Interessi comuni/ Un accordo Usa-Cina per fermare la guerra

Domenica 13 Marzo 2022 di Romano Prodi

La guerra continua e le sue tragiche conseguenze crescono ogni giorno.

Quella che doveva essere una passeggiata dell’esercito russo si sta trasformando in un conflitto sempre più sanguinoso e la resistenza del popolo ucraino supera ogni precedente previsione. Le sofferenze della popolazione ucraina crescono drammaticamente, mentre le truppe russe, anche in conseguenza delle grandi perdite di uomini e materiali, chiedono rinforzi dalla madre patria e dai paesi dai quali possono arrivare altri soldati. Nello stesso tempo l’esercito invasore, cercando di bloccare i rifornimenti di armi che provengono dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea, si avvicina pericolosamente ai confini dei paesi della Nato, rischiando incidenti che potrebbero avere conseguenze irreparabili.

Per questo motivo bisogna fare ogni sforzo per giungere subito a una tregua e preparare le trattative di pace. 
Finora i colloqui fra le parti non hanno avuto alcun esito sostanziale e con gli stessi deludenti risultati si sono concluse le modeste conferenze e gli incontri bilaterali, inutilmente moltiplicati negli ultimi giorni. E non vi è, almeno per ora, alcuna possibilità di un colloquio positivo fra Putin e Zelensky: troppo crudele è la guerra in corso e troppo distanti le posizioni dei due paesi per potere sperare in un compromesso. Nel frattempo il conflitto in corso sta moltiplicando le sue conseguenze negative sulla crescita economica e sull’inflazione in tutto il mondo: nei paesi ricchi e in quelli poveri, in quelli danneggiati dalle sanzioni e in quelli che non lo sono. Non solo l’economia russa si trova in una difficoltà spaventosa, con un netto crollo del tenore di vita, con l’isolamento finanziario del paese e con la svalutazione del rublo del 40%, ma tutto il pianeta è in crisi e milioni e milioni di persone in Asia, e soprattutto in Africa, stanno soffrendo la fame per effetto di una guerra che sta anche interrompendo il rifornimento dei cereali. Gli embarghi e le pur inevitabili sanzioni colpiscono sostanzialmente alla cieca. L’inflazione mondiale ha raggiunto il 7%, le quotazioni delle materie prime sono salite del 26%, mentre i prezzi del gas sono triplicati e nuove misure restrittive da parte delle banche centrali appaiono inevitabili. Pochi mesi fa si diceva che non sarebbe mai arrivata l’inflazione ed è arrivata. Oggi si dice che non arriverà la recessione ma, se non si firma presto la pace, arriverà.

A questa tragedia, che è divenuta mondiale, si può porre fine solo con un accordo diretto fra le due potenze mondiali: Stati Uniti e Cina. Questi due paesi, se agiscono insieme, ne hanno la forza e tutti e due ne hanno l’interesse. Negli Stati Uniti l’inflazione morde con particolare violenza e il malcontento per l’aumento dei prezzi degli alimentari e dei carburanti sta montando oltre ogni previsione. Biden non può permettersi di affrontare le elezioni di medio-termine del prossimo autunno in una situazione di crescente malcontento prodotto da una guerra geograficamente lontana e dalla quale i cittadini americani vogliono stare lontani.
Nonostante il suo legame con la Russia, anche la Cina ha un forte interesse a una rapida fine del conflitto. Pur in misura più leggera, e peccando di un certo ottimismo nelle sue previsioni, la Cina ha infatti dovuto correggere in basso le sue prospettive di crescita, nonostante abbia deciso un poderoso aumento della spesa pubblica e un contemporaneo alleggerimento della pressione fiscale.

Riguardo alla guerra di Ucraina, la Cina ha finora esercitato un ruolo ambiguo e sostanzialmente neutrale: da un lato ha sempre riaffermato la sua amicizia con la Russia ma, dall’altro, ha resa pubblica la volontà di difendere l’integrità dell’Ucraina. Il ministro degli esteri Wang Yi ha inoltre dichiarato che la Cina eserciterà un ruolo attivo e costruttivo per la soluzione del problema ucraino. Ancora più di queste dichiarazioni contano tuttavia i fatti. E’ vero che i rapporti commerciali della Cina con la Russia sono enormemente cresciuti negli ultimi tempi, fino a raggiungere la cospicua cifra di 140 miliardi di dollari, ma è pur vero che i rapporti commerciali con l’Europa e gli Stati Uniti sono dieci volte superiori e sostanzialmente insostituibili, mentre la prosecuzione di questa insensata guerra li mette concretamente a rischio. D’altra parte anche il Presidente Cinese si trova di fronte a un importante evento politico: il XX° congresso del Partito comunista dovrà infatti rinnovare nel prossimo autunno il suo terzo mandato. Non si tratta certo di un’elezione popolare, ma è evidente che Xi Jinping non vuole presentarsi a questo solenne appuntamento in una situazione di difficoltà della Cina, dopo decenni di straordinaria crescita.

Ci si può legittimamente chiedere perché questo tentativo di porre pace ad una guerra che si svolge in Europa non possa essere svolto dall’Unione Europea, anche se essa, forse per la prima volta, ha operato con una strategia unitaria e ha dimostrato di potere fare in futuro concreti passi in avanti nella politica estera e della difesa. La risposta è molto semplice: le decisioni di oggi non si fondano sulle speranze di domani e sia la Cina sia gli Stati Uniti ritengono che, nonostante i progressi compiuti, non si possa ancora parlare di un forte e credibile ruolo europeo. Questo triste evento ci ha almeno indicato la via da percorrere. Cerchiamo di fare rapidamente progressi in questa direzione.
 

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