Djokovic, quando il campione è l’esempio sbagliato

Mercoledì 24 Giugno 2020 di Piero Mei
Djokovic, quando il campione è l esempio sbagliato

Il momento del contrappasso da virus è toccato anche a Nole “Novax” Djokovic: ha il coronavirus, asintomatico ma virus.
Quel virus che negava. Lui che in un campo da tennis non sbaglia un colpo (o quasi) tanto da essere il numero uno del mondo, quando è altrove, dal giorno che la pandemia s’è sparpagliata per il mondo, non ne azzecca più uno. Tra i negazionisti è in illustre anche se non sempre buona compagnia: da Donald Trump, che però l’ha scampata, a Boris Johnson che invece ha rischiato la pelle, dai soloni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ai virologi, «quelli che è solo un’influenza», dagli esperti, «quelli che mettiti la mascherina, togliti la mascherina», al Signor No per antonomasia, il presidente brasiliano Bolsonaro.

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Djokovic ha appena comunicato via social di essere positivo, lui e la moglie Jelena, i loro pupi fortunatamente no. Si scusa e spera anche che non troppi abbiano conseguenze per il contagio. Il quale contagio, dicono i meno giustificativi, «ben gli sta». Perché un po’, anzi molto, in fondo se l’è cercata.
Al momento dello tsunami, Nole ha subito dichiarato, a futura memoria, la sua contrarietà al vaccino, tanto che subito il Novak che è all’anagrafe è divenuto Novax. Anzi, ha spiegato, se diventasse obbligatorio vaccinarsi per viaggiare, allora non viaggerei più. Essendo chi è, e dunque un autentico “influencer” sui giovani del mondo, poteva ben risparmiarsela: mica è un Donald qualunque o un qualunque BoJo, di quei politici che parlano perché parlare è il loro mestiere, il loro core business. Uno come Djokovic convince, suo malgrado (o nostro malgrado?).
Poi, quando si è conosciuto il protocollo che varrà per i prossimo Us Open, ha preso a piagnucolare che le regole andavano troppo strette e che c’era dell’esagerazione, il che, essendo il rappresentante dei tennisti, non era un buon viatico per le norme di sicurezza.

Ma ha fatto di più e di peggio: con le miglior intenzioni sociali (Nole, va riconosciuto, è sempre in prima fila quando si tratta di far del bene e di soccorrere i bisognosi) ha organizzato l’Adria Tour, fra Belgrado e Zara, Serbia e Croazia, coinvolgendo i suoi migliori vicini di casa, il bulgaro Dimitrov, il croato Coric e il serbo Troicki, il suo preparatore atletico, l’italiano Panichi, l’allenatore di Dimitrov, il cestista Jankovic, e qualche moglie (sua) o fidanzata di passaggio, tutti contagiati e positivi. I ragazzi non si sono scatenati solo sul campo, ma, dopo la fase di Belgrado, anche in discoteca. La loro movida ha fatto il pieno di visualizzazioni nel web, con Nole a torso nudo, abbracciato a questo e a quello, protagonista del “limbo”, la danza caraibica che fa passare ballando sotto un bastone. Distanziamento sociale? E che è? L’esempio? E che è? Assai spesso i campioni dello sport, invincibili in campo, si sentono tali ovunque. A chi la tocca, la tocca, tanto non tocca a me.

E invece a Novax, come agli altri citati, è toccata, ci si augura in maniera leggerissima e che sarà presto superata, dopo la quarantena cui egli stesso ha detto di sottoporsi. Magari avrà tempo di pensare all’accaduto: stupidità, l’ha bollato Kyrgios, il tennista che quanto a “stupidate” in campo è secondo quasi a nessuno. «Se l’Associazione non prende provvedimenti, vuol dire che è succube delle stelle», ha detto Sandgren, che aveva previsto l’inguacchio serbo. «A quanto pare c’è una pandemia» ha ironizzato Roddick. «Spero sia una cosa leggera, ma noi dobbiamo dare l’esempio e prendere sul serio problemi come questo», ha stigmatizzato Andy Murray.

Ecco: le due cose che ha tirato in ballo (data la situazione meglio sarebbe dire in campo) Murray sono esattamente quelle alle quali Djokovic non ha proprio fatto caso.

O, peggio ancora, ci ha fatto caso ma ha deciso di fregarsene. Il che, per il campione e l’uomo che è, è molto più di una semplice “sciocchezza”.

Ultimo aggiornamento: 09:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA