Virologi contro/ Quelle critiche sui vaccini un danno per la comunità

Martedì 24 Novembre 2020 di Carlo Nordio

Benché, come insegna Pascal, sia odioso parlare di se stessi, mi permetto di infrangere questa regola aurea con una considerazione personale.
Ho esercitato per quarant’anni la funzione di giudice istruttore e poi di pubblico ministero.

Ho trattato centinaia di casi di responsabilità medica, leggendo migliaia di perizie. Ho partecipato a decine di congressi e il professor D’Amico, pioniere e luminare dei trapianti di fegato, mi ha fatto l’onore di chiedermi la prefazione per il suo trattato di chirurgia generale. Ho la più alta considerazione di questa professione, e da anni sostengo che gli operatori sanitari dovrebbero essere protetti dalle denunce temerarie esattamente come lo siamo noi magistrati, attraverso un filtro rigoroso. 

So benissimo che la loro non è una scienza cosiddetta esatta, ammesso che ne esista una. E in quasi tutti i processi ho assistito a opinioni difformi, e spesso opposte, di medici legali, di periti e di consulenti in conflitto tra loro. 

Ma qualche conclusione l’ho maturata. La più importante è che in questo ambito vasto e complesso, vi sia una sorta di graduatoria nell’affidabilità delle previsioni. Quella meno sicura è la psichiatria. Troppe volte ho letto giudizi prognostici sulla pericolosità sociale dell’imputato, clamorosamente smentiti il giorno dopo da un accoltellamento o da una strage.

Del resto la mente umana è così misteriosa che è abbastanza ingenuo pensare di poterla radiografare come un polmone. All’estremo opposto, stanno le analisi istologiche. È accaduto che si siano scambiati i vetrini, o che l’operatore in quel momento fosse distratto. Ma sul reperto, opportunamente conservato, alla fine tutti concordano. Tra questi estremi, sta tutto il campo della diagnostica e della interventistica. Qui i margini di opinabilità, e di errore, purtroppo rimangono. Ma con la strumentazione oggi disponibile si riducono sempre di più.

Per queste ragioni sono sbalordito dalla polemica sui tamponi rapidi e sulla loro affidabilità rispetto a quelli molecolari. Qui non si tratta di vedere se Tizio sia matto o sano di mente. Si tratta di valutare comparativamente due reperti, vedere se coincidono o meno, e in questo caso stabilire lo scostamento dei risultati. Faccio presente che una diagnosi giusta fatta in cinque minuti rivoluzionerebbe completamente la strategia sulla pandemia. Potremmo accedere a negozi, ristoranti, teatri, eccetera senza timore e probabilmente anche senza mascherina, dopo esserci sottoposti, come si fa con il metal detector prima di entrare nei musei. Con un esame breve, e poco invasivo, saremmo tranquillizzati nella salute, nei rapporti sociali e a lungo andare anche nelle nostre tasche.

Ora, in Veneto, il dottor Rigoli, coordinatore di una ricerca sul tema, ci assicura che i due tamponi sono sovrapponibili, ed hanno la stessa affidabilità. È il risultato di una ricerca paziente e disinteressata, fatta in silenzio con il sistema di Galileo, provando e riprovando, e con l’insegnamento di Popper, cercando la falsificazione. Subito sono arrivate le critiche, talvolta condite di battute improprie che suonano come sibili di rancore. Bene ha fatto il governatore Zaia a sollecitare il governo per ottenere una risposta definitiva. Ma è una risposta che va data subito, con una motivazione adeguata e con l’avallo di dati trasparenti ed univoci. Ci vuole tanto? Mah!

E ora due parole sul vaccino. Anche qui vorrei prescindere dalle infelicissime uscite di qualche professore, bravo in laboratorio ma inadeguato nella comunicazione. In questo settore le parole, come le azioni societarie, non si contano ma si pesano. E quelle di un illustre docente possono, suo malgrado, sortire effetti funesti. E vorrei anche prescindere dalle sottigliezze tecniche, affidandomi alla stragrande maggioranza della comunità internazionale che afferma che questi vaccini sono - in varia misura – efficaci, e comunque non hanno controindicazioni. Mi limito a un’osservazione banale, tratta proprio dalle critiche che le anime belle fanno alle multinazionali farmaceutiche, dipinte come rapaci e spregiudicate ricercatrici del profitto. 

Ebbene, è proprio per questo che mi fido di loro. Perché se emergesse anche una percentuale minima di effetti collaterali dannosi, la marea di contenziosi e di risarcimenti (e quelli in Usa sono in genere stratosferici) che si abbatterebbe su queste aziende ne provocherebbe il fallimento, oltre all’emarginazione sociale che in quei Paesi colpisce chi ha tradito la fiducia – e le finanze - del cittadino. Un rischio che dunque non possono correre. Di loro si dice anche che hanno accelerato i tempi per raccattar danaro.

Sarà. Ma a parte il fatto che tutte le fasi sono state testate da organismi indipendenti, nelle emergenze gravi la ricerca e la tecnologia hanno sempre fatto balzi straordinari. La seconda guerra mondiale è iniziata con i biplani e le aspirine, è finita con gli aerei a reazione e gli antibiotici: non c’è niente di strano che i laboratori abbiano fatto in un anno quello che un tempo facevano in cinque. Così, da maturo soggetto a rischio, spero tanto che il tampone rapido e il vaccino siano distribuiti quanto prima. Sarò in testa alla coda.

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