Maradona, il Masaniello che non ha tradito

Venerdì 27 Novembre 2020 di Mario Ajello

Ha dato identità e orgoglio a una città che sprofondava nella sua crisi e a un popolo che non vinceva mai. Il Maradona che non c’è più è quello che servirebbe adesso.

Perfino più di prima. La deriva non solo di Napoli ma dell’intero Mezzogiorno, più procurata da fuori che da dentro, che negli anni ‘80 ebbe il suo inizio e nonostante le fasi di rinascita o di Rinascimento non s’è interrotta più, ha avuto in Diego il suo contraltare. Se pure solo calcistico: ma anche il calcio dà un senso e una direzione a una comunità.


Quella dei napoletani era abituata a sentirsi perdente e a non avere la fiducia per credere in se stessa, per riconoscere le sue possibilità, per trovare la forza di imporsi sul Nord. Mancava la spinta per uscire da un’immeritata subalternità, e per affermare il cosiddetto “pensiero meridiano” (sia pure in forma di pallone ma il pallone è una metafora) in tutte le latitudini sia italiane sia internazionali. 


Il paradosso, nella Napoli città dei paradossi, è che c’è voluto un calciatore per smuovere tutto. E’ servito un meridionalista del dribbling per affermare il Mezzogiorno o almeno la sua capitale o ex capitale. Ed è amaro dover constatare questo. Doversi spingere a pensare che ha fatto più Maradona per la sua terra d’adozione che le classi dirigenti della fine della Prima Repubblica e quelle della Seconda. Ma Napoli è città tragica, sotto il velo ilare e scanzonato, e la tragedia di un popolo che deve affidarsi a un giocatore, fino a farne un eroe perché gli mancano gli eroi, è di quelle che restano scritte nella storia. E raccontano il fallimento di altri tipi di emancipazione, che dovrebbero passare non da un rettangolo d’erba ma da un sistema funzionante politico e istituzionale in cui non servirebbero personaggi miracolosi. Perché i miracoli, come si sa, durano poco e il portento di Maradonapoli non poteva prolungarsi più di quanto abbia fatto.


Diego è stato il singolo che ha esaltato un popolo e che gli ha dato certezze e prospettive. Una società abituata a cercare conforto negli altri, senza saper affermare se stessa, una gente che indulgeva al vittimismo e se vogliamo anche alla lagna meridionalista ha visto in Maradona uno che faceva fatti. S’è innamorata di quei fatti e se n’è assunta la comproprietà.
Magari Maradona non è riuscito a cambiare Napoli in prospettiva, ma ci ha provato e per un po’ l’operazione è riuscita. Grazie a un mix, il cocktail Maradona verrebbe da chiamarlo, di «napoletaneria» e «napoletanità», per usare le famose categorie di Dudù La Capria. Ossia conciliando il folk, anche quello più stantio di cui Napoli ha purtroppo una riserva inesauribile, e la consapevolezza laica di voler cambiare le cose. E unendo nella battaglia il basso e l’alto, la plebe e la borghesia che Diego riuscì a far innamorare di lui esattamente quanto ci è riuscito con le masse delle periferie, dei quartieri degradati e delle curve. 


Ieri nei bar lungo Spaccanapoli, i pochissimi aperti per via della zona rossa del Covid, si diceva: Masaniello ci tradì dopo pochi giorni e si vendette, invece Diego che sarebbe potuto andare ovunque ha preferito restare qui a combattere la nostra battaglia. E se i miracoli di San Gennaro si sono perduti nella notte dei tempi, quelli del Pibe de Oro li hanno visti tutti. Per questo, Maradona viene venerato come una divinità, ma in fondo Diego, nonostante le immaginette sacre che lo immortalano ovunque, ha fatto opera di laicità. Si è dato degli obiettivi e ha trascinato un’intera popolazione, oltre che una squadra, nella sua impresa. Certo, ha anche amplificato alcuni dei difetti dei napoletani - l’enfasi, la teatralità talvolta scadente, il gusto di andare oltre le regole e basta vedere gli assembramenti folli e virali in queste ore a Napoli per celebrare la sua memoria - e però nell’apparente mancanza di bussola una rotta l’ha data. Altro che realismo magico, l’etichetta da letteratura sudamericana che viene affibbiata al genio venuto dalla «fine del mondo» (come Papa Francesco chiama l’Argentina). Lui è stato viceversa un realista-realista sotto mentite spoglie da romantico o da messia. Non è vero che i suoi successi nascondevano i problemi o li facevano dimenticare per un po’, grazie all’euforia dei gol. E’ vero il contrario. Maradona ha enucleato il problema del Sud e della sua città simbolo, ovvero la carenza di autostima, e lo ha temporaneamente risolto. Ma purtroppo un Diego solo non basta per capovolgere tutto e per sempre.
 

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