Oltre la crisi / Il mercato del credito e le nuove opportunità

Sabato 31 Dicembre 2022 di Giuseppe Vegas

L’abbandono delle politiche di acquisto di titoli di Stato da parte della Banca centrale europea non ha ancora inciso direttamente sui mercati finanziari del Vecchio Continente, ma non mancherà di produrre conseguenze a breve. Sia per la gestione delle finanze pubbliche, sia per la disponibilità di denaro per gli investitori.
I ministeri del Tesoro di tutti i Paesi non potranno più far conto sulla disponibilità di denaro certo e a buon mercato, come è accaduto fino a ieri. Dovranno conquistarsi ogni singolo euro dei prestiti di cui hanno necessità per finanziare i disavanzi pubblici. Inutile dire che si tratta di un compito alquanto gravoso, soprattutto per chi deve coprire debiti che hanno subito incrementi stellari a seguito di pandemia e guerra e per chi, in un’epoca di tassi di interesse sostanzialmente nulli, non aveva fatto troppa fatica a far fronte alle spese per il servizio del debito. Oggi invece lo scenario è completamente cambiato. Per ottenere prestiti bisogna pagare interessi crescenti e tornare all’antico sistema di cercare gli investitori, all’interno e all’estero, invogliarli con remunerazioni allettanti e soprattutto con la dimostrazione della solidità finanziaria del debitore, a cominciare da quella della capacità di ripagare il debito e di far fronte agli interessi. L’ovvia conseguenza è, oltre al costo crescente dell’indebitamento in un’epoca di inflazione, quella di replicare una fase storica nella quale torna ad assumere valore fondamentale il rating di ciascun Paese.
In sostanza, l’epoca delle ricorrenti autorizzazioni del parlamento allo scostamento, in crescita, del debito pubblico rispetto agli obiettivi programmati è finita. Il rigore nei conti è destinato quindi ad assumere sempre più importanza nelle scelte pubbliche. Obiettivo condivisibile, ma di non facile realizzazione, in un periodo in cui si assiste ad una crescente domanda di interventi pubblici finalizzati sia al sostegno dei redditi sia al rafforzamento della capacità produttiva e alla modernizzazione.
Con una conseguenza. Se lo Stato dovrà offrire un debito pubblico di qualità e a tassi interessanti per i risparmiatori, è probabile che si ingeneri un effetto spiazzamento a danno del debito privato. Ciò significa non solo che il costo del debito è destinato ad aumentare per imprese e cittadini, ma anche che la selezione tra i soggetti richiedenti, la cosiddetta fly to quality, sarà più accurata e ne potranno essere accontentati di meno. Il che è ragionevole sotto un profilo strettamente economico, dato che chiederanno, e potranno essere finanziate, solo le iniziative potenzialmente solide e redditizie. Ma ciò provoca contemporaneamente l’effetto di restringere il mercato del credito e di escludere tutti coloro che vi vorrebbero fare ricorso quando si trovano in situazioni di difficoltà. Ovviamente, non è dato sapere se l’effetto potrà o meno avvicinarsi a quello della riduzione di circa il venti per cento della capacità produttiva italiana, che si è riscontrato dopo la crisi del primo decennio del secolo, ma non è escluso che possa portare ad effetti non trascurabili nel mondo del lavoro.
Inoltre, se guardiamo alla questione del debito, si deve anche tener presente che, come è ormai sempre avvenuto in tempi di instabilità, per evitare di porre a rischio la solidità del sistema bancario, e con esso dell’intero sistema finanziario, la Bce ha in corso l’adozione di criteri più rigorosi per la concessione di prestiti da parte delle banche, che sono obbligate a rafforzare i coefficienti delle loro riserve patrimoniali e devono essere in grado di resistere anche affrontando i periodi di turbolenza.
La conseguenza di questa sorta di tenaglia che stringe il credito concedibile al settore privato potrebbe però anche non essere negativa. Potrebbe portare ad un salutare mutamento di prospettiva, riorientando le preferenze degli investitori. Fino ad oggi da noi la via principale per finanziare un’attività imprenditoriale è stata quella del ricorso al credito bancario, un domani le imprese potrebbero essere costrette a rivolgersi al mercato finanziario, cioè a trasformare il debito di oggi in equity. Il che avrebbe sicuramente conseguenze di rilevante portata. Soprattutto sotto il profilo del cambiamento dell’approccio culturale di molti imprenditori, che non dovranno più solo avere buoni rapporti con i gestori delle banche, ma dovranno tener presenti gli obiettivi di fondi o dei singoli risparmiatori che destineranno le loro risorse alla partecipazione attiva, condividendone il rischio, ad una attività imprenditoriale. Il che significa che i risultati di queste imprese saranno di regola maggiormente controllati e che le imprese stesse saranno obbligate molto più di prima a migliorare ed incrementare la loro attività e a perseguire utili. In sostanza, per tale via potrà aumentare il loro contributo al benessere complessivo. Dalle difficoltà potrebbero anche nascere nuove opportunità. 
© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA