Roma, violenza e virus piazza d’azzardo

Domenica 7 Giugno 2020 di Mario Ajello
Discontinuità significa anche non permettere ciò che è stato consentito ieri al Circo Massimo.
Ripartire vuol dire anche darsi uno standard, come Paese e come Capitale di questo Paese, di presentabilità, di sicurezza e di civiltà che anzitutto le istituzioni devono garantire. Sfugge allora il motivo per cui una manifestazione come quella di ieri, con Forza Nuova, ultrà ed esagitati vari impegnati ad assaltare poliziotti e giornalisti e a picchiarsi tra di loro, sia stata autorizzata, mentre al resto dei cittadini si richiedono giustamente mascherine e distanziamento sociale per il bene di tutti. Il problema non è la matrice pseudo-ideologica di questa protesta assurda contro la dittatura sanitaria, a colpi di lanci di pietre e di bottiglie e con tentativi d'incendio e altre violenze.

La questione non è destra e sinistra con ovvia indignazione dei presunti buoni contro i cattivi. No, il Circo Massimo ridotto a Circo Minimo racconta la leggerezza di chi ha lasciato campo libero a un estremismo ora di un segno ma la prossima volta magari di un altro che, a prescindere dal colore politico, andrebbe invece trattato per quello che è con lucidità e rigore. A un frammento della protesta per la protesta, a uno spicchio del protagonismo incendiario senza seguito né motivazioni reali, non si può concedere il grande palcoscenico della più importante città italiana. Come minimo, insomma, c'è stato un errore di sottovalutazione dell'evento, oltretutto - e già questo doveva far drizzare le antenne - organizzato da un gruppo sconosciuto che è nato per l'occasione, i Ragazzi d'Italia. Come se il patriottismo, che è un bene supremo e largamente coltivato, avesse bisogno di sigle così per farsi rappresentare. E per di più con queste modalità.

Già il 2 giugno, con la manifestazione dei partiti del centrodestra che pure non è minimamente accostabile a questa, s'è visto quanto sia complicato in tempi di post-pandemia, ma ancora delicatissimi, gestire una piazza. Ci sono stati in quell'occasione giustificati timori di rischio contagio e ci si poteva, anche alla luce delle critiche suscitate, fermare lì per quanto riguarda la concessione almeno per adesso di spazi pubblici dove organizzare adunate. Stavolta i criteri per cui si è concesso il Circo Massimo - proprio mentre un nuovo focolaio di Covid s'è registrato a Roma nel San Raffaele alla Pisana - risultano imperscrutabili e la scelta adottata, senza pensarci troppo, sembra fatta apposta per non rassicurare i cittadini. Altro che dittatura sanitaria!

Due ragioni formidabili dovevano sottrarre il Circo Massimo al Circo Minimo. La prima è appunto quella ovvia e naturale del pericolo legato agli assembramenti. L'altra è che non si trattava di una manifestazione di popolo ma la chiamata a raccolta di un ribellismo da stadio. E se in tempi normali la routine della protesta - ma senza pietre e petardi - è lecita, in tempi così straordinari sarebbe saggio valutare approfonditamente a chi la piazza viene concessa, quali garanzie anche di sicurezza sanitaria oltre che di ordine pubblico offre chi la organizza e chi siano i titolari della manifestazione, visto che non possono bastare sigle fantomatiche e irriconoscibili. Specialmente in una fase di grave eccitabilità politico-sociale, destinata purtroppo a crescere nei mesi che verranno.

Inoltre, e prima di tutto, c'è il fattore Roma da considerare. Questa città ha rappresentato il simbolo e la guida della nazione nella fase dell'emergenza virus (mettendo da parte momentaneamente le sue sofferenze quotidiane). Proprio per questo ogni distrazione, ogni errore, qualsiasi abbassamento della guardia rischiano di diventare una sorta di tradimento dello sforzo fatto e ancora in corso. La Capitale deve essere un presidio di responsabilità, e in nessun modo rimpicciolire la propria funzione. Riducendosi a set per piccole ma rumorose esibizioni da gruppuscolo o fazione. E neppure può proporsi come il luogo aperto a ogni tipo di protesta, e se ne annunciano davvero tante, quando invece ha la forza e il ruolo per diventare l'epicentro delle decisioni, il motore delle soluzioni. Non un pezzo del vecchio più andante e meno edificante ma la frontiera del nuovo tutto ancora da inventare.
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