Covid e vaccino, un passaporto per la ripartenza

Sabato 23 Gennaio 2021 di Paolo Graldi

L’idea elementare di dotare i cittadini che sono già stati vaccinati, richiamo compreso, di una tessera di facile esibizione, multiuso, sta muovendo i primi passi. 

In Europa trova già molti consensi con qualche eccezione nei Paesi del nord. L’avevamo lanciata nelle scorse settimane su queste colonne ed è stata avvolta, lassù dove si pensa e si decide, in un silenzio intriso di disinteresse da quieto vivere, quasi che con quel cartoncino s’intendesse introdurre nel tumultuoso panorama della campagna politico sanitaria in corso un ulteriore elemento di disturbo, un inciampo burocratico, una pratica pressoché inutile. 
Basta il certificato della Asl, che farsene della tesserina, si obiettava.

Poi però la forza della proposta si è fatta largo tra le categorie che sono in difficoltà proprio per lo stretto rapporto con il pubblico, obbligate a tener chiusi i locali e sbarrate le attività. Invece quel piccolo documento potrebbe trasformarsi in un comodo lasciapassare per bar, ristoranti, cinema, teatri, palestre, piscine, saloni di bellezza e così via elencando. Potrebbe servire anche per viaggiare: per i treni, gli aerei, le navi, da esibire al momento della prenotazione o della consegna del biglietto di viaggio. Naturalmente questa materia andrebbe regolata con un nuovo Dpcm di poche righe.

Un passaporto di salute, del resto già ampiamente utilizzato se si vuole viaggiare in certe zone del mondo, dove alcuni vaccini sono obbligatori, altrimenti non si entra. Verrebbe rilasciato a chi ha già compiuto il proprio dovere. 

C’è chi la mette già più tecnologica suggerendo di utilizzare la tessera sanitaria, della quale sono tutti dotati, e che dispone di un chip capace di contenere grandi quantità di dati, ma è vero che la lettura di quelle informazioni necessiterebbe di apparecchiature, simili a quelle di cui dispongono le farmacie o anche le macchine che distribuiscono le sigarette per le quali è necessario il documento. 

Nei giorni scorsi il ministro della Salute Speranza sul tema della tessera vaccinale se l’era cavata con uno sbrigativo: “Sì, è un’ipotesi”, come se si dispiacesse per non aver lanciato l’idea per primo. Non è il caso di rivendicare primogeniture. Tanto più che all’estero già circolano i primi cartoncini. 

Adesso però, da noi, si muovono le categorie interessate. In più, poiché circolano i soliti “no vax”, si potrebbe scoprire che la tessera funziona come incentivo proprio perché dà diritto a uno status con evidenti vantaggi. 

Sui “no vax”, verso i quali si invoca una campagna di persuasione il ministero della Salute dovrà prima o poi stringere la tolleranza e portarla a zero, senza margini di alcun tipo, almeno verso il personale sanitario. In un servizio tv girato in due Rsa, una a Bagni di Romagna e l’altra a Pesaro, s’è scoperto che un terzo degli infermieri, accampando diverse ragioni, ha rifiutato di sottoporsi al vaccino. Cosi, il sindaco di Pesaro Ricci non ha nascosto che si procederà inizialmente con la mano tesa ma poi chi non si adatta non potrà stare in reparti a contatto con gli anziani ospiti. 

Se è vero che la campagna vaccinale è come l’assalto di un intero Paese al virus allora, chi si tira indietro danneggia se stesso e gli altri. E questo non si può accettare.

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