Giorgia Meloni e i dubbi di Draghi: «Noi stiamo con l’Ucraina». Sul Pnrr è tensione col Cav

La leader di FdI: «Coalizione compatta su Kiev. Nella sinistra invece non è così»

Domenica 18 Settembre 2022 di Mario Ajello
Giorgia Meloni e i dubbi di Draghi: «Noi stiamo con l Ucraina». Sul Pnrr è tensione col Cav

ROMA Ultimi giorni della campagna elettorale e l'attenzione di Giorgia Meloni, ora in tour nel Mezzogiorno e dopo Bari la prossima tappa cruciale sarà in Campania (Caserta e forse Napoli), sta tutta nell'evitare scivoloni e nello sminare il terreno dalle trappole, specie quelle riguardanti i rapporti internazionali, tra europeismo e giudizio sulla democrazia o «autocrazia elettorale» ungherese, piazzate dall'estero ma anche dagli avversari italiani.

Di essere schiacciata su Orban alla leader della destra non va affatto. E neppure di veder descritto il centrodestra in generale come una coalizione poco affidabile, o addirittura unfit se andrà al governo, nel garantire la giusta collocazione geopolitica del nostro Paese. «Si è fatto molto chiacchierare - spiega Meloni - in questi giorni di questo documento americano che parlava di partiti che sono stati finanziati dalla Russia. Dopo di che, mi pare che sia stato smentito da tutti che in queste carte fossero citate personalità italiane. Ciò mi fa molto piacere, perché da patriota l'idea che qualcuno prenda soldi dagli stranieri non la condividerei mai».

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E sulle critiche del premier, rivolte a Matteo Salvini ma non piacevoli alle orecchie dell'intero centrodestra che ha bisogno di stare unito anche se tra mille difficoltà: «Non so a chi Draghi faccia riferimento, quando dice che c'è chi parla di nascosto con i russi e c'è chi vuole togliere le sanzioni. Io so solo che la nostra coalizione è sempre stata compatta non solo nel condannare, ma anche nel votare i provvedimenti che erano necessari a sostenere l'Ucraina». Il che, da parte di Meloni, non è tanto una difesa di Salvini, ma un tentativo di abbassare i riflettori, o sperabilmente spegnerli, sul filo-putinismo di Salvini in quanto rappresenta un problema nel tragitto del centrodestra e della leader FdI verso Palazzo Chigi. Il pensiero dentro FdI, infatti, a proposito del filo-putinismo del capo leghista, è che l'alleato-rivale Matteo non sembra rendersi conto della pericolosità delle sue posizioni e di quanto pregiudichino non solo il giudizio generale sulla destra al governo ma indeboliscano anche la stessa Meloni una volta al potere e la mettano, con un partner che dice queste cose, in grave imbarazzo agli occhi dei partner internazionali. Tra cui gli americani con cui Giorgia intrattiene rapporti assai stretti e sta lavorando molto sul versante d'Oltreoceano per essere riconosciuta come un sicuro bastione di atlantismo.
E comunque, nella sua operazione sminamento la leader di FdI - parlando alla festa nazionale della Confederazione Aepi, intervistata da Gian Marco Chiocci, direttore di Adnkronos - sposta il fuoco sulla sinistra. «I problemi in politica estera - così dice - li ha il centrosinistra. Dove il Pd ha fatto un accordo con Fratoianni e a pagina 42 del programma di Sinistra Italiana c'è scritto che bisogna fermare immediatamente l'invio di armi in Ucraina». E su Letta: «E' stato lui, quando era al governo dal 2013 al 2014, a fare molti accordi con la Russia, ad esempio sul South Stream».

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LE ETICHETTE
L'obiettivo di Giorgia, anche in vista del palco di Piazza del Popolo che in chiusura della campagna elettorale giovedì condividerà con Salvini, Tajani e forse Berlusconi (che intanto dice: «Contro il pericolo cinese, serve una comune difesa europea»), è mostrare unità: «Solo piccole differenza tra di noi». E questo nonostante il Cav dica che «sarebbe illogico e pericoloso ridiscutere il Pnrr» mentre per Meloni «non è pericoloso». Il giudizio sulle sanzioni? «Funzionano, tanto è vero che la Russia ha perso quasi il 10 per cento del Pil». Quanto al gas: «Se non riusciamo a mettere un tetto al prezzo del gas non ne usciamo. Se l'Europa è lenta nel prendere questa decisione, lo può fare l'Italia». E no allo scostamento di bilancio. Qui Giorgia è draghiana. Etichetta che però giudica fuorviante: «Un giorno sono draghiana, il giorno dopo sono fascista. Ma queste sono ricostruzioni fantasiose. Che si dica che sono draghiana, io che sono stata all'opposizione del governo Draghi, fa abbastanza sorridere. Poi se mi si chiede se vorrei eventualmente un passaggio di consegne ordinato, rispondo che certamente lo vorrei, ma questo è un altro tema». E' anche il tema di un possibile filo di continuità tra il prossimo eventuale governo e quello uscente (Fabio Panetta da Bankitalia e da Bce a successore di Daniele Franco al ministero dell'Economia?) e sarebbe un filo per molti tranquillizzante.

 

Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 10:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA