Quella “alleanza delle democrazie” che può sostenere gli sforzi dell’Onu

Venerdì 30 Dicembre 2022 di Ferdinando Adornato

Il mondo non riesce più a garantire né la pace né i diritti umani. A scorrere le fotografie più emblematiche del 2022 che volge al termine, ci si rende conto di quanto l’umanità sia ormai impotente di fronte alle tragedie da essa stessa causate. Una guerra è scoppiata di nuovo nel cuore dell’Europa con il suo carico di inauditi crimini. Le donne dell’Iran stuprate e uccise in nome di un velo liberticida. Venti di guerra che tornano a soffiare tra Serbia e Kosovo e tra le due Coree. E volteggiano anche su Taiwan. Accanto a queste drammatiche novità giacciono poi, nel macabro archivio della storia, altre immagini, forse dimenticate, ma purtroppo ancora attuali. In Siria si combatte da 12 anni e si stimano tra i 20 e i 30 mila bambini uccisi. Un genocidio ancora in corso. Anche nello Yemen si contano 11 mila minori assassinati. E, più in generale, oggi sulla Terra, circolano circa 37 milioni di bambini sfollati. 
Ma la tragica contabilità dell’orrore non si ferma neanche qui. Ogni anno vengono martirizzati circa centomila cristiani. Uno ogni cinque minuti. Dalla Nigeria al Maghreb, dal Medio Oriente al Pakistan è un susseguirsi di roghi, stupri, mutilazioni. Dove poi non arriva l’uomo ci pensa il clima (sempre per la nostra inerzia) come in Somalia, dove la siccità mette a rischio la vita di otto milioni di persone. L’elenco sarebbe anche più lungo se includessimo, dal Tibet all’Africa, dalla Cina all’America Latina, le sofferenze inflitte ai popoli dalle troppe dittature ancora al potere.
Di fronte a questa terribile moltiplicazione di Guernica dipinte in ogni angolo della Terra, c’è una domanda che in molti ormai si pongono: che ci sta a fare l’Onu? Essa fu fondata nel 1945, come recita la Carta di San Francisco, “per salvare le future generazioni dal flagello della guerra” che per due volte, nel Novecento, aveva sconvolto l’umanità. Non si trattava soltanto di belle parole: l’articolo 6 era infatti perentorio: “Un membro delle Nazioni Unite che abbia persistentemente violato i princìpi enunciati nel presente Statuto può essere espulso”. L’articolo 41 prevedeva, inoltre, che l’organizzazione potesse “intraprendere, con forze aeree, navali o terrestri, ogni azione necessaria per mantenere o ristabilire la pace”. 
Vale la pena, soprattutto per i più giovani, di rileggere quella Carta, per capire come i nostri Padri avessero trovato le parole giuste. Rese ancora più solenni, nel dicembre del 1948, dalla dichiarazione universale dei diritti umani. Peccato però che quelle parole nascondessero un trucco, passato alla storia come “diritto di veto”. Ogni decisione, infatti, doveva e deve essere presa con il parere favorevole di tutti i membri permanenti del Consiglio di sicurezza, dove siedono, com’è noto, anche Russia e Cina. 
Per capirci: la Carta avrebbe imposto, nel febbraio del 2022, di espellere la Russia che, dopo Georgia e Crimea, aveva invaso l’Ucraina. Già, ma a condizione che… Mosca fosse favorevole! Un drammatico paradosso che ha finito per impedire qualsiasi seria sanzione alle violazioni della libertà e qualsiasi tentativo di risolvere pacificamente le controversie. Perciò il mondo è oggi (ma in realtà da sempre) impotente davanti alle tante tragedie che lo attraversano. Ci siamo dati le regole giuste: ma esse restano solo sulla Carta, di fatto inapplicabili. 
Ebbene, si può continuare così? Intendiamoci: l’Onu ha certamente svolto, un positivo ruolo di intermediazione, in qualche caso con l’intervento dei suoi mitici caschi blu. Ma, in definitiva, il mondo è andato avanti senza un organismo regolatore della pacifica coesistenza.
Un’assenza grave che il 2022 ha reso non ulteriormente sostenibile. Il che vuol dire cominciare a porsi due obiettivi storici: il primo, per quanto assai difficile, è quello di una riforma dell’Onu, che punti anche alla ridefinizione delle procedure decisionali. Esse, in fondo, sono figlie di un’epoca storica ormai tramontata. Ci vorrà molto tempo? 
Certo, ma non è un buon motivo per non affrontare il problema. Nel frattempo appare ragionevole favorire la proposta di Kiev che l’eventuale negoziato sulla fine del conflitto si svolga al Palazzo di vetro. Sarebbe un modo per tornare ad esaltarne il ruolo.
Il secondo obiettivo riguarda quella che, nel passato George W. Bush, e oggi Joe Biden, hanno chiamato “l’alleanza delle democrazie”. E’ giunto il tempo che le democrazie liberali si uniscano in un’organizzazione politica multilaterale, agendo in modo coordinato in sede Onu. Ciò che interpella, per prima, l’Unione Europea. Negli scorsi decenni abbiamo commesso un grave errore pensando che i commerci della globalizzazione avrebbero avvicinato a noi le autocrazie. 
Non è stato così. Stanno nascendo, invece, nuove sfide che mutano la geopolitica del pianeta. Ci spetta, perciò, un compito simile a quello del secondo dopoguerra. Se non ce ne accorgiamo per tempo, e se non ci disponiamo a governare il futuro con nuovi strumenti di regolazione, la libertà e i diritti umani saranno sempre più a rischio.
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