«I politici dovrebbero assumersi le loro responsabilità e dirci la verità sul virus. Non continuare a trincerarsi dietro frasi fatte, che invece di rassicurarci finiscono per allarmarci ancor di più e causare sempre più paura e disagio nei cittadini». Così Haruki Murakami, uno dei più famosi scrittori viventi.
Non capita spesso che gli intellettuali – o gli artisti – giapponesi prendano posizione su questioni di attualità o temi etici. Dopo Shichiro Fukazawa, Yukio Mishima e, più recentemente, il premio nobel Kenzaburo Oe, si contano sulla punta delle dita le occasioni in cui gli intellettuali hanno fatto sentire la loro voce. L’ultima risale ad una decina di anni, quando il movimento antinucleare si era notevolmente rafforzato a seguito dell’incidente di Fukushima. Fu proprio in quel periodo che alcuni intellettuali, come appunto Kenzaburo Oe e lo stesso Haruki Murakami, uscirono dal letargo, partecipando alle manifestazioni e a pubblici dibattiti.
Le nuove dichiarazioni di Murakami, avvenute nel corso di un seguitissimo programma radiofonico, hanno colto un po’ tutti di sorpresa. Il Giappone, che si appresta a dichiarare un nuovo stato di emergenza, ha affrontato il virus in modo diverso dalla maggior parte degli altri Paesi, puntando – pur senza dichiararlo – all’immunità di gregge e limitando al massimo il numero di tamponi. Questo ha permesso di ridurre il numero dei contagi, dando l’impressione che anche il Giappone, come altri Paesi della regione (Cina, Corea, Vietnam, Taiwan) sia riuscito a tenere sotto controllo la pandemia.
In realtà dubbi e perplessità abbondano: e lo dimostra il fatto che il governo si appresta ad approvare un nuovo stato di emergenza per Tokyo e altre regioni limitrofe. Negli ultimi giorni, infatti, i contagi sono improvvisamente aumentati: oltre tremila al giorno, con un rapporto tra tamponi effettuati e positivi superiore al 10%. Una percentuale altissima, se si pensa che il numero di tamponi è ancora molto limitato, rispetto agli altri Paesi, attorno ai 20 mila al giorno. In Giappone non sono disponibili i test “fai da te”, né esistono i cosiddetti “drive in” pubblici dove ci si può sottoporre al test con o senza prescrizione medica, e in ogni caso i medici, sotto pressione del governo e delle loro associazioni nazionali, sono estremamente restii a prescriverlo. Tutto questo aveva e ha un motivo: le Olimpiadi. La “verità” che Murakami vorrebbe che il governo e i politici in generale dicessero ai cittadini è che dopo averne provocato lo storico, senza precedenti, rinvio l’anno scorso, il virus finisca per impedire definitivamente lo svolgimento delle Olimpiadi.
Eventualità tutt’altro che improbabile visto che a 200 giorni dal loro inizio il Paese ha appena sigillato le frontiere, sospendendo le facilitazioni sin qui estese ad atleti e “addetti ai lavori”. Tenere comunque le Olimpiadi, come ha ancora una volta rassicurato (per la verità in modo assai poco convincente) il premier Suga in occasione del suo discorso di Capodanno, sembra oramai più una “scommessa”, quasi una ripicca istituzionale, oltre che un tentativo di ridurre le perdite, piuttosto che l’occasione, come annunciato al momento dell’assegnazione, per rilanciare l’immagine del Giappone, mostrando al mondo quella “ricostruzione” che in effetti non c’è stata. Basta farsi un giro nel Tohoku, e nella regione di Fukushima (come ha fatto di recente Murakami) per rendersene conto. E basta seguire un po’ i vari sondaggi che i media giapponesi continuano (nonostante una recente, specifica richiesta del governo di moderare il dilagante disfattismo) a pubblicare per capire che anche da parte dell’opinione pubblica l’interesse per i Giochi sia oramai calato. Oltre due terzi della popolazione si dichiara, a vario titolo, non più interessata e oltre la metà chiede espressamente che vengano cancellati una volta per tutte. E gli atleti?
Come dicevamo di questi tempi un anno fa, quando il governo, in piena pandemia appena esplosa continuava a garantire il regolare svolgimento dei Giochi, oltre al problema dell’immagine, degli sponsor, dei diritti televisivi, c’è la questione degli atleti. Che non possono continuare a vivere in questa situazione, senza sapere se i loro sforzi, i loro enormi, quotidiani sacrifici saranno ripagati. Il mondo ha bisogno di verità, non di cocciutaggine.
NOTIFICHE ABBONAMENTI
LOGOUT