale, Letta e la tela per Draghi (con più politici al governo)

Enrico Letta, a dispetto di ciò che dice in giro Matteo Renzi, sta lavorando pancia a terra per portare Mario Draghi al Quirinale.

Tant’è che nell’incontro con il leader di Italia Viva avvenuto di buon mattino a palazzo Giustiniani, il segretario del Pd ha messo sul tavolo l’ipotesi di dare maggior peso ai politici nel governo che verrà e ha perfino accettato di aprire il dossier della riforma elettorale in senso proporzionale. Una pillola indigesta per uno che ama il maggioritario. Ma Letta, pur di portare acqua e voti al mulino di Draghi, è «disposto al sacrificio» per accontentare i 5Stelle, la Lega, Forza Italia, centristi vari e lo stesso Renzi. «Il Paese non può permettersi di rinunciare alla credibilità e all’autorevolezza di Draghi. Dunque o si replica per il Quirinale il patto di unità nazionale che sta alla base del governo, oppure si va sparati a elezioni», ripete il leader dem in queste ore.


L’apertura di Letta al proporzionale, che libererebbe tutti i partiti dai vincoli di coalizione, è anche una mossa del segretario del Pd - che incontrerà Matteo Salvini tra stasera e domani una volta celebrato l’atteso vertice di centrodestra - per rassicurare i peones di ogni colore che non si precipiterà verso il voto anticipato, se l’ex presidente della Banca centrale europea dovesse andare al Quirinale. Ci vogliono infatti mesi per cambiare le regole elettorali. L’altro segnale, concordato durante l’incontro con Renzi - «andato molto bene» ma velato di sospetti - è il rilancio di un «patto di legislatura». Perché, come il segretario dem va predicando da tempo, l’accordo per un «Presidente super partes, votato da una maggioranza ampia quanto quella che sostiene Draghi» a palazzo Chigi, deve «essere accompagnato da un’intesa per garantire nuova energia e durata al governo».

 


Certo, nel colloquio Letta e Renzi hanno analizzato tutti i papabili per la corsa quirinalizia. Da Draghi a Pier Ferdinando Casini, da Giuliano Amato a Elisabetta Casellati, da Franco Frattini a Letizia Moratti, senza escludere l’ipotesi (per ora remota) di un bis di Sergio Mattarella. E Renzi - al contrario di Letta che non riconosce «alcun diritto di prelazione al centrodestra» - ha detto di essere pronto a sostenere «un candidato indicato da Salvini perché ha la leadership dei numeri». Spiegazione dei suoi: «Matteo punta sull’altro Matteo perché se vince, vince con lui. Se perde, perde da solo...».
Ciò detto Renzi, visto che il piano inclinato della trattativa sembra portare a Draghi, non chiude la porta all’ex capo Bce. Tant’è, che per il ruolo di premier con Draghi al Quirinale, il senatore di Rignano fa circolare il nome di Elisabetta Belloni direttrice dei Servizi segreti gradita anche ai 5Stelle. E a “L’aria che tira” il capo di Iv ha messo a verbale: «Draghi può essere garante dal Colle di una operazione politica, però non sarà un politico a fare il premier ma una figura istituzionale che andrà bene a tutti».

PREMIER E MINISTRI

In realtà per il ruolo di premier, se Draghi salirà sul Colle, i nomi più forti sono quelli di Marta Cartabia e di Vittorio Colao, la prima è ministra della Giustizia, il secondo dell’Innovazione tecnologica. Il nodo vero non è però tanto il ruolo del premier - che «dovrà essere tecnico per forza, altrimenti toccherebbe a un 5Stelle, il partito che ha più parlamentari», dice una fonte di governo - quanto la composizione dell’esecutivo. Se fosse per Draghi si toccherebbe poco o nulla, per evitare di rompere un equilibrio già fragile. Insomma, l’ex capo Bce preferirebbe un “governo fotocopia”. Ma è ben consapevole che dovrà concedere qualcosa ai partiti. E Letta, che lavora per lui, da una parte boccia al pari di Conte la proposta di Salvini di far entrare i segretari di partito nell’esecutivo: sarebbe una sorta di commissariamento del premier tecnico. Dall’altra, è pronto a proporre «innesti politici». Traduzione: via qualche ministro tecnico come Patrizio Bianchi (Scuola), Luciana Lamorgese (Interni), Enrico Giovannini (Infrastrutture e Trasporti), Roberto Cingolani (Transizione ecologica) e dentro qualche politico. Possibilmente uno per il Pd, che così potrebbe inserire una donna, uno per la Lega (Molinari), uno per Forza Italia (Tajani) e uno o due per i 5Stelle. «Senza contare», dice una fonte qualificata, «che anche Renzi chiederà qualcosa in più e che Coraggio Italia batterà cassa. Ma attenzione: se si esagera, rivoluzionando l’assetto attuale, può saltare tutto».

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Ultimo aggiornamento: 22 Gennaio, 12:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA