Lady a confronto/ Il nuovo corso dem e quelle distanze che diventano nette

Venerdì 3 Marzo 2023 di Ferdinando Adornato
È proprio vero, come da tempo si sostiene, che le opposte categorie destra/sinistra, o conservatori/progressisti, non hanno più senso nella politica contemporanea? 
A giudicare dall’inedita sfida Meloni-Schlein sembrerebbe proprio di no. I loro “mondi contrapposti” si configurano, al contrario, come la plastica rappresentazione di modelli di società alternativi. Facciamo qualche esempio tratto dalle loro stesse dichiarazioni. Giorgia Meloni, come tutti i conservatori, vive con determinazione il senso di appartenenza all’Occidente, come quello alla comunità rappresentata dalla propria terra e dalla propria patria. Di qui il suo proclamato amore per il concetto di nazione. 
Elly Schlein invece, conforme al pedigree progressista, soffre un certo senso di colpa nel riconoscersi nei valori dell’Occidente e privilegia il concetto di cittadinanza, ritenuto nettamente preferibile a quello di terra e di nazione. Ne consegue che la conservatrice Meloni sia molto legata alla religiosità nazionale e al sentimento tradizionale della famiglia. Coerentemente la premier esalta il valore culturale della maternità (come della paternità) ricusando con fermezza qualsiasi ideologia di fluidità gender. Al contrario, la Schlein esibisce un rifiuto categorico del valore della famiglia e della maternità, ed è, com’è noto, una strenua paladina dell’autodeterminazione dell’identità di genere. 
Passando ai temi sociali, l’aspetto più rilevante è che, per Meloni, il concetto di pubblico non coincide necessariamente con quello di statale. Può lavorare per il “bene comune” anche un’impresa privata chiamata, comunque, a rispettare standard di carattere pubblico. Per Schlein, viceversa, dalla scuola alla sanità, il concetto di pubblico è, sempre e comunque, sinonimo di statale. Di più: per Meloni è decisivo garantire la parità dei punti di partenza, non di quelli di arrivo, affidati piuttosto al merito individuale. Anche per Schlein è importante la parità dei punti di partenza: ma la leader Pd immagina una qual certa “protezione” anche per quelli di arrivo, rigettando fortemente, com’è noto, il concetto di merito. Va detto poi che entrambe condividono l’imperativo morale di aiutare i più deboli: le differenze si manifestano piuttosto sui modi. Per Meloni bisogna agire soprattutto sull’aumento della produzione di ricchezza. Per Schlein il concetto chiave è, invece, quello di redistribuzione, ciò che implica una mai sopita inclinazione verso lo statalismo e l’assistenzialismo. E’ certamente emblematica, da questo punto di vista, la querelle sul reddito di cittadinanza. 
Più in generale, si può dire che Meloni immagini la vita dell’uomo come l’esito di una costruzione personale, magari sofferta e volitiva. Schlein, al contrario, la considera essenzialmente come l’esito di una costruzione sociale. Tale differenza produce anche opposti riflessi “esistenziali”: Meloni mostra di non amare le sofisticazioni intellettuali, di preferire il pragmatismo e manifesta una certa predisposizione all’ottimismo. Al contrario, Schlein mette in campo un marcato ideologismo intellettuale, esibendo il classico “complesso di superiorità” della sinistra che l’ha portata e la porta a considerarsi sempre “migliore” dei propri avversari (più facilmente nemici). 
Il catalogo potrebbe, ovviamente, essere più lungo. Ma già l’elenco di queste più evidenti antinomie basta a dimostrare come lo “scontro di valori” tra conservatori e progressisti riveli ancora una significativa attualità. Il presidente del Consiglio ha avuto il merito di esporre i propri “pensieri lunghi” fin dal suo primo discorso alla Camera. La nuova segretaria del Pd quello di aver superato di slancio la filosofia del “ma anche”, che paralizzava il Pd nell’infinito compromesso tra riformisti e massimalisti, rendendolo né carne né pesce, orfano di una chiara identità. Certo, è possibile che ora si aprano nuove praterie di consenso per il centro di Renzi e Calenda. Ma almeno oggi tutto è più chiaro: la sinistra è di nuovo sinistra, senza camuffamenti. Tra Meloni e Schlein tornano insomma in gioco campi alternativi tra i quali la scelta è molto più trasparente e quindi può diventare più appassionante anche riavvicinarsi alla politica. A rimanere totalmente spiazzato è invece quel “relativismo culturale” che classificava come priva di fondamento, nel mondo post-moderno, qualsiasi verità di valore. Non è così. Il fatto poi che a rappresentare tale rinnovato antagonismo siano due donne non fa che rendere la scena nazionale ancora più interessante.
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