Ita/ Il rigore che serve per il rilancio della compagnia

Giovedì 1 Settembre 2022 di Osvaldo De Paolini

Ci sono più ragioni che spiegano la grande attenzione dedicata alle vicende  di Ita Airways.

Alcune persino scontate, come il mantenimento di migliaia di posti di lavoro che senza una compagnia di bandiera partecipata dallo Stato e governata da regole italiane sarebbero in numero di gran lunga inferiore, qualora il trasporto aereo nazionale fosse affidato a vettori stranieri. Ma ci sono almeno due ragioni che meritano di essere citate, anche perché spiegano in parte la determinazione dei governi a tenere in piedi un vettore con livrea tricolore nonostante le perdite devastanti che la vecchia Alitalia ha procurato alla casse dello Stato (e non solo) per l’incapacità dei manager che di volta in volta si sono avvicendati alla sua guida.

La prima è che un paese lungo 1.200 chilometri non può fare a meno di disporre di un vettore proprio, pena difficoltà enormi nelle comunicazioni da Nord a Sud che nemmeno l’alta velocità su rotaia, per quanto efficiente, è in grado di superare. Ciò vale per gli spostamenti delle persone che si muovono per motivi turistici, ma vale soprattutto per quanti hanno necessità di viaggiare rapidi per lavoro o affari: per avere un’idea del fenomeno, basti ricordare gli oltre 80 milioni di soggetti che hanno transitato negli aeroporti italiani nel 2021, un anno peraltro segnato dagli effetti paralizzanti della pandemia. A ciò si aggiungano i trasferimenti di persone e merci con destinazione estera, in Paesi con i quali l’Italia intrattiene importanti scambi economici, che contribuiscono alla formazione del Prodotto interno lordo sotto la voce export-import: una voce diventata negli anni, proprio grazie alla crescente facilità degli spostamenti, tutt’altro che irrilevante.


Si obietterà che non necessariamente si deve disporre di una propria compagnia aerea, perché il servizio può essere svolto anche da vettori esteri radicati nei nostri aeroporti senza che lo Stato si assuma i rischi d’impresa che l’iniziativa comporta (Alitalia docet). Ciò è vero fino a un certo punto. Anzitutto, come abbiamo spiegato, si porrebbe un problema occupazionale non indifferente, in considerazione del fatto che, per definizione, le succursali sono le prime a subire le conseguenze di scelte aziendali mirate alla maggiore efficienza o a fronteggiare le crisi cicliche: quando il cuore dell’impero soffre, sono le periferie che pagano il prezzo più salato. In secondo luogo per un Paese come l’Italia, ricco di storia, di arte, di bellezze naturali, di bien vivre, una compagnia di bandiera ben gestita può fare molto per lo sviluppo delle innumerevoli attività che possono nascere attorno a queste filiere, con grande beneficio per la nostra bilancia: tutto ciò si chiama turismo, come tutti sanno la voce più importante del nostro prodotto interno lordo. Ebbene, difficilmente una compagnia straniera anteporrebbe gli interessi di un Paese diverso dal proprio per favorirne la crescita; semmai userebbe gli aeroporti del Paese ospite come punto di transito per rendere più agevole l’arrivo nel proprio Paese, opportunamente esaltato in ciò che di meglio può offrire.


Infine, se per alcuni decenni Alitalia è stata apprezzata in tutto il mondo per il servizio inappuntabile e la grande scuola dei suoi piloti - prima del devastante declino - perché escludere a priori che ciò possa accadere di nuovo con Ita Airways, se ben gestita (come pare stia avvenendo) e finalmente dotata dei mezzi finanziari necessari? Naturalmente, visti i precedenti, lo scetticismo è legittimo, perché è chiaro che si tratta di una nuova scommessa: per questo il percorso verso le nozze con la cordata scelta dal Tesoro (senza la quale il progetto non sarebbe credibile) deve avvenire seguendo i criteri più rigorosi e in grande trasparenza, assicurando allo Stato italiano la massima partecipazione alle scelte di fondo e il minimo impegno finanziario. Solo così Ita Airways potrà diventare il nuovo biglietto da visita di un paese che quando ci si mette - purtroppo capita raramente - è in grado di dimostrare di quale pasta è fatto.

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