Colpevoli ritardi/Risollevare il Meridione favorisce il Paese intero

Venerdì 24 Luglio 2020 di Gianfranco Viesti
In queste settimane andranno definiti con precisione i programmi di utilizzo delle risorse che il Consiglio europeo dello scorso fine settimana ha messo a disposizione dell’Italia, nell’ambito dell’iniziativa Next Generation e nel quadro del bilancio pluriennale dell’Unione, ed in particolare della politica di coesione. Saranno decisioni di importanza straordinaria, perché influenzeranno non solo la capacità di accelerare la ripresa economica dell’Italia dopo il tonfo del primo semestre (situazione sanitaria permettendo), ma anche quella di avviare a soluzione alcuni nodi storici del nostro Paese. 

Ve ne sono diversi, purtroppo; ma uno si impone per la sua importanza: la circostanza che un terzo dell’Italia ha condizioni di reddito, occupazione, qualità dei servizi molto peggiori della media nazionale, a sua volta normalmente peggiore di quella europea. Non si può sfuggire: bisognerà tornare ad affrontare la questione meridionale. 
Si dovrebbe farlo con la stessa identica logica economica e politica che ha ispirato il buon successo della posizione negoziale italiana a Bruxelles. Che cosa abbiamo detto, a ragione, ai nostri partner? Che in una Unione profondamente integrata come quella europea, il sostegno a Paesi in particolare difficoltà come l’Italia, sia per condizioni strutturali sia per gli eventi del 2020, fa bene a tutti.

Lo sviluppo di ogni Stato europeo è strettamente legato a quello degli altri. È la lungimirante logica che ha ispirato la cancelliera Merkel: un’Italia in buona salute fa molto bene alla Germania. La stessa logica deve valere per i rapporti interni al nostro Paese: un Mezzogiorno in migliore salute, con una ripresa più vivace e più lavoro, fa molto bene anche al Centro-Nord, ne stimola direttamente produzione e reddito. La prima grande questione è quindi di natura strettamente politica: il Sud ha vissuto almeno negli ultimi venti anni una forte “disuguaglianza di riconoscimento” delle sue esigenze, è stato messo al margine. Sarà fondamentale collocare il suo sviluppo fra le assolute priorità delle iniziative di politica economica. Ci sono naturalmente altre fondamentali questioni: quanto e che cosa fare; come farlo. L’allocazione delle risorse del bilancio comunitario è definita dalle regole europee; quella del Next Generation dovrà necessariamente rispettare la regola che Parlamento e governo si sono opportunamente dati, di destinare al Sud il 34% delle risorse disponibili.

Ma soldi per fare che cosa? Nelle modeste politiche per il Mezzogiorno degli ultimi anni si è cercato di fare un po’ di tutto, anche perché le risorse straordinarie erano in grande misura sostitutive di stanziamenti ordinari che su tanti fronti venivano meno. Logica comprensibile, alla luce dei problemi. Ma poco efficace: risorse disperse su tanti programmi, tanti obiettivi; attuazione molto complessa, grandissimo carico amministrativo, risultati modesti. Si tratta di stabilire priorità, pochi interventi chiave; con un occhio tanto al breve periodo (per stimolare subito la ripresa) quanto all’intero decennio, per cominciare a portare a soluzione problemi di fondo.


Non si sfugge: servono tanto interventi per ripartire più velocemente (se no la situazione sociale ed economica si può pericolosamente aggravare) quanto per modificare condizioni strutturali (se no serviranno sempre interventi tampone). Più sul primo fronte, pare interessante l’idea, sostenuto anche dal Ministro per il Sud, di misure molto forti, e durature il più possibile nel tempo, per favorire l’occupazione, e per rilanciare gli investimenti delle imprese; ad esse va affiancato anche uno sforzo di miglioramento dei servizi collettivi, a partire dal fondamentale ruolo degli asili nido (per l’occupazione delle donne) e dai servizi socio-sanitari, con un potenziamento straordinario anche del Terzo settore. Più sul secondo fronte, due sono le principali debolezze del Mezzogiorno nell’economia contemporanea: un bassissimo livello di istruzione, e il forte isolamento di molti dei suoi territori. Paiono opportuni quindi un investimento su tutti i livelli dell’istruzione, anche puntando subito a recuperare i gap che si sono creati con la didattica a distanza di questi mesi, e invertendo le politiche di forte penalizzazione del sistema universitario del Sud dell’ultimo decennio. Per l’isolamento, con particolare attenzione alle aree interne, servono progressivamente investimenti sulle reti, ma anche l’attivazione immediata di nuovi servizi su quelle che già ci sono: dal trasporto urbano a quello regionale e a lunga distanza, alle connessioni e ai servizi pubblici e privati sulla banda larga. Infine il come.

Due sono le esigenze che emergono dall’esperienza dell’ultimo decennio. La prima è che lo sviluppo si favorisce integrando, come si stava giusto dicendo, investimenti infrastrutturali e fornitura di servizi: i binari servono se ci corrono i treni. Questo ha una implicazione importante: le politiche per il Sud non possono essere solo questione a sé, di liste di progetti, ma devono interagire con quelle ordinarie: scuola, sanità, assistenza, politiche industriali. Implicano revisione attenta di quantità e qualità delle risorse e degli obiettivi dei finanziamenti delle politiche correnti. La seconda è che è bene che le politiche siano differenziate territorialmente; ma è male lasciare, soprattutto alle Regioni, assoluta discrezionalità.

I loro risultati sono stati assai modesti.
I poteri locali vanno attentamente bilanciati con indirizzi nazionali, e strettamente controllati nelle loro realizzazioni. Sono indispensabili centri di competenza tecnica, grandi scelte e chiari obiettivi fissati a livello nazionale. Si dirà: tante condizioni! Ma è proprio questo il punto. La congiuntura storica ci obbliga a confrontarci con le debolezze, la complicazione, i ritardi dell’azione pubblica, dappertutto e in particolare al Sud: il rischio è non usare a tempo e bene le risorse per cui abbiamo lottato. Non ci sono scorciatoie: bisognerà affrontare in alcune settimane questioni che sono lì da anni: se riusciremo progressivamente a farlo, porremo anche le condizioni per una forte, solida, ripresa dell’intero paese. Ma per prima cosa, come si diceva all’inizio, serve un indirizzo politico chiaro di riequilibrio territoriale; e l’impegno a costruirlo concretamente, scelta per scelta.

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